Mentre i sondaggi danno l’iniziativa cure infermieristiche col vento in poppa, favorevoli e contrari mettono sul tavolo le loro tesi
Il 28 novembre voteremo sull’iniziativa per cure infermieristiche forti, che chiede migliori condizioni di lavoro per gli infermieri e una serie di misure per rivalutare un settore in affanno, che deve fare i conti oggi ma dovrà farli soprattutto nei prossimi anni con una grave penuria di personale qualificato. Entro il 2030 mancheranno 65mila professionisti. Attualmente ci sono già 11’700 posti vacanti (oltre 6’200 nel settore infermieristico). Inoltre, e questo non aiuta, il 46% dei curanti lascia prematuramente la professione. Un quadro non proprio idilliaco per la sanità elvetica. Come risolvere la drammatica carenza di personale? Sarà il popolo a deciderlo accettando o meno l’iniziativa ‘Per cure infermieristiche forti’, lanciata dall’Associazione svizzera delle infermiere e degli infermieri, che chiede a Confederazione e Cantoni di formare un numero sufficiente d’infermieri qualificati e punta a elevare lo status della professione, garantendo migliori condizioni di lavoro, definendo, ad esempio, anche livelli salariali adeguati. La controproposta avallata dal Parlamento (entrerà in vigore se l’iniziativa venisse bocciata): 1 miliardo subito per la formazione e la possibilità di fatturare alcune prestazioni alle casse malati senza prescrizione del medico, tutto però sottoposto a un meccanismo di controllo per non far esplodere la spesa sanitaria.
Col vento in poppa, secondo i sondaggi Tamedia, l’iniziativa che riscuoteva a fine ottobre il 77% dei voti favorevoli distribuiti tra tutti gli schieramenti politici, in particolare a sinistra. Una percentuale scesa al 72% nell’ultimo sondaggio appena sfornato: cinque punti percentuali in meno per i favorevoli. Se avessimo votato settimana scorsa il 26% l’avrebbe bocciata (+7 punti), mentre il 2% si è detto tuttora indeciso (-2). Secondo il rilevamento condotto dall’istituto di ricerche gfs.bern per conto della Società svizzera di radiotelevisione, a inizio novembre i favorevoli erano il 67% (-11 punti rispetto a inizio ottobre), mentre i contrari sono saliti dal 15 al 27%. L’approvazione è diminuita soprattutto tra i simpatizzanti del Plr (-9 punti). Tuttavia il 55% della base del partito avrebbe ancora messo un ‘sì’ nell’urna.
Yvonne Ribi
Yvonne Ribi, si stima che in Svizzera entro il 2030 mancheranno 65mila curanti. Da un lato la popolazione invecchia e occorre formare velocemente nuovo personale qualificato, dall’altro lato la vostra professione è logorante e gran parte del personale infermieristico finisce in burnout. Ci spiega quale è il problema: come mai il 46% degli infermieri lascia la professione?
Un terzo del personale infermieristico lascia addirittura nei primi anni, perdendo presto l’idealismo iniziale che lo aveva motivato verso la professione. I motivi sono diversi: ci si scontra con turni spossanti, orari irregolari, tempi di riposo troppo corti per recuperare le forze, difficoltà a conciliare lavoro e famiglia e la crescente frustrazione di avere sempre meno tempo per seguire in modo confacente i pazienti.
Alla fine di una giornata di lavoro, molti tornano a casa delusi, consapevoli di non aver fatto il possibile per i malati. Alla lunga tutto ciò è logorante, c’è chi finisce in burnout.
Per questo motivo, oltre a un numero sufficiente di infermieri diplomati chiediamo condizioni di lavoro adeguate per cure infermieristiche sufficienti, accessibili a tutti e di qualità.
Il Parlamento ha elaborato un controprogetto alla vostra iniziativa che propone di stanziare subito un miliardo per la formazione di nuovi infermieri sull’arco di 8 anni e la possibilità per questi di fatturare direttamente a carico delle casse malati. Perché non vi basta il controprogetto approvato dal Parlamento?
Perché si concentra solo sugli investimenti nella formazione, senza impegnarsi a migliorare le condizioni di lavoro del personale infermieristico. Quest’ultimo è un elemento chiave per risolvere il problema della carenza di personale, per far rimanere i professionisti e per continuare a offrire cure di qualità in Svizzera.
Sul tavolo il Parlamento mette subito questo miliardo per la formazione. Chiedendo di più non rischiate di perdere tempo prezioso?
La Confederazione partecipa a questo investimento con 469 milioni se anche i Cantoni faranno la loro parte. Questo significa creare basi legali per mobilizzare questi fondi, per impegnarsi nella campagna di formazione. Purtroppo la maggior parte dei Cantoni non ha ancora iniziato questo lavoro.
Se l’iniziativa dovesse passare, l’iter parlamentare può essere lungo (parliamo di anni) prima di arrivare a misure concrete, che cosa vi aspettate?
Il Parlamento dovrà attivarsi velocemente per investire nella formazione di nuovo personale qualificato, migliorando contemporaneamente le condizioni di lavoro. Non avrebbe senso investire nella formazione di professionisti se dopo qualche anno scappano per non ammalarsi loro stessi.
Negli ultimi dieci anni, la risposta data dai datori di lavoro è sempre stata la stessa: ‘Non ci sono soldi da investire per nuovo personale’. Ora chiediamo alla Confederazione di fornire compensazioni adeguate per i servizi di cura, per le aziende significa avere la possibilità di creare migliori condizioni di lavoro per i propri dipendenti.
Questo potrebbe significare un ulteriore aumento dei costi della salute e di conseguenza dei premi di cassa malati: che cosa commenta?
In realtà investire su un numero adeguato e sulla qualità del personale incide sulla sopravvivenza dei pazienti: buone cure inoltre fanno anche risparmiare molti soldi. Un recente studio (fatto da Michael Simon, professore di scienze infermieristiche all’Univeristà di Basilea e da Michael Gerfin, professore di economia della salute all’Università di Berna) evidenzia appunto che un numero adeguato di personale in Svizzera può evitare 243 decessi l’anno e diminuire i costi di 357 milioni. C’è una correlazione tra numero di personale ed eventi avversi, se il personale è ben qualificato si evitano anche costose riammissioni.
Philippe Nantermod
Philippe Nantermod, lei è nel comitato interpartitico contrario all’iniziativa per cure infermieristiche forti. Ritenete che l’iniziativa va troppo lontano, mentre il controprogetto del Consiglio federale, avallato dal Parlamento, è la via migliore. Dove sta il problema: pensa che il settore infermieristico non sia realmente in difficoltà? Perché l’iniziativa, a suo parere, non propone le soluzioni corrette?
La situazione del personale infermieristico deve essere migliorata, nessuno lo mette in dubbio, ma l’iniziativa per cure infermieristiche forti non è il modo giusto per farlo. Si chiede alla Confederazione di trovare soluzioni in ambiti che non le competono. Ad esempio, non spetta allo Stato fissare i salari, ma è una negoziazione che avviene tra le parti sociali. La Confederazione non impiega nemmeno infermieri e non gestisce ospedali o case di cure. Tutto ciò compete i Cantoni, le strutture sanitarie.
Decidere quanti infermieri qualificati sono necessari è una responsabilità dei nosocomi ed eventualmente della pianificazione ospedaliera, ma non della Confederazione, a cui mancherebbe anche una visione d’insieme per prendere decisioni. Se si accetta la richiesta degli infermieri, perché non farlo per tutte le professioni che sentono di non essere pagate a sufficienza?
Gli iniziativisti insistono su un punto: investire un miliardo nella formazione di personale infermieristico qualificato non basta (come propone il controprogetto), bisogna migliorare le loro condizioni di lavoro per non far scappare i professionisti. Lei che cosa commenta?
La Confederazione non è uno stregone con poteri magici, non può intervenire in ambiti che non sono di sua competenza. Per poter risolvere questi problemi concreti gli ospedali dovrebbero appartenere alla Confederazione, ma sappiamo che non è così. Il malessere esiste davvero tra il personale infermieristico, nessuno lo nega, le ragioni sono diverse, non è solo una questione di salari, ma la Confederazione non ha gli strumenti per intervenire sulle loro condizioni di lavoro.
Perché ritiene che il controprogetto del Consiglio federale, avallato dal Parlamento, sia una soluzione migliore rispetto all’iniziativa?
Dobbiamo essere realisti, visti i sondaggi non abbiamo molte chance, l’iniziativa probabilmente sarà accolta. Alla fine avremo un nuovo articolo nella Costituzione, una nuova disposizione che non si potrà concretizzare. È un vero peccato perché il controprogetto indiretto all’iniziativa, avallato dal Parlamento, dà invece risposte concrete a tutte le preoccupazioni degli infermieri, che possono essere realmente affrontate a livello federale.
Inoltre, queste misure entrerebbero in vigore immediatamente. Si investirebbe subito un miliardo di franchi nella formazione di nuovi professionisti del settore.
È davvero la soluzione migliore e più veloce per risolvere la penuria di personale. Inoltre, il personale infermieristico, come prevede il controprogetto, potrebbe fatturare una parte delle loro prestazioni direttamente alle casse malati. Per evitare l’aumento dei costi della salute è stato introdotto un meccanismo di controllo.
Se l’iniziativa dovesse venire accolta, che cosa succederà? Pensa che il Parlamento manterrà il miliardo di franchi da investire nella formazione o tutto va rinegoziato da capo?
Bisognerà ricominciare. Va detto che non è stato per nulla facile trovare un compromesso per realizzare il controprogetto all’iniziativa. Penso sarà più complicato ottenere lo stesso risultato, ci vorranno almeno altri 4 anni. Osservo che, nel campo della salute, si preferisce una politica spettacolo, piuttosto che agire in modo concreto. È un’occasione mancata di portare risposte concrete e realizzabili velocemente a preoccupazioni legittime. In Romandia, ci sono ministri della salute che sostengono l’iniziativa, ma sono proprio loro che decidono i salari degli infermieri: facciano meglio il loro lavoro, invece di chiedere ad altri di farlo al loro posto.