diplomazia

L’ultimo goccio della Guerra del whisky

Danesi e canadesi hanno trovato l’accordo per i confini dell’Isola Hans, dove si facevano dispetti a suon di bandiere e bottiglie da quasi mezzo secolo

L’isola Hans (Wikipedia)
22 giugno 2022
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Con quali Paesi confina il Canada? Gli Stati Uniti. E, da una settimana, anche con la Danimarca, che si trova dall’altra parte del mondo. Sembra una di quelle bizzarre domande da quiz nei pub, quelle in cui – se rispondi esattamente – magari riesci a stupire gli astanti e anche a berti un bicchiere di whisky gratis. Solo che in questo caso il whisky è rimasto incastrato per 50 anni tra la domanda e la risposta dando anche il nome alla migliore delle guerre, quella dove non è morto nessuno.

La "guerra del whisky" è una disputa territoriale tra danesi e canadesi che ha avuto i suoi momenti di tensione, ma anche – se non soprattutto – di comicità involontaria. Poco più di un grande scoglio emerso nel gelido stretto di Nares, tra le coste nordoccidentali della Groenlandia e l’isola canadese di Ellesmere, l’isola Hans era per gli inuit un posto come un altro per andare a cacciare orsi, uccelli e altri animali che vivono a latitudini estreme. La chiamavano Tartupaluk, che nella lingua locale vuol dire ‘rene’, per la sua somiglianza con il rene umano. Solo più tardi, in tempi di esploratori artici, divenne l’Isola Hans, dal nome di Hans Hendrik Suersaq, il primo inuit a pubblicare un resoconto dei suoi viaggi.


Un comandante alza la bandiera danese sull’isola (Wikipedia)

Per i groenlandesi, e per estensione i danesi (di cui la Groenlandia fa parte), quell’isola è sempre stata affar loro. Nel XIX secolo, però, i canadesi hanno iniziato a reclamarla per sé. Erano anni in cui litigare per un avamposto più vicino al Polo Nord che alla civiltà era solo un impiccio, e la questione rimase congelata, con vaghi pezzi di carta in cui di fatto si rimandava la questione più in là, senza fissare confini precisi.

Tutto tacque per altri 60 anni, con l’isola che continuava a essere una tappa tra le tante per cacciatori e pescatori della zona. Si passava da una parte all’altra senza pensare alla Danimarca, al Canada o al confine. Se devi cacciare un orso su un’isola nell’estremo nord del mondo non ti fermi per rispettare una frontiera che nemmeno si sa bene dov’è.

La Guerra del maiale

Eppure in Canada di isole contese e confini poco chiari ne sapevano qualcosa sin dai tempi di un’altra guerra con un nome strano, "La Guerra del maiale", con un solo morto: appunto, un maiale. Era il 1859 dalle parti dell’Isola di Vancouver, quindi all’estremità opposta del Paese, che all’epoca non era ancora indipendente (lo sarà nel 1867), ma una colonia britannica. La questione riguardava l’appartenenza delle isole San Juan, rimasta sfocata e quindi interpretabile in ogni modo. Risultato: la Compagnia della Baia di Hudson (la compagnia commerciale più antica del Canada) avviò un ranch sull’isola, mentre alcuni americani sbarcarono in cerca di una terra in cui vivere. La coesistenza sembrava possibile fino al giorno in cui un contadino, tal Lyman Cutlar, sparò a un maiale britannico fuggito dal controllo di Charles Griffin, un irlandese a cui era stato affidato il ranch. Il maiale, di razza Large Black (tipicamente britannica), aveva mangiato per l’ennesima volta le patate coltivate da Cutlar. Anche per questo, per alcuni è la Guerra del maiale e delle patate.

Cutlar, convinto di aver sbagliato a uccidere l’animale offrì 10 dollari come risarcimento, ma Griffin ne chiese 100 (circa 3’000 franchi di oggi). Davanti al rifiuto di pagare da parte di Cutlar, le autorità britanniche annunciarono il suo arresto. Gli americani reagirono, e da tuberi e maiali si passò a baionette e militari: i primi 66 arrivarono sull’isola con l’ordine di non far sbarcare i britannici. Preoccupati che una popolazione eccessiva di coloni americani cominciasse a occupare San Juan, Londra inviò tre navi da guerra. L’escalation aumentò fino all’arrivo di quasi tremila uomini e oltre 80 cannoni, ma a riportare tutto su un piano più ragionevole fu il contrammiraglio Robert L. Baynes, che si oppose alla richiesta di un attacco dicendo "due grandi nazioni in guerra per un litigio su un maiale è la cosa più sciocca che abbia mai sentito".


Una targa ricorda la guerra sfiorata tra britannici e americani in Canada (Wikipedia)

Il problema venne risolto quando arrivò sul tavolo del presidente statunitense dell’epoca, James Buchanan, che cercò una via diplomatica fino a ridurre la presenza militare a non più di 100 uomini, con i britannici confinati nell’angolo a nord. Si instaurarono perfino rapporti di amicizia. E ancora oggi la Union Jack viene issata dai ranger americani del parco, completando la bizzarria. Gli stessi ranger dicono ai visitatori che la maggiore minaccia alla pace sull’isola durante quegli anni fu "la grande quantità di alcol disponibile".

Inuit, alcolici e confini

Tornando all’Isola Hans, l’alcol lì non c’era, ma danesi e canadesi hanno pensato bene di portarcelo, peggiorando le cose. Prima, nel 1973, riuscirono a mettere nero su bianco un accordo senza confini precisi. Poi, nel 1983, l’articolo di un giornalista danese invitato da una compagnia petrolifera che stava facendo dei sopralluoghi intorno all’isola, riaprì il dibattito. I canadesi inviarono dei soldati sul posto, proprio come fecero quasi un secolo e mezzo prima a San Juan. In più pensarono di portarsi una bandiera e una bottiglia di whisky, la loro bevanda nazionale: il messaggio era chiaro. Pochi mesi dopo, in seguito a una serie di accuse e minacce incrociate, il ministro degli Esteri danese dell’epoca si recò sull’isola in elicottero, fece piantare una bandiera del suo Paese e seppellì nel terreno una bottiglia di liquore.


L’isola vista dall’alto in mezzo agli iceberg (Wikipedia)

Furono solo i primi di una dozzina di episodi portati avanti sia da militari che da civili. E così l’isola incontaminata dove gli inuit inseguivano gli orsi è diventata un deposito di bandiere e alcolici: whisky canadese di qua, liquori danesi di là, in quel misto di patriottismo ad alta gradazione che innalza la pericolosità di qualsiasi scontro fra nazioni, dallo stadio alla trincea, quella vera.

Qua, per fortuna, ci si è fermati prima. Uno scontro tra giganti disabitati: la Groenlandia, infatti, è l’isola più grande del mondo, Ellesmere la decima (subito dietro la Gran Bretagna, quasi il doppio dell’Islanda). Fanno 60mila abitanti la prima, 191 la seconda. Ma quel conta, per chi comanda, erano ormai i confini marittimi e i contratti eventuali per le trivellazioni.

Ad abbassare il livello di tensione, dopo quasi mezzo secolo, è stata la mossa a sorpresa di Danimarca e Canada, che hanno deciso di dividere a metà l’isola, con una frontiera di appena un chilometro che esisterà per loro, per tutti, ma non per gli inuit, che sembrano i veri vincitori di questa contesa assurda e anche un po’ John Lennon: ‘Per noi non è cambiato nulla allora, non cambia oggi, la nostra grande nazione va oltre i confini’.

Per suggellare la pace i due ministri degli Esteri si sono scambiati una bottiglia di amaro Gammel Dansk e una di whisky. Per chi volesse brindare, da quelle parti non mancherà il ghiaccio.


I due ministri degli Esteri e lo scambio di bottiglie dopo la firma (Keystone)