Gobbi spiega le ragioni che hanno portato ad adeguarsi alle disposizioni federali. I gestori degli impianti: ‘c'è grande incertezza’
Non più terrazze aperte sulle piste da sci. Lo ha deciso ieri il Consiglio di Stato. Il tema, stando ad alcune testate svizzero tedesche, avrebbe scaldato gli animi a Berna. «Per evitare una crisi in un momento delicato, che ci conduce e ci condurrà verso allentamenti delle misure di protezione, abbiamo deciso di adeguarci alle disposizioni federali», afferma il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi.
Il governo federale avrebbe usato toni forti nei confronti dei Cantoni, arrivando addirittura, secondo il ‘Blick’, a minacciare di non elargire aiuti per i casi di rigore, questo se non fosse stato accettato di chiudere le terrazze. «A nostro modo di vedere si tratta di una ‘fake news’», dice Gobbi. «Per poter sanzionare occorre una base legale, cosa che ovviamente non è data».
Secondo Norman Gobbi si è trattato di una «decisione congiunta adottata dai sei Cantoni che permettevano l'utilizzo delle terrazze (oltre al Ticino: Uri, Svitto, Nidvaldo, Obvaldo e Glarona, ndr)». Ma non manca il disappunto: «Rimango convinto che le terrazze fossero una soluzione intelligente davanti alla possibilità, decisa da Berna, di tener aperte le piste da sci». Per questo motivo il Consiglio di Stato ha fatto valere le proprie ragioni durante i colloqui con la Confederazione, in particolare la convinzione che «la regolamentazione di questi spazi rientra nelle disposizioni previste dai piani di protezione per i comprensori sciistici e quindi di competenza dei Cantoni».
Sul tema prende posizione anche l'Udc che scrive in una nota: “Si comprende la volontà di evitare attriti tra i governi cantonali e il Consiglio federale, ma la decisione odierna non fa altro che dare forza alla strategia incoerente e arbitraria del Consiglio federale nella gestione della pandemia”.
Per i gestori delle piste da sci, l'annuncio di ieri mette in grande difficoltà: «Non contesto le ragioni che hanno portato a questa decisione, ma le modalità», ci spiega Gabriele Gendotti, presidente della Nuova Carì Sagl. «Noi abbiamo quaranta dipendenti e da lunedì dovremo lasciare a casa alcuni di loro». Decisioni che arrivano all'ultimo momento e che lasciano dubbi anche sugli aiuti: «C'è molta confusione. Una volta ci dicono che abbiamo diritto a un certo tipo d'indennità, un'altra che non è così. È difficile gestire un'azienda in questo modo. Siamo costretti a navigare a vista».
Non sarà più possibile utilizzare le terrazze, ma le piste rimarranno aperte e le persone consumeranno comunque i pasti offerti dal servizio di take away. «L'utilizzo delle terrazze è un sistema efficace per gestire con più ordine i clienti», ci dice Matteo Milani, presidente degli Amici del Nara Sa. «Le persone acquistano il cibo e si siedono ordinatamente ai tavoli sui quali non sono ammesse più di quattro persone. È una situazione controllata. Più difficile è tenere la gente sotto controllo quando si assembra e si sposta in uno spazio libero».
A pensarla in maniera differente è Virginie Masserey, responsabile della Divisione malattie infettive dell’Ufficio federale della sanità pubblica. «Quando le persone si riuniscono come su una terrazza [...], sono più vicine e si muovono maggiormente», pertanto questi incontri aumenterebbero il rischio d'infezione. È meglio, aggiunge Masserey, «che le persone si sparpaglino un po' e si tengano a distanza, invece di riunirsi su una terrazza». Ed è anche una questione di equità verso gli altri ristoranti che non possono aprire i loro patii: «Ecco perché tutti dovrebbero rimanere chiusi».