C’è interesse, ma il futuro del polo commerciale di Chiasso è da scrivere. Del suo passato invece ci parla l’architetto Elio Ostinelli
Per chi passa da Chiasso, in direzione del valico di Brogeda, nonostante siano passati diversi anni dalla sua chiusura, una domanda può sorgere spontanea: cosa è successo al Centro Ovale? Quell’edificio dalla forma così singolare e unica, inaugurato il 29 settembre 2011 come ‘Centro Polaris’, è stato, successivamente al fallimento, oggetto di numerose proposte commerciali, nessuna delle quali però si è mai concretizzata. Per Chiasso, ci ha confidato il sindaco Bruno Arrigoni, «non è una bella immagine quell’edificio vuoto all’entrata della città». Dello stesso parere è anche l’architetto Elio Ostinelli, che si rammarica nel vedere la sua creazione in quello stato: «A me fa male vederlo lì così... per la città è un segno che sarebbe importante poterlo ripristinare in maniera definitiva». Entrambi, infatti, ci segnalano che ci sarebbero alcuni gruppi interessati.
Dopo il progetto dell’Aurum Gate, polo del lusso e dell’oro, il naufragio dell’insediamento della centrale del gruppo viaggi low cost Bravofly, l’intenzione – rimasta tale – di trasferirvi il Museo delle figurine, e il più recente disegno di trasformare la struttura nel quartiere generale di Lastminute.com, il Centro Ovale è rimasto privo di contenuti. Fatta eccezione dell’ultimo inquilino superstite, il salone di bellezza della Carestore che occupava 320 metri quadri al piano terra. Nel 2017, quando la proprietà aveva deciso di riconvertire la struttura in stabile amministrativo, Carestore si era opposto aprendo una lunga vertenza legale terminata con la sua partenza definitiva nel 2019. «Non è un momento facile – ha commentato Ostinelli –, il commercio è in difficoltà un po’ dappertutto. Per rilanciare il Centro occorre un’idea precisa del contenuto che si vuole creare e per ora non è ancora stata trovata la soluzione ottimale».
Il presidente della Centro Ovale 1 Sa, nonché punto di contatto con i proprietari, Massimiliano Tasinato, non ha voluto rilasciare dichiarazioni in merito al futuro dello stabile. «Ci sono diversi interessati, ma non abbiamo notizie concrete», ci ha invece comunicato il sindaco di Chiasso che segue a distanza l’evolversi della situazione. L’architetto, contattato dagli stessi interessati, ci ha raccontato che «ci sono alcuni gruppi che sono entrati in contatto con la proprietaria dell’immobile la quale vuole trovare una soluzione definitiva. Le proposte portate da questi gruppi sono differenziate tra loro, vedremo chi riuscirà a tirar fuori il coniglio dal cappello». Nonostante queste informazioni il futuro dell’edificio rimane ancora un punto interrogativo.
«In origine sono stato contattato da una società italiana che voleva costruire, su quel terreno un centro fitness&wellness. Insieme abbiamo preparato un progetto e lo abbiamo presentato in Municipio. L’ufficio tecnico ci ha segnalato la possibilità di svolgere anche attività commerciali. Dopo questo suggerimento, i promotori iniziali hanno quindi pensato a un centro dedicato ai bambini, con attività ricreative e ludiche ma anche con piccoli commerci. Alla fine ci sono state alcune opposizioni e perciò la società ha rinunciato. Dopodiché è subentrata l’attuale proprietà e si è passati alla creazione del Centro Polaris, che come si sa, non è andato come sperato», ha spiegato l’architetto.
C’è chi pensava fosse un’astronave, soprattutto quando la struttura era illuminata, chi invece la chiamava ‘uovo’. L’elemento futuristico emerge in effetti dalla sua architettura, e l’aspetto è anche molto simile a quello di un guscio. Ma qual è invece la forma che sta alla base di questa costruzione? «È un’idea che risale a tanto tempo fa, quando io ero ancora un ragazzo – ci ha narrato Ostinelli –. All’epoca non esistevano ancora le piscine, l’unico luogo in cui si poteva fare il bagno era alla Ciüsa del fiume Breggia, dove ora c’è il Centro commerciale omonimo. Lì, mi piaceva osservare i sassi, e così, quando mi è stato chiesto di occuparmi della costruzione di quell’edificio, ho voluto imitare quella forma di ciottoli che vedevo da bambino. Tutto attorno ho voluto metterci dell’acqua, proprio come se fosse un sasso nel fiume. Ora è tristemente asciutto».
«Si tratta di una struttura definita a ‘guscio’ ed è autoportante, non ha quindi strutture interne. Cento metri di lunghezza per 50 di larghezza e 23 di altezza poggiati su uno spessore di 12 centimetri, proprio come nel rapporto millesimale tra il guscio e l’uovo». Eppure, la forma del Centro Ovale non è l’unico aspetto curioso dell’edificio. «I 1’024 oblò, che fungono da finestre, sono in realtà delle pentole riutilizzate. La pentola in alto ha un piccolo incavo dove si appoggia il coperchio, quindi l’abbiamo voluto riutilizzare tagliando il fondo e al posto del coperchio ci abbiamo messo il vetro. Anche perché una struttura del genere altrimenti sarebbe crollata». Più che uova in pentola quindi, pentole nell’uovo. «Comunque – ha proseguito l’architetto –, si tratta di un oggetto che per la sua forma, la sua collocazione e il suo materiale si stacca dall’ambiente circostante, pur dialogando con gli edifici di Tita Carloni ‘murata della città’, l’edificio in mattoni di Peppo Brivio ‘testa del ponte sul Breggia’ e i ripari fonici di Mario Botta».