Lo sostiene il sindacato. Per il padronato: ‘Senza sintomi è sensato pretendere che si lavori’.
Aziende che richiamano persone dalle ferie, colleghi che fanno gli straordinari per coprire gli assenti. Da quando è stato decretato anche in Ticino l’obbligo di quarantena per i vaccinati – in caso di contatto stretto con una persona positiva al Covid e in assenza del booster – mancano sempre più lavoratori all’appello. Stando alla Rsi, ieri erano più di cinquemila le persone in quarantena e oltre 3’800 quelle in isolamento. Nel caso in cui il tipo di professione permetta di lavorare da casa e non si abbiano sintomi, il datore di lavoro può obbligare il dipendente a lavorare? «No, perché dal momento in cui quarantena o isolamento sono decretati da un’autorità sanitaria non possono non essere riconosciuti dal datore di lavoro», afferma Giangiorgio Gargantini, segretario cantonale del sindacato Unia. «Ciò detto, in caso di quarantena o isolamento asintomatici, si possono eventualmente svolgere alcuni compiti, ma esclusivamente su base volontaria». Inoltre, fa notare il sindacalista, è possibile che i sintomi si sviluppino nel corso della quarantena o dell’isolamento e quindi la situazione cambi da un giorno all’altro: «Le condizioni di salute della persona restano l’aspetto più importante».
Secondo Luca Albertoni, direttore della Camera di commercio ticinese (Cc-Ti), a farla da padrone in questa situazione è il buon senso. «Essendo una situazione nuova non c’è una giurisprudenza consolidata. A mio avviso se il dipendente sta bene è sensato pretendere che lavori, quando l’attività lo permette, da casa. Credo sia necessario usare il buon senso da entrambe le parti. Penso che nella maggior parte dei casi esso ci sia e non vedo grandi problemi».
Lavoratori costretti a casa significano anche difficoltà a mantenere prestazioni e produttività al 100%. In Ticino ci sono aziende in cui il tasso di personale in quarantena o isolamento sta rendendo difficile lo svolgimento delle attività? «È ancora presto per tirare le somme, in quanto molte ditte sono chiuse per il periodo natalizio. Si tratta più che altro di timori. La situazione è sotto osservazione», risponde Albertoni. «In ogni caso, visto il rapido evolversi dei contagi, è probabile che sia imminente una problematica più diffusa. Soprattutto una volta terminate le vacanze». In generale chi può virare sul telelavoro «riesce a gestire la situazione, ma vi sono attività che richiedono la presenza dei dipendenti, come per esempio il commercio al dettaglio e i trasporti. In alcuni casi i lavori sono di squadra o ci sono procedure di fabbricazione che richiedono determinati ruoli e non sempre si trovano sostituti». Secondo il direttore della Cc-Ti non sono da escludere ritardi in alcuni settori: «C’è il rischio che qualche processo si interrompa o venga rallentato negli ambiti come industria, artigianato, edilizia, logistica. Ciò potrebbe capitare come conseguenza di eventuali ‘quarantene di massa’».
Crescita esponenziale di contagi e quarantene mettono sotto pressione anche i servizi essenziali come gli ospedali. «Al momento a livello di personale la situazione è buona, ma restiamo in allerta», ci dice Matteo Tessarollo, portavoce dell’Ente ospedaliero cantonale (Eoc). A livello di vaccinazione «stiamo proseguendo in maniera celere con i booster, per i quali c’è un’ottima adesione. Prevedo che velocemente arriveremo all’80% di personale vaccinato con la dose di richiamo». Qual è la percentuale dei non è immunizzati? «Fra qualche settimana la situazione sarà più chiara. Alcuni collaboratori che erano restii hanno deciso recentemente di ricevere prima e seconda dose».
Nonostante queste previsioni rassicuranti la situazione viene valutata giorno per giorno. «Ogni mattina facciamo il punto della situazione. Questo permette anche un’ottimizzazione della turnistica tra reparti. Se sarà necessario, dunque in caso di scarsità di risorse, verrà poi valutata la gestione delle cure elettive». Per il momento le ospedalizzazioni in Ticino e presso l’Ente restano piuttosto costanti e questo aiuta a non aumentare ulteriormente il carico di lavoro del personale sanitario, menziona il portavoce.
Le quarantene sembrano dunque un rischio limitato per i servizi ospedalieri, ma in caso di necessità «è possibile richiedere delle deroghe all’Ufficio del medico cantonale per permettere a determinati presidi sanitari di lavorare anche se entrati in contatto con persone positive. Cosa che è capitata nelle prime ondate. Questo rispettando alcune condizioni come effettuare test ripetuti ed essere vaccinati con due dosi».