Svizzera

Coronavirus, 'segnali positivi, ma non abbassate la guardia'

Stefan Kuster, capo ufficio malattie trasmissibili: 'C'è una certa stabilizzazione, ma non un'inversione'. Molti cantoni Svizzeri tra i più toccati d'Europa

Stefan Kuster (Keystone)
10 novembre 2020
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«In generale siamo ottimisti. I segnali vanno nella direzione giusta, ma dobbiamo riuscire a diminuire i casi giornalieri per evitare di mettere troppo sotto pressione gli ospedali». Con altri 100 decessi in 24 ore e con quasi 6'000 nuovi contagi, oggi la giornata sul fronte Coronavirus in Svizzera sembra rimanere grave, pur mostrando segni di una certa stabilità. A confermarlo è Stafan Kuster, capo della sezione malattie trasmissibili dell'Ufficio federale della sanità pubblica durante l'incontro con la stampa a Berna.

«Constatiamo che i nuovi casi e le ospedalizzazioni rimangono alte – ha commentato Kuster –. Tuttavia constatiamo pure una tendenza a un rallentamento nell'aumento dei casi e, probabilmente, si può ipotizzare una stabilizzazione. Per togliere pressione al sistema sanitario è però necessario che le cifre diminuiscano». E allo stato attuale «è troppo presto per parlare di inversione di tendenza. Speriamo tuttavia che quanto stiamo vedendo sia un primo segnale dell'efficacia delle misure prese dal Consiglio federale e dai cantoni». Ad essere calato è invece il tasso di riproduzione del virus, aggiornato al 30 ottobre: «È al 1,05 e non era così basso da mesi. Rimane comunque sopra l'1, per cui non si può parlare di una diminuzione della sua diffusione».

La tendenza all'appiattimento della curva, aggiunge Kuster, è visibile anche a livello cantonale, con la circolazione del virus che rimane comunque problematica soprattutto in Romandia.

Ospedali sempre a rischio saturazione

«Attualmente nessuno degli indicatori mostra una netta diminuzione che sarebbe necessaria per un rallentamento dell'epidemia e molte regioni più toccate in Europa si trovano in Svizzera», ha avvertito dal canto suo la presidente della task force scientifica Samia Hurst. Certo «si sta evidenziando un certo rallentamento della crescita, ma non una diminuzione decisa come sarebbe necessario per evitare di mettere sotto pressione gli ospedali. Se i ricoveri in cure intense dovessero proseguire con il ritmo attuale, con un raddoppio ogni 10 giorni, i posti certificati verrebbero saturati entro metà novembre, con i limiti locali che potrebbero essere sorpassati anche prima», costringendo i curanti a livello cantonale e regionale «a dover decidere chi ricoverare in cure intense e chi no».

Vaccino: 'Buona notizia, ma mancano i dati'

L'efficacia (al 90%) del vaccino di Pfizer sui giovani adulti «è una buona notizia, e non se ne sono viste molte in questi mesi», ha aggiunto Hurst. Tuttavia - ha avvertito – non bisogna farsi prendere dall'euforia: «Serve comunque prudenza dal momento che mancano ancora tutti i dati della ricerca e la comunità scientifica non può quindi pronunciarsi sulla sicurezza del farmaco. Nel mentre è essenziale non abbassare la guardia: la situazione pandemica rimane comunque grave».

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