Il direttore del Lac lo ha voluto fortemente, da oggi fino al 29 maggio nella Lugano capitale della danza contemporanea
Era il 9 marzo quando il direttore del Lac Michel Gagnon annunciava il ‘suo’ Lugano Dance Project, sei giorni di danza contemporanea dolcemente ispirata al Monte Verità e riccamente distribuita in tutta Lugano. Lac compreso. Si parte stasera alle 20.30 con la giovane danza svizzera al Teatro Foce in ‘Tanzfaktor’, progetto biennale di RESO–Rete Danza Svizzera pensato per incoraggiare e sostenere le giovani compagnie. Al Teatro Foce si alterneranno Luca Signoretti, Alba Castillo, Lucas del Rio Estévez, Lisa Laurent e Mattéo Trutat. Domani alle 14 a Villa Ciani, il workshop ‘Auditores, Spectatores, Communitas: la ‘cura’ delle persone nel mondo della danza’; alle 17.30 al Palacongressi, ‘Le tour du monde des danses urbaines en dix villes’ della brasiliana Ana P; alle 19.30, nell’Agorà del Lac, ‘Suite Zero’, assolo di Simona Bertozzi. Dalle 21, la facciata del Lac accoglierà ‘Rebo(u)nd’, videoproiezione della canadese Caroline Laurin-Beaucage. A chiudere le prime due giornate, al Lac, un workshop di Cindy Van Acker dedicato ai professionisti; il suo ‘Shadowpieces’ è in programma al Cantiere della Società di Navigazione del Lago di Lugano il 27 e 28 maggio.
Le tre prime mondiali, e i molti altri eventi, sono tutti su www.luganodanceproject.ch. Come vi si è arrivati, lo spiega Gagnon stesso.
Michel Gagnon, nella Hall del Lac si respira già aria di Monte Verità…
Abbiamo voluto dare un tema annuale al festival, per valorizzare il territorio. Mi hanno parlato approfonditamente del Monte Verità è l’ho trovata una realtà molto interessante per chi come me viene dalla danza contemporanea. È il tema di quest’anno, il prossimo anno ve ne sarà un altro, al quale abbiamo già pensato, come si fa in tutte le programmazioni di festival di questo tipo, che iniziano due anni prima.
Lugano Dance Project è un ulteriore segno dell’attenzione del Lac verso la danza, ma anche e soprattutto un suo progetto…
Sì. Ho lavorato molto in ambiti di danza. Sono stato stage manager per Les Grands Ballets Canadiens, compagnia estremamente importante del Canada, dunque la danza fa parte del mio Dna. Come la musica, la danza ha questo grande potere di non avere frontiere; non c’è una lingua, è immediatamente comprensibile. Ed è importante presentare al Lac un programma che sia per tutti. È da anni che, insieme a Carmelo Rifici, stiamo lavorando allo sviluppo della danza nella programmazione del Lac, ci crediamo molto. Questo festival è un nuovo tassello in questo percorso di crescita che nel tempo ha saputo attirare l’attenzione anche da oltre Gottardo e dalla penisola. Ora, per questo festival che presenta tre nuove produzioni e diverse performance contemporanee, ci rivolgeremo anche a un network di professionisti.
David Wong
Virginie Brunelle, ‘Fables’, venerdì 27 maggio
Tre le proposte principali, nelle quali il Lac crede, anche dal punto di vista produttivo…
È così, e ‘Fables’ di Virginie Brunelle mi dà l’opportunità di spiegare le potenzialità di un festival come questo. Del suo spettacolo siamo co-produttori, aiutiamo fattivamente, c’è un supporto finanziario da parte nostra; ho coinvolto colleghi di Montréal, Ottawa e Toronto, anch’essi produttori. Inoltre, il fatto che Virginie arrivi a Lugano, nel centro dell’Europa, le ha dato diritto ad accedere a fondi speciali. Questo spiega come il nostro aiuto a una compagnia possa far si che la stessa compagnia riesca a trovare risorse anche nel proprio Paese. Quanto ad Annie Hanauer, ‘A space for all our tomorrows’ è una co-produzione con Teatro DanzAbile di Lugano dietro il quale c’è Emanuel Rosenberg, che fa un lavoro molto importante su persone con disabilità. Ma con Annie non si parla di disabilità, bensì di un corpo diverso dal nostro, che ha bisogno di un supporto diverso dal nostro. Il suo bel lavoro sfrutta la fisicità della danza, si applica al corpo e diventa poesia. E poi c’è Lea Moro, e il punto d’incontro di ‘Another Breath’ è proprio il Monte Verità. Lea si è inventata questo spettacolo interamente basato sul respiro, dopo un lavoro molto approfondito che ha incluso il confrontarsi con uno psicologo. Il suo non è uno spettacolo da vedersi in senso frontale, bensì immersivo: il pubblico sarà anche sul palcoscenico.
Cito anche Lorena Dozio, non solo perché ticinese ma anche perché la sua ‘Audiodanza’, ora fisica, incarna un piccolo successo del Lac durante la pandemia…
Su questo devo dare il merito a Carmelo Rifici. Era molto complesso capire cosa andasse fatto in quei giorni. Tanti teatri hanno messo online le proprie produzioni, ma il Lac è una struttura nuova che non ha un archivio infinito di spettacoli. Solo presentarne uno online è molto costoso, e non basta una videocamera. Carmelo si è posto la domanda: lì è nato il progetto LinguaMadre.
Caroline Minjolle Steps
Annie Hanauer, ‘A space for all our tomorrows’, sabato 28 maggio
La danza contemporanea è meno ‘commestibile’ di altre arti. Quanto può servire Lugano Dance Project a farle raggiungere il grande pubblico?
Molto, e la cosa s’inserisce in un lavoro che facciamo sin dall’inizio. Da quando sono arrivato qui, ho sempre parlato del Lac come di un progetto artistico, culturale e sociale. Tante volte siamo usciti dal Lac per andare a incontrare il pubblico, tante volte in piazza, e fuori da qui. Mi vengono in mente il progetto Slow Dancing (anno 2016, videoinstallazione open air dell’artista statunitense David Michalek, tre schermi giganti in hyper slow-motion, ndr), le estati in piazza, Lac en plein air. Uscire dal Lac per andare incontro al pubblico è qualcosa di fondamentale per noi. È bene dire anche che il primo pubblico di questo festival sono i professionisti e gli operatori culturali del mondo della danza. Oggi arriveranno in 50.
Un festival anche per addetti ai lavori, sulle orme di quelli cinematografici, dove l’industria si ritrova una volta l’anno…
… e qui troverà spunti per la propria programmazione. Il potenziale di Lugano Dance Project è proprio questo. La forza sta anche nell’importante rete di contatti a livello europeo di Carmelo Rifici, che si affianca al mio network che ho sviluppato in America durante la mia carriera. Possiamo portare e unire due network distinti. Sono contento del risultato ma sono anche convinto che questo sia un progetto che raggiungerà una sua maturità in cinque-sei anni. La sfida è anche e soprattutto quella di creare una reputazione a questo festival. Se vogliamo presentare artisti che non sono ancora troppo conosciuti, dobbiamo essere credibili. Il punto di arrivo deve essere quello che se sei interessato alla danza contemporanea e non sai chi è questo o quell’artista ma sai che è programmato al Lac, ci vai a scatola chiusa. È quel che accade a me a Montpellier per il festival di danza, dove vado senza nemmeno guardare la programmazione, perché so già che scoprirò grandi cose.
Andres Bucci
Lea Moro, ‘Another Breath’
Per finire. Un bilancio post-pandemico?
Abbiamo un tasso d’occupazione dei posti più alto che prima della pandemia. La cosa non si verifica per caso, dietro c’è un lavoro preciso. Io sono molto americano in questo senso: abbiamo lavorato intensamente sul marketing, abbiamo acquistato il sistema di biglietteria, abbiamo fatto tutto quel che è necessario per seguire bene il nostro pubblico, senza per questo risultare invasivi. È stato un lavoro mirato a ritrovare il nostro pubblico dopo la pandemia, e lo abbiamo ritrovato per intero.