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‘Chi chiama esprime ansia e un senso d’instabilità’

La pandemia ha portato molte persone a contattare il Telefono amico. ‘Nei mesi di dicembre e gennaio i temi in relazione al Covid erano più negativi’

(Ti-Press)
13 marzo 2021
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‘Buongiorno Telefono amico’. Così inizia un momento di ascolto e sostegno. Sono molte le persone che in un frangente di difficoltà scelgono di rivolgersi all’orecchio attento dei volontari del Telefono amico, un servizio che in Ticino esiste da cinquant’anni e al quale le persone si affidano anche in questo periodo di pandemia, lasciando trasparire maggiore ansia e negatività verso il futuro. Domenica, inoltre, si festeggia la giornata nazionale dell’ascolto.

«L’obiettivo del servizio è accogliere la persona e sentire cos’ha da dire», ci spiega Claudia Cattaneo, responsabile delle pubbliche relazioni del Telefono amico Ticino e Grigioni italiano. «L’intento è di cercare di far sviluppare alla persona le proprie capacità per superare la difficoltà». Le telefonate con persone nuove durano circa mezz’ora o 45 minuti, per capire bene la situazione. Ce ne sono invece altre molto corte di persone che «ci telefonano più volte al giorno e hanno solo bisogno di sentire che c’è qualcuno, o di venire rassicurate più volte durante una giornata rispetto alla loro condizione», dice Cattaneo, che ricorda che il volontario di turno è tenuto comunque a non creare un’abitudine perché non si tratta di un servizio di compagnia.

Le motivazioni che spingono a comporre il 143 sono molteplici, ma in questo anno di Covid come sono cambiate? «La situazione in primavera era diversa rispetto a oggi. Il coronavirus era una novità per tutti ma sembrava dovesse durare poco», racconta Cattaneo. «Le telefonate sono aumentate molto in maggio e le persone erano spesso confuse rispetto alla grande mole di informazioni che ricevevano. Invece nei mesi di dicembre e gennaio i temi in relazione al Covid erano più negativi: meno prospettiva verso il futuro, più instabilità, più paura, più ansia. Inoltre si aggiungeva tutto il discorso sui vaccini, se arrivano, se è una buona idea farsi vaccinare».

L’anonimato è fondamentale

Indipendentemente dai temi, un aspetto fondamentale è l’anonimato. «Permette di essere liberi di esprimere quello che si vuole. Negli anni tutta la struttura di sostegno psicologico, psichiatrico e di sportelli d’aiuto è molto migliorata. Però a volte si cerca un ascolto anonimo e ciò è confermato dal fatto che il 143 è sempre cresciuto negli anni», riferisce Cattaneo che però ricorda che il servizio del Telefono amico non è una cura o una terapia. Nel 2019 i colloqui di aiuto sono stati 12’123 per la Svizzera italiana e più di 180mila in tutta la confederazione. Le consulenze online invece ammontano a 185, quasi 9mila il dato svizzero. Riguardo alla rappresentatività si nota una prevalenza di donne, il servizio telefonico viene usato principalmente dalla fascia d’età 41–65 anni. Oltre alla telefonata, è possibile contattare il 143 anche via chat, servizio maggiormente utilizzato dalle persone fra i 19 e i 40 anni, con una percentuale alta anche tra gli adolescenti.

«La chat, anch’essa anonima, è all’ascolto tramite la scrittura. Il volontario non può gestirne diverse in un unico momento», spiega la responsabile delle pubbliche relazioni. Riguardo al servizio telefonico il 143 ha due linee, se il volontario è occupato con la prima e arriva una seconda chiamata, mette in pausa quella in corso per valutare la situazione dell’altra persona. Poi decide se far richiamare più tardi o concludere col primo chiamante. I turni infatti sono svolti da una persona alla volta. Attualmente i volontari per la Svizzera italiana sono 46 e svolgono turni diurni di 4 ore e notturni di 8 e non sono professionisti della salute mentale. Per questo motivo è importante un corso di formazione «dove vengono preparati ad affrontare un colloquio di aiuto nel rispetto dell’anonimato e imparano a gestire le proprie emozioni», riferisce Cattaneo.

«Trovare volontari è complicato un po’ come in tutte le associazioni, però ci riusciamo. Alcuni non portano a termine la formazione perché l’idea che avevano della mansione non ricopre le loro aspettative – dice Cattaneo –. Per esempio molti credono che ci sia una forte presenza di telefonate a tema suicidio. In realtà la maggior parte sono legate alla gestione di questioni più quotidiane». A livello di organizzazione ci sono alcune difficoltà legate alle donazioni, che nel periodo Covid sono diminuite. «Stiamo perdendo alcuni donatori e se qualcuno volesse sostenerci finanziariamente lo apprezzeremmo molto. Si può fare direttamente dal sito tramite banca o posta».