Due uomini sono accusati di truffa per 660'000 franchi, un terzo per complicità per circa la metà del denaro. È il maggior caso di questo tipo in Ticino
Circa 660'000 franchi. Questo l'importo che il procuratore pubblico Daniele Galliano contesta a un 47enne italiano e a un 51enne ticinese, a giudizio oggi alle Assise criminali di Lugano per la più grande sospetta truffa legata ai crediti speciali concessi dalla Confederazione per combattere la pandemia in Ticino, la seconda per entità di questo genere in Svizzera. L'imputato principale, il 47enne, era rispettivamente amministratore unico e membro del Consiglio d'amministrazione di due società luganesi, mentre il 51enne svolgeva l'attività di fiduciario. Alla sbarra anche un terzo imputato: un 67enne pensionato luganese, accusato di complicità in truffa per un importo di 360'000 franchi in quanto contabile di una società presso la quale si appoggiavano gli altri due indagati.
I fatti risalgono all'inizio della pandemia, a marzo, e sono emersi a inizio luglio. Gli imputati sono sospettati di aver fornito informazioni false al fine di ottenere due cosiddetti crediti Covid. Il denaro ottenuto sarebbe poi stato utilizzato per scopi estranei da quanto stabilito dall'Ordinanza sulle fideiussioni solidali e in particolare per far fronte a spese personali, come auto o orologi di lusso. Nello specifico, il 47enne – che lavorava tra Dubai, Arabia Saudita ed Egitto, utilizzando la Svizzera come punto d'appoggio «per organizzare gli affari» – commerciava con mascherine e guanti di lattice, gonfiando tuttavia il fatturato per ottenere prestiti maggiori.
Il 47enne è difeso dagli avvocati Nadir Guglielmoni e Walter Zandrini, il 51enne da Fabio Käppeli e Sandra Xavier, mentre il pensionato da Raffaele Caronna. A presiedere la Corte invece è il giudice Amos Pagnamenta.