Per Suzanne Suggs (Usi) il messaggio veicolato da Gobbi e dal silenzio di Zali mette a rischio la campagna vaccinale e la credibilità del governo
La notizia l’avevamo data la settimana scorsa: non tutti i nostri Consiglieri di Stato risultano vaccinati contro il Covid-19. Ad andare controcorrente rispetto al resto dell’esecutivo sono i due ‘ministri’ leghisti. Mentre a esplicita domanda il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali si è trincerato dietro a un no comment, dalle Istituzioni Norman Gobbi ha detto chiaro e tondo di non essersi ancora immunizzato. Ora: chi abita in Svizzera è libero di vaccinarsi o meno, certo; ma cosa succede se chi dichiara di non averlo fatto siede al governo, un governo che invece sta spingendo con tutte le sue forze per completare la campagna vaccinale e prevenire nuove ondate pandemiche? Ne parliamo con un’esperta del delicato equilibrio che la comunicazione deve costruire ogni giorno tra politica, scienza e opinione pubblica: Suzanne Suggs, docente all’Università della Svizzera italiana presso l’Istituto di comunicazione e politiche pubbliche e quello di sanità pubblica, membro della Task force scientifica Covid-19 della Confederazione, vicepresidente della Scuola svizzera di salute pubblica.
Partiamo dalle parole di Gobbi: «Pur avendo una vita sociale molto intensa, con contatti frequenti, non mi sono mai ammalato, così come non mi sono mai ammalato nei periodi di normale influenza». E ancora: «Non escludo di farmi vaccinare, quando riterrò che sarà opportuno e necessario farlo». Cosa ne pensa?
Francamente mi pare una follia, specie sapendo che si tratta del responsabile politico di un dipartimento i cui membri sono in prima linea per garantire la nostra sicurezza, come nel caso della polizia. Come si può giustificare la scelta di non vaccinarsi dicendo che non ci si è ancora ammalati? È come difendere la guida da ubriachi perché finora non si è mai avuto un incidente dopo aver bevuto.
In Svizzera però vige la libertà vaccinale. Perché non dovrebbe valere anche per un politico?
Nessuno mette in discussione la libertà vaccinale. Ma è chiaro che il discorso cambia radicalmente se certe parole vengono dalla bocca di qualcuno che dovrebbe essere impegnato in prima fila a difendere le politiche di immunizzazione del governo. Pensi a quanto stride questo messaggio con lo sforzo di chi deve assistere i malati di Covid nei reparti di terapia intensiva, e ora vede un ministro cantonale fornire un alibi agli scettici. Al limite sarebbe stato diverso se si fossero proposti argomenti scientifici: avremmo potuto discutere quelli, magari sarebbe anche servito a persuadere gli indecisi. Invece assistiamo ad argomentazioni senza alcun fondamento né logica.
Ma il momento opportuno per vaccinarsi è solo uno: non appena possibile. Quindi oggi, anzi, ieri. Tamponi o no, e a prescindere dai rischi personali che si decide di correre, chi non è vaccinato ha molte più probabilità di contagiare il prossimo. Poi, ripeto: stiamo parlando di persone elette a cariche pubbliche, il cui compito è anche quello di proteggere le persone. Se in assenza di qualsiasi argomento valido costoro si rifiutano di dare retta alla scienza, beh, mi auguro che alle prossime elezioni i cittadini se ne ricordino e scelgano qualcuno che prende sul serio il suo incarico.
Intanto ci troviamo in una situazione molto critica per la discrepanza tra realtà e rischio percepito: in Svizzera abbiamo già avuto oltre tremila casi nel fine settimana, ma in assenza di vittime molti credono che il pericolo sia passato, e quindi se non si sono vaccinati preferiscono aspettare. Questo ‘si vedrà’, a sua volta, aumenta la diffusione del virus – lo stiamo già vedendo – e con essa il rischio che si sviluppino varianti più pericolose. Col ritorno al chiuso in autunno, poi, la situazione potrebbe peggiorare rapidamente mettendo a rischio non solo la salute dei cittadini, ma anche la nostra prosperità sociale ed economica. Capisce dunque che ogni messaggio tale da confermare certe esitazioni è pericoloso, specie per quelle persone che hanno votato un politico perché ne condividono valori e visioni, e dunque sono più propense a farsene influenzare nelle scelte personali. Costoro potrebbero pensare: ‘Se non si vaccinano i miei rappresentanti che seguo e ammiro, perché dovrei farlo io?’
Chi diffonde paure false e complottiste sui vaccini costituisce una minoranza, ma è una minoranza molto rumorosa. Anche questa dovrebbe essere contrastata più efficacemente, specie se si pensa che al momento la Svizzera è uno dei Paesi con la percentuale di vaccinati più bassa d’Europa.
Immagini cosa succederebbe se quegli stessi rappresentanti dovessero introdurre un domani nuove restrizioni e lockdown: con che autorevolezza potrebbero farsi ascoltare dalla popolazione? Con che faccia potrebbero dire: ‘Tornate a chiudervi in casa’? È un peccato, perché così si getterebbe alle ortiche l’ottimo lavoro fatto dal Cantone sul fronte delle misure di protezione e di vaccinazione.
Senza fare processi alle intenzioni, una cosa è però chiara: siamo attori sociali, la nostra condotta e le nostre convinzioni sono fortemente influenzate da quelle di chi riconosciamo come membri rispettabili della nostra comunità. In questa dinamica – non solo in Svizzera – è evidente come lo scetticismo di una parte della popolazione si rinforzi ogni volta che i suoi leader tendono a blandirlo: un circolo vizioso spesso strumentalizzato dalle forze populiste, in particolare a destra.
È un’interpretazione gravemente errata della libertà e dei diritti individuali. Questi hanno dei limiti, gli stessi per i quali mi è proibito guidare ubriaca, fumare nei bar e perfino gettare l’umido nel contenitore del vetro: la mia libertà finisce dove inizia quella altrui, i miei diritti devono rispettare quelli del prossimo alla sicurezza e alla salute.
Suzanne Suggs