Il presidente Nando Ceruso illustra il ‘progetto’ dell‘organizzazione. ’Che non ha nulla di diverso dagli altri contratti’
Quel Contratto collettivo di lavoro sarà pure finito nella bufera. Ma se chiedete al presidente di TiSin, Nando Ceruso, vi dirà che «non ha niente di diverso dagli altri contratti». Come dire (sottotesto) che non si distanzia dagli accordi siglati dagli ‘altri’ sindacati. Sindacalista di lungo corso, Ceruso scomoda parole come trasparenza, operato cristallino. E rivendica di aver agito in «buona fede» con la sua organizzazione, nata un anno e mezzo fa o poco più con l’obiettivo dichiarato (a statuto) di essere “in difesa del lavoro in Ticino”. Altro che venduti, ribatte (destinatari i colleghi di Ocst e Unia). Si è presentato da solo davanti alla stampa oggi, martedì, per portare dei dati e delle cifre (ma non tutte) - a cominciare dal numero di aderenti all’associazione: fa capire che è prematuro - capaci di restituire un quadro della situazione in una realtà industriale, annota con forza, «fragile». Per la serie, bisogna essere realisti. Sollecitato però a mostrare e consegnare una copia dei Ccl votati nelle tre industrie del Mendrisiotto balzate all’attenzione della cronaca nell’ultima settimana, si ritrae. «È stato consegnato ai lavoratori», si giustifica. I giornalisti, insomma, possono attendere.
Il confronto fra Ceruso e i media è aperto. Il presidente non si sottrae alle domande di primo acchito. Alla fine, però, non tutto quello che è accaduto negli incontri e nelle assemblee che si sono susseguite alla Plastifil a Mendrisio, alla Ligo Electtric a Ligornetto e alla Cebi (ex Mes-Dea) a Stabio - e che tanto hanno fatto discutere anche la politica - è chiaro fino in fondo. Dal canto suo, il fondatore di TiSin - assieme a esponenti della Lega del calibro di Boris Bignasca e Sabrina Aldi, che ne è vice presidente: assenti oggi alla conferenza stampa - tiene a far sapere che l’organizzazione ha un «progetto», deciso a rompere anche con certi ‘principi’ (si legga il contributo di solidarietà e l’indennità di residenza). «Con questo Ccl - spiega - si mette in campo una proposta di percorso contrattuale. Che, quando i tempi saranno propizi, avrà l’obiettivo di puntare a salari superiori. Il discorso fra le parti - ribadisce - sarà costante. Saremo i primi ad accelerare». Per il momento, in ogni caso, l’intento, insiste, è quello di «accompagnare le aziende a investire nei settori a valore aggiunto, dando loro il tempo per traghettarsi e mettersi al sicuro». Quelle stesse aziende che si sono rivolte a TiSin: «Siamo entrati in gioco su loro richiesta, ma anche del personale», aggiunge subito. Perché, sia chiaro, lui, Ceruso, non è, sottolinea, al soldo di nessuno, «Ciò che faccio è a titolo volontario», precisa.
Nel frattempo, con il salario minimo alle porte (entrerà in vigore a dicembre), nelle tre aziende le buste paga restano dove sono. Anzi, non cambieranno per i prossimi cinque anni. D’altre parte, garantisce, «i due terzi dei lavoratori è al di sopra della soglia dei 18 franchi». Sta di fatto che la larga maggioranza del personale è frontaliero. Anche se, rilancia, «la presenza indigena supera il 20 per cento». Se poi gli si fa notare che tempistica e modalità di questa operazione - per i sindacati storici funzionale all’aggiramento del salario minimo di legge - lascia perplessi, Ceruso conferma che a lui «non pare ci sia nulla di anomalo». Eppure le testimonianze giunte a laRegione da parte di alcuni lavoratori non parlano di un clima disteso. La firma in calce al contratto, secondo quanto trapelato dalle assemblee, è stata la conclusione di un aut aut. O si accettava o si sarebbe spalancata la porta a licenziamenti e delocalizzazioni. Come hanno reagito gli operai? «Hanno partecipato attivamente. Non c’è niente da nascondere», ci risponde Ceruso. Come dire che il dialogo c’è, assicura. «Detesto chi pensa che gli operai sono dei conigli», ci fa capire. E a chi, dal fronte sindacale opposto, vi accusa di aver introdotto condizioni peggiorative? «Bubbole (per dirla in modo edulcorato, ndr), nessun passo indietro - replica -. In ingresso il Ccl acquisisce le norme in vigore». Insomma, il resto è tutto di più.
Il messaggio ai media (perché i sindacati storici intendano) è diretto: TiSin non ha fatto nulla di diverso in termini di Ccl e salari. Parafrasando Ceruso: chi è senza peccato, scagli la prima pietra. Il punto è che in mezzo a sindacati e padronato, c’è sempre lei, la classe operaia. Che esiste ancora, nonostante tutto, e di certo non andrà in paradiso. Neanche stavolta.