Dopo la distruzione all’ex Macello le autorità sono reticenti. Silenzio non solo sull’autogestione, ma soprattutto sul modo in cui si usa il potere
Prima il silenzio stampa, come calciatori bizzosi dopo una partita storta. Ora al massimo qualche dichiarazione di circostanza, solo per ribadire che non si era capito bene cosa stesse succedendo. Il Municipio di Lugano continua a essere reticente sulla parziale demolizione dell’ex Macello, e con esso il Dipartimento delle istituzioni, responsabile della polizia. C’è un’inchiesta in corso, si dice: certo, ma al di là delle responsabilità legali, mancano le spiegazioni politiche. Spiegazioni che sollecitiamo non perché inebriati dall’autogestione, ma perché se le ruspe tirano giù un centro sociale in piena notte e all’improvviso, poi è ragionevole farsi venire qualche dubbio circa l’uso del potere e della forza. Senza moralismi: si vorrebbe solo capire chi ha deciso cosa, quanto ci sia stato di deliberazione e quanto d’improvvisazione. Sabato in piazza c’erano migliaia di persone, inclusi moderati e liberali. Non erano lì per rovesciare lo Stato, ma per difenderne il diritto e ottenere qualcosa in più dei “non sapevamo nulla”, degli “e allora le scritte sui muri?”, delle bocche cucite. Qualcosa come una risposta, ad esempio.