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Gli asintomatici? Circa il 20%. E potrebbero non essere sani

I dati a disposizione, andando oltre i rassicuranti, ma pericolosi, ‘il 95% neanche se ne accorge’

Sintomi? Quali sintomi?
31 ottobre 2020
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Le persone infettate dal nuovo coronavirus e che non sviluppano sintomi sono circa il 20% dei contagiati: questa è la stima al momento più credibile, frutto di una meta-analisi, ovvero uno studio che analizza e raccoglie le singole ricerche. Nello studio, pubblicato su Plos Medicine lo scorso settembre, vengono presi in considerazione 79 studi per un totale di oltre seimila pazienti, e la conclusione dei ricercatori è appunto che circa un contagiato su cinque non sviluppa sintomi, per quanto vi siano forti divergenze tra le varie ricerche prese in considerazione. La stima del 20% è peraltro in linea con i risultati di alcuni studi sierologici: quello condotto in Italia dall’Istat ha rilevato una percentuale di asintomatici del 27,3, mentre le ricerche effettuate in Ticino e nel comune di Vo’ in Veneto sono intorno al 40 per cento.

Siamo comunque ben lontani da quel “95% di asintomatici” diventato popolare tra chi cerca di rassicurare le persone correndo tuttavia il rischio di minimizzare la gravità della pandemia.

Asintomatici, presintomatici, paucisintomatici

Alla base di questa confusione c’è una certa ambiguità nella definizione di “asintomatico”: chiaramente si parla di una persona priva di sintomi, ma non è semplice chiarire quali, e quanto gravi, debbano essere i sintomi per rendere un paziente sintomatico. La parola è stata ad esempio usata da un politico italiano per riferirsi ai malati non ricoverati, come se una persona a casa con febbre e difficoltà respiratorie, per fortuna non tali da richiedere l’ospedalizzazione, si potesse considerare “priva di sintomi”. Al di là di questi casi estremi, spesso si fa confusione tra chi non presenta i sintomi al momento del tampone, ma li sviluppa successivamente, e chi proprio non ne ha, o ne ha di leggeri, anche dopo. Si confondono insomma asintomatici (chi non ha sintomi), presintomatici (chi non ha ancora sintomi ma li svilupperà in seguito) e paucisintomatici, cioè chi ha sintomi leggeri e che magari ha attribuito a un raffreddore. Se guardiamo le definizioni dell’Ecdc (European Centre for Disease Prevention and Control), asintomatico è una persona risultata positiva a un test di laboratorio che non ha sviluppato alcun sintomo nei 14 giorni successivi all’esposizione o nei 7 successivi al test, mentre presintomatico è chi non ha sintomi al momento del test ma li sviluppa nella settimana successiva. È quindi chiaro che non è possibile sapere, al momento del test positivo di una persona senza sintomi, se si ha a che fare con un presintomatico oppure con un asintomatico. Alcune istituzioni, come il già citato Ecdc o i Cdc statunitensi, prevedono in determinate condizioni di testare anche i non sintomatici se sono stati a stretto contatto con persone positive: una strategia, dove applicata, che può aumentare la percentuale di asintomatici rilevati.

Senza sintomi, ma con rischi (per sé e gli altri)

Non è tuttavia un problema solo di numeri e definizioni, perché chi spara certe percentuali lascia intendere che essere asintomatici o paucisintomatici sia sinonimo di salvezza, per sé stessi e gli altri. Alcuni studi, tra cui uno condotto sui passeggeri della nave da crociera Diamond Princess e un altro sui pazienti di Wuhan, hanno trovato opacità polmonari anche nei pazienti senza sintomi. Gli asintomatici non sembrano neanche essere completamente al riparo da conseguenze a livello cardiaco, alla faccia del “nel 95% non ha nessun impatto sulla salute”.

C’è poi la questione della contagiosità, perché anche ammesso che solo il 5 per cento delle persone si ammali gravemente, è nell’interesse di tutti che si tratti del 5 per cento di chi si è contagiato, non di tutta la popolazione: si tratterebbe, ma sono i classici conti sul retro di una busta, di 385 milioni di persone nel mondo e 425mila in Svizzera – persone la cui malattia, temporanea o a lungo termine, causerebbe anche conseguenze economiche e sociali.

Le persone senza sintomi sono contagiose? La fase di massima contagiosità risulta essere nei giorni immediatamente precedenti l’apparire dei primi sintomi: i presintomatici sono quindi un tassello importante nella diffusione del virus; per questo è importante isolare i casi sospetti.

Sul ruolo degli asintomatici, cioè di chi non svilupperà mai sintomi, non vi sono ancora conclusioni sicure, ma pare che giochino un ruolo di secondo piano. Ma, non potendo sapere in anticipo se una persona è pre- o asintomatica, dal punto di vista della prevenzione non ha molta importanza.

In conclusione, i non sintomatici sono molti meno di quel che alcuni sostengono, possono comunque presentare problemi di salute e rischiano comunque di diffondere la malattia.

Le informazioni presenti nell’articolo sono state riviste dal comitato scientifico della Fondazione IBSA per la ricerca scientifica.