Presentate oggi le 24 misure socialiste per il Ticino del 2030. Sirica: ‘Pronti a dare il nostro contributo, serve agire’. Riget: ‘Dibattito aperto a tutti’
Ventiquattro misure. Che spaziano tra economia, lavoro, formazione, ambiente, territorio, socialità. Quello presentato oggi dal Partito socialista non è solo un ‘Piano di rilancio’, è la proposta di un autentico cambio di paradigma per quello che dovrà essere il Ticino dei prossimi anni: «Quello che ci interessa – spiega il copresidente Fabrizio Sirica – è offrire una visione di Stato e società non solo per il presente, ma a medio-lungo termine. Non solo istituzionale ma anche di dibattito». Una visione che si compone di un ricco elenco di misure – «traducibili in atti parlamentari, alcuni dei quali sono già pronti» – che parte dall’iniziativa sul salario minimo a 21,50 franchi orari già annunciata alla settimana lavorativa da 35 ore per lo stesso stipendio, dagli assegni per la formazione continua a un sistema di bonus/malus con incentivi e tassazione delle aziende in base al comportamento sociale e ambientale al sostegno alle Pmi nei processi di digitalizzazione. Ma non solo. Assieme al Ppd, i socialisti presenteranno un progetto per completare a livello cantonale la rendita ponte federale per le persone con più di 55 anni. In più, sarà forte la difesa dell’ambiente e del territorio così come l’impegno dedicato alla socialità con l’aumento delle soglie dell’assistenza, il raddoppio degli assegni familiari da finanziare attraverso minori deduzioni fiscali e gli asili nido pubblici gratuiti. Il conto? 227 milioni di franchi l’anno.
Una cifra importante ma, sgombra subito il campo il capogruppo in Gran Consiglio Ivo Durisch, «ricordiamoci sempre che negli ultimi due anni gli sgravi fiscali sono costati 150 milioni e non hanno portato alcun vantaggio a livello di attrattività del Cantone». E quando si parla di ‘attacco alla diligenza’, Durisch affonda: «Se l’è fatto da solo Christian Vitta questo atto, proponendo e ottenendo sgravi fiscali inutili e dannosi per le casse del Cantone». Per arrivare a questo montante di quasi 230 milioni, la ricetta socialista è chiara: «Stop a qualsiasi nuova politica di sgravi fiscali; aumento delle aliquote nell’imposizione dei grandi patrimoni e sui redditi più elevati delle persone fisiche, con un’entrata stimata in 65 milioni; il ripristino del coefficiente di imposta cantonale al 100% che dovrebbe fruttare 45 milioni annui; la revisione al rialzo delle stime immobiliari da attuare entro il 2025, che porterà circa 100 milioni annui».
«Sono ventiquattro misure concrete», rilancia Sirica. Una risposta, va da sé, «all’assenza, da parte del Dipartimento finanze ed economia, di un progetto incisivo e soprattutto sono una sorta di consuntivo degli ultimi vent’anni di politiche economiche e fiscali. Vent’anni – continua il copresidente socialista – che hanno portato a più imprese e a una crescita del Pil, ma pure a salari più bassi e situazione più incerta per ampie fasce della popolazione». In questo cambio di paradigma per Sirica deve trovare posto «assolutamente» la questione salariale, e, ad esempio, «una Legge sull’innovazione riformata a 360°, dando molti più soldi di oggi per favorire lo sviluppo ma con paletti fissati per quanto riguarda la sostenibilità sociale e ambientale». Quegli stessi bonus/malus chiesti anche a livello di imposte delle persone giuridiche basati sulla responsabilità sociale e ambientale. Perché «il Dfe parla sempre di responsabilità sociale delle imprese, ma senza paletti, senza verifiche, senza criteri da ottemperare di che cosa stiamo parlando?».
Sul tema socialità, Durisch è categorico: «Il welfare attuale non è più adeguato». Quindi, sì al raddoppio del minimo vitale garantito dall’assistenza che, per Durisch, «fissato come oggi a 900 franchi al mese è troppo poco. Sarebbe un passo in avanti gigantesco, con un costo tutto sommato non enorme» e avanti con «la richiesta di combattere fermamente il non accesso alle prestazioni sociali da parte di chi ne ha diritto». Per un Ticino dove l’accoglienza «sia vera, non all’insegna delle pratiche vessatorie messe in atto da Norman Gobbi e dal Dipartimento istituzioni. Il calo demografico ci preoccupa tantissimo, e l’accoglienza è uno dei modi migliori per invertire questo trend».
La vicecapogruppo Anna Biscossa insiste sull’importanza «di un trasporto pubblico che si accessibile economicamente e geograficamente a tutti». Perché «certo, ultimamente è stato molto potenziato. I prezzi degli abbonamenti sono anche interessanti, ma noi abbiamo la volontà chiara di andare incontro ai giovani e alle regioni periferiche che, più difficili da raggiungere, portano a costi più alti. Perché il trasporto pubblico sia concorrenziale deve esserlo anche dal punto di vista economico». Un altro tema caro a Biscossa concerne la formazione continua, «elemento fondante per un’economia sana. Sostenere i costi di questa formazione perché diventino sopportabili significa investire sulle potenzialità delle persone, e arricchire così di competenza il nostro mercato del lavoro. Ora si può fino a 40 anni, noi chiediamo si arrivi a 60 anni».
Tanta, tantissima carne al fuoco. «È un esercizio politico importante per noi – sostiene la copresidente Laura Riget –. La nostra intenzione con queste misure concrete è dire che è possibile realizzarle, spiegando anche come andando a reperire i fondi necessari. Vogliamo aprire un dibattito, interno alla nostra area e all’esterno con gli altri partiti perché queste sono le nostre soluzioni, è chiaro, ma le priorità e i problemi riguardano tutti. Ed è sempre più urgente che questi problemi vengano risolti».