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Locarnese, la prevenzione del disagio si fa ‘alla pari’

Presentato al Cisl il progetto ‘Peer education’, col quale il dialogo tra l'operatore di strada e il giovane si fa più empatico e spontaneo,allontanando derive sociali

8 luglio 2021
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Si chiama “Peer education”, tradotto in “educazione tra pari”, ed è un nuovo progetto educativo e di valorizzazione delle competenze giovanili basato sul lavoro sinergico e partecipativo tra operatori sociali (o docenti nel caso del mondo della scuola) e giovani loro simili per età che sta prendendo piede anche da noi. Un modo di confrontarsi nuovo, che facilita la socializzazione, che esula dai tradizionali modus operandi nei quali assistenti adulti decidevano e, in un certo senso, “imponevano” le loro scelte ai ragazzi, informandoli sui rischi e sulle conseguenze del loro agire quale conseguenza di determinati comportamenti.

Questa nuova metodologia didattica, diffusasi negli Stati Uniti negli anni Settanta (ma utilizzata sistematicamente in Inghilterra già ai primi dell’Ottocento), è stata presentata di recente da Edo Carrasco, direttore della Fondazione il Gabbiano attiva nell’ambito della lotta al disagio giovanile, ai sindaci riuniti nel Cisl (Convivio dei sindaci del Locarnese). È lo stesso Edo Carrasco a esporci i punti forti di questa iniziativa che, di fatto, cancella quelli che sono i comprensibili e naturali timori reverenziali tra giovani e adulti favorendo un confronto libero, educativo e al tempo stesso creativo. «A Locarno – ricorda – da diversi anni la Città è attiva su più fronti con azioni mirate a favore dei giovani. Ricordo, come esempio, il progetto a suo tempo pionieristico dell’educatore di strada. In questi ultimi anni, complice anche la pandemia, le incomprensioni tra il mondo degli adulti e quello dei minorenni si sono, non di rado, acuite. Con l’aiuto di Giovanna Schmid, coordinatrice dei servizi sociali cittadini e dell’ex municipale di Locarno, Ronnie Moretti, abbiamo discusso e condiviso questo progetto che presenta un grande pregio: quello di favorire uno scambio d’idee, un confronto aperto di esperienze e una progettualità (nei più svariati campi, dalla musica all’arte) tra educatori e gruppi di ragazzi coi quali si sviluppa un legame di similarità proprio per l’assenza di un gap generazionale. Lo scambio di opinioni e la condivisione delle esperienze porta a una maturazione dei soggetti, che assumono così le proprie responsabilità, si riconoscono in ciò che fanno, sfruttano le conoscenze, hanno fiducia nel loro pari età che li ascolta, consiglia e valorizza accrescendo così la stima in loro stessi. L’operatore (peer educator, ndr) accoglie le richieste e i progetti, ne agevola lo sviluppo (annullando la distinzione tra formatore e destinatari) e li coinvolge restando “dietro le quinte”. In questo nuovo concetto educativo si realizzano prevenzione del disagio socio-relazionale, integrazione ed educazione, formando adolescenti promotori del proprio benessere».

Una visione regionale della problematica quale premessa di riuscita

Il tutto con una visione che non è più locale bensì regionale. I ragazzi infatti oggi si spostano e si muovono in continuazione dalla periferia ai centri e viceversa. Per questo occorre una lettura d’insieme e non più circoscritta della realtà. «Con grande piacere ho potuto constatare entusiasmo e adesione quasi unanime da parte dei sindaci al progetto esposto. Un progetto pilota che consentirà di portare avanti l’idea degli operatori sociali di prossimità», conclude Carrasco.

In attesa della rispondenza da parte dei Comuni della cintura urbana, la municipale e capodicastero di Locarno Nancy Lunghi confida nella piena adesione: «Il successo di questo progetto passa dal più ampio coinvolgimento dei Comuni. Più siamo, più sarà facile portare avanti questo nuovo approccio con 2 o 3 operatori di strada che si sposteranno ovunque nel comprensorio incontrando i soggetti, intercettandone i bisogni e monitorando la situazione. Grazie a questa strategia educativa il ragazzo non si rivolge più allo sportello d’ascolto ma dialoga liberamente con i suoi pari o con adulti dotati di particolare sensibilità dei quali si fida senza sentirsi giudicato o poco a suo agio. Proprio questo dialogo è il presupposto indispensabile per una politica giovanile efficace. Come Municipio siamo consapevoli di questa necessità. La pandemia ha lasciato il segno su molti adolescenti, costretti per lungo tempo a vivere segregati e ora obbligati a ricucire i rapporti con i loro coetanei e il mondo esterno».