Demodulazione delle ondate idroelettriche nel fiume Ticino: passi avanti per gli invasi previsti a Personico (Aet) e Osogna (Ofible)
Un grande bacino di demodulazione per l’Azienda elettrica ticinese (Aet) a Personico ai piedi della centrale Nuova Biaschina, ossia nella zona delle cave situata a sud del paese, e un analogo bacino per le Officine idroelettriche di Blenio (Ofible) nella zona industriale di Osogna cui potrebbe aggiungersene un secondo in caverna (nella montagna) in zona Giustizia. Invasi artificiali del tutto simili a quelli già esistenti da decenni in Leventina ad Airolo, Rodi e Nivo e a quello già approvato a Piotta dove Aet e Ffs stanno realizzando la nuova centrale del Ritom. Grazie ad essi gli importanti e repentini cambiamenti di portata del fiume Ticino dovuti ai rilasci d’acqua turbinata per la produzione di energia idroelettrica – nefasti per la fauna ittica e non solo – sono destinati a ridursi ulteriormente dopo il 2030 quando si presume che queste due opere potrebbero venire realizzate. Molto dipenderà dalle valutazioni tecniche, finanziarie e di opportunità in corso nell’ambito del ‘Masterplan operativo per la riqualifica dei corsi d’acqua in Riviera’. Documento nel quale le due possibili soluzioni sono state ufficialmente inserite nei mesi scorsi dopo gli auspici iniziali espressi a inizio 2020 su queste colonne dal Municipio di Riviera che aveva insistito sulla necessità di prevedere il bacino non sulla sponda destra di Iragna, come ipotizzato nel 2014 generando malcontento fra la popolazione per la perdita di zona boschiva che andrebbe semmai valorizzata, bensì appunto nella zona industriale di Osogna occupando una vasta porzione di terreno patriziale accanto all’autostrada. Ciò che implicherebbe la cessazione dell’attività, o lo spostamento altrove, di due grossi impianti di produzione cemento e calcestruzzo (Holcim) e di miscele bituminose (Alpi Asfalt). Per contro a Personico l’attività di estrazione del granito verrebbe almeno nelle fasi iniziali confermata.
Cintati e non accessibili a fauna e popolazione, dotati di sponde cementificate, i due nuovi bacini avrebbero una superficie di 30-50mila metri quadrati ciascuno (pari a quattro-sei campi da calcio) e una profondità da 3 a 10 metri. Una presenza non da poco considerate le rispettive attività produttive consolidatesi nel tempo. E che è in fase di approfondimento insieme ai numerosi altri elementi legati ai corsi d’acqua da parte dei tre gruppi di lavoro (accompagnamento, tecnico e consenso) istituiti nell’ambito del Masteplan riunendo i diversi attori coinvolti su più livelli e con compiti specifici in un processo partecipativo.
Entrando nello specifico di Personico – dove l’invaso si estenderebbe accanto al fiume Ticino per oltre due chilometri fino alla confluenza col Brenno – nel Masterplan viene specificato che la misura “mira a sfruttare gli spazi liberati dalle attività delle cave presenti per creare un volume di ritenuta per le acque turbinate dalla centrale” allacciata alla diga della Val d’Ambra. Più sarà grande il volume, più sarà efficace l’effetto mitigante dei deflussi discontinui. “Gli studi per il risanamento dei deflussi discontinui sono in corso – prosegue il Masterplan – e seguono la procedura indicata dalla Confederazione. Le misure che ne scaturiranno necessiteranno ancora qualche anno per concretizzarsi. Le stesse dovranno infatti seguire l’iter ufficiale sia pianificatorio (pianificazione territoriale) sia procedurale (domanda di costruzione con esame d’impatto ambientale)”. Quanto alla presenza di due cave in attività, “la durata di sfruttamento prevista nella scheda V8 del Piano direttore cantonale è di 10-20 anni. Inoltre nel comparto è presente anche una discarica di tipo B in potenziale conflitto. Bisognerà quindi verificare eventuali problemi e/o possibili sinergie ed eventualmente avviare una ponderazione d’interessi”.
Le cave a sud dell’abitato sono attualmente gestite dalla Adriano Bignasca Sa con sede a Lodrino. La domanda s’impone: sul medio termine dovrà chiudere? «Il Municipio – risponde il sindaco Emilio Cristina – ha preavvisato favorevolmente l’inserimento del bacino confidando che possa integrarsi adeguatamente nella cava nell’ambito di un progetto suddiviso in più tappe che consentirebbe di proseguire, almeno per un certo periodo, l’estrazione della pietra. In particolare, pensando all’ottimizzazione delle risorse naturali e del territorio, il lavoro di cava potrebbe avvenire per un certo periodo in profondità, nel sottosuolo, dove verrebbe ricavato il volume necessario ad accogliere l’acqua turbinata da demodulare. Così facendo ne trarrebbero vantaggio sia i cavisti sia la stessa Aet». Gli approfondimenti in corso diranno poi se andando in là nel tempo l’estrazione in parete potrà proseguire e se sì come.
Emilio Cristina è anche uno dei responsabili della Alpi Asfalt Sa di Osogna che fa parte del gruppo edile Ennio Ferrari basato in Riviera. Alpi Asfalt che versa un affitto al locale Patriziato occupando una parte del suo terreno situato fra l’A2 e la strada cantonale. La permanenza a questo punto non è affatto scontata, al pari della confinante Holcim filiale dell’omonima azienda che in Svizzera occupa 1’200 collaboratori in 55 sedi e dispone di tre cementifici, 16 cave di ghiaia e 36 stabilimenti per la produzione di calcestruzzo. «Non abbiamo ancora riflettuto sul da farsi anche perché, a parte l’indirizzo dato nel Masterplan, l’eventuale problema appare molto distante», rileva Cristina aggiungendo che a tempo debito bisognerà entrare in materia e valutare una strategia: «Prima bisognerà però capire quanto terreno verrà effettivamente sacrificato e, qualora lo fosse solo in parte, se ne resterà un po’ per noi. Confidiamo in una soluzione di compromesso».
Quanto al rischio di perdere due attività produttive, il sindaco di Riviera Alberto Pellanda non la vede troppo negativamente: «Muovendoci sulla base delle critiche già emerse nell’allora Comune di Iragna, abbiamo ritenuto opportuno indirizzare i nostri sforzi verso il miglioramento ambientale di quella zona boschiva. Per le due ditte da delocalizzare, il cui impatto sul territorio non è secondario, immagino che potranno esserci appositi indennizzi» previsti da leggi federali e cantonali.
Stando a quanto illustrato nel Masterplan il bacino di 40’000 metri quadrati si snoderebbe accanto all’autostrada per circa 600 metri partendo, a nord, all’altezza della Compul Sa e finendo, a sud, all’altezza della strada d’accesso Ol Trombon inglobando una porzione di bosco golenale e costeggiando campi da tennis e da calcio (non toccati dal progetto). Molto dipenderà anche se a nord, in zona Giustizia, dove attualmente viene scaricata direttamente nel fiume Ticino l’acqua proveniente in condotta dalla centrale Ofible, sarà anche realizzato un bacino di 20’000 metri quadrati in caverna che farebbe da prima tappa di demodulazione. Tra i vantaggi per questa opzione il Masterplan indica la parsimonia di terreni ‘utili’ (quelli a cielo aperto), il basso impatto paesaggistico e la combinazione col bacino di demodulazione esterno per aumentare la capacità e la gestione; tra gli svantaggi il costo elevato, il materiale di scavo da ricollocare e il dislivello col fiume Ticino difficile da sfruttare completamente. Da notare che in precedenza, sempre nell’ambito del Masterplan, il Gruppo tecnico deflussi discontinui ha preliminarmente deciso di non approfondire le misure di deviazione dell’ondata di piena in un corpo d’acqua più grande, ovvero nel Lago Maggiore, attraverso una condotta chilometrica.