Quattordici giovani operatori sociali ‘arruolati’ dalla Città per garantire una presenza i venerdì e i sabato sera per tutta la bella stagione
Una lite fra ventenni sfociata in un’aggressione nella notte fra il 18 e il 19 agosto 2021. E soprattutto il grave episodio capitato la sera del 20 marzo 2021: centinaia di ragazzi – molti minorenni – si ritrovano per un party di fatto illegale, essendo state ancora in vigore le norme contro gli assembramenti. La serata degenera dapprima in due risse, una delle quali coinvolge molte persone e si rivela particolarmente violenta, finché infine il branco non attacca a suon di bottiglie la polizia intervenuta per ristabilire l’ordine. Bisogna partire da qui, per comprendere il ‘Progetto Foce’, la nuova iniziativa varata dalla Città di Lugano per cercare di prevenire la violenza giovanile e altre forme di disagio legate alla movida, e che per tutta la bella stagione vedrà degli operatori formati nei luoghi ‘caldi’ delle serate luganesi.
La novità è stata rivelata rispondendo a una recente interrogazione. Ne abbiamo parlato con il capodicastero Socialità, Lorenzo Quadri. «Durante la pandemia la Foce è diventata più frequentata e purtroppo si sono riscontrati alcuni episodi con aggressività maggiorata. Questo è un tentativo per cercare di garantire una maggior tranquillità, che se dovesse funzionare verrebbe consolidato». Episodi come quelli citati, hanno pesato nella decisione di promuovere questo progetto? «Sì, inevitabilmente. Di base, quando si creano assembramenti molto ampi il rischio che capiti qualcosa aumenta. È quindi importante avere una presenza, seppur informale, in queste serate. Però mettere un poliziotto o un assistente sociale maturo funziona meno: ci vuole una figura che possa essere vista come un pari dei giovani. Si tratta quindi di una sorta di intervento ‘peer to peer’, sono dei giovani coetanei o quasi di quelli coi quali interagiscono che fanno da mediatori con lo scopo di fare prevenzione per evitare che eventuali conflitti possano escalare».
Giovani che interagiscono coi giovani dunque. «Si tratta in totale di quattordici ragazzi sui 20-25 anni che collaborano con l’associazione Incurf (Insieme contro l’uso ricreativo di farmaci, ndr) – spiega Stefanie Monastero, coordinatrice del Servizio di prossimità della Città –, in parte sono ancora studenti in Lavoro sociale della Supsi e in parte operatori sociali che hanno da poco concluso la formazione. La loro giovane età è funzionale all’entrata in relazione con altri giovani e tutti loro hanno seguito una formazione specifica ideata in collaborazione fra Radix, Incurf e Servizio prossimità». Concretamente, questi ragazzi saranno presenti i venerdì e i sabato sera alla Foce in gruppi da tre a sera, «con una postazione di prevenzione e promozione della salute e riduzione del danno. Sono formati per rispondere a delle difficoltà di primo livello, di bassa soglia: momenti di difficoltà ad esempio dovuti a un consumo di alcol o sostanze stupefacenti». E naturalmente, per monitorare eventuali tensioni e cercare di disinnescare i conflitti sul nascere. «Saranno affiancati dagli operatori di prossimità nel ruolo di supervisori, anche a distanza: conoscono i ragazzi e le dinamiche sociali e saranno di supporto. Se durante il weekend ai ragazzi del progetto dovessero capitare delle dinamiche difficili da gestire, possono contattarli».
Lo scorso autunno il Servizio di prossimità è stato potenziato passando da due a tre operatori. Tuttavia, qualora la serata dovesse prendere una brutta piega, non spetta né a loro né ai giovani del Progetto Foce intervenire, giusto? «Esatto. Dapprima c’è uno scambio con il picchetto dei nostri operatori, che a loro volta allertano la polizia, in caso di bisogno – chiarisce Monastero –. La sicurezza prima di tutto: per poter aiutare gli altri, bisogna essere al sicuro in prima persona e poi chiamare chi è qualificato per intervenire. La collaborazione con la polizia è molto importante: il nostro intervento sociale arriva fino a un certo punto, come anche viceversa quello di polizia ha un suo limite. Sono interventi che si completano. Chiaramente, riuscire ad agire prima che accada qualcosa come una rissa è meglio. Ma questo non sempre è possibile: per esperienza, possiamo dire che l’intervento con le parole funziona prima e dopo questi momenti. Nel ‘durante’, è molto più difficile».
La coordinatrice ricorda bene i lockdown e gli assembramenti di giovani e purtroppo talvolta gli episodi di violenza che ne conseguivano e che facevano inevitabilmente rumore. «Non è stato un bel momento per nessuno, per loro in prima battuta, ma neanche per noi che lavoriamo con i giovani né per la polizia. Per cercare di far fronte a queste difficoltà, il Municipio ha voluto creare questo gruppo di lavoro interdivisionale, che coinvolge: la Divisione socialità, il Dicastero eventi e congressi e la Polizia comunale. Tre ottiche distinte, ma tutte rilevanti». Il gruppo si è attivato circa un anno fa, durante la primavera del 2021, e ha ideato questo progetto concreto «e sperimentale: ci siamo dati sei mesi per capire come funziona e poi fare una valutazione. È molto flessibile, se necessario attueremo cambiamenti in corso d’opera. Bisognerà capire ad esempio se la Foce è il luogo giusto dove stare o anche se il progetto in sé ha un senso o meno lì adesso, perché quando è stato pensato non c’erano eventi di alcun tipo per i giovani. Era un contesto diverso rispetto a oggi».
Un test che è già partito, le sere del 15 e 16 aprile. Com’è andata? «Alla Foce non c’era molta gente alla sera. Ma per noi è stato importante esserci anche per questo, per capire quanto è frequentato quel luogo in questo momento e se bisogna attuare dei correttivi, per questo consideriamo comunque positivo il primo bilancio. Proprio perché al momento non c’è ancora grande affluenza alla Foce, fare tutti i weekend sarebbe stato inutile già adesso. La prossima volta saremo presenti il 29 e il 30 aprile. Da maggio ci saremo probabilmente tutti i finesettimana e così fino alla fine di agosto». La parola d’ordine tuttavia è flessibilità: «Tutti gli aspetti sono modulabili. Ad esempio, la presenza è prevista i venerdì e i sabato sera dalle 20 a mezzanotte. Se però dovessimo renderci conto che non sono le serate giuste, piuttosto che gli orari con maggiori assembramenti, siamo pronti a cambiare. È un progetto che deve essere utile e funzionale». E non è detto che con l’irrigidimento delle temperature il Progetto Foce finisca nell’armadio. «A settembre verrà fatta una valutazione e in base a come sarà andata si potrebbe decidere di continuare».
Monastero aggiunge infine che «un weekend o due al mese saranno presenti anche gli operatori di danno.ch, progetto di Radix volto alla riduzione del danno che vanta già una lunga esperienza nell’ambito del lavoro con i giovani». Ma a contribuire a ‘calmare gli animi’, seppur in maniera indiretta, potrebbe essere anche il ritorno di una delle manifestazioni di maggior successo degli ultimi anni: Lugano Marittima. «Sì, le due cose non sono in conflitto. Anzi: riteniamo che l’evento, frequentato non solo da giovani ma anche da adulti, aiuterà a mantenere un certo ordine nella zona» osserva Quadri.