Dopo la riforma fiscale e le misure per la socialità arriva il si anche ai 19 milioni per la diminuzione degli allievi per classe alle medie e altre modifiche
Dopo la riforma fiscale e il pacchetto per la socialità già varati dal parlamento, oggi è stato il turno del terzo pilastro che regge l'accordo di governo trovato dal Consiglio di Stato nel luglio dell'anno scorso: i miglioramenti per la scuola. Il via libera quasi unanime del Gran Consiglio dà quindi l'ufficialità a varie misure che riguardano la scuola dell'obbligo. Alle medie si va dalla diminuzione del numero massimo di allievi per classe a 22, all'introduzione (già avvenuta per le prime) di due ore di laboratorio di italiano in prima, di matematica in prima e seconda, di tedesco in seconda media. Per le scuole dell'infanzia ed elementari niente riduzione come inizialmente previsto dal messaggio governativo, ma sì al docente d'appoggio nelle prime al 50 per cento per ogni sezione a partire da 21 allievi, nelle seconde sempre a metà tempo a partire da 23 allievi nelle sezioni monoclassi. Nelle biclassi, invece, viene introdotto a partire da 21 allievi. Questo, in soldoni, è il compromesso trovato dalla Commissione parlamentare formazione e cultura all'unanimità. Il tutto, beninteso tranne i laboratori, sarà in vigore a partire dal prossimo anno scolastico. Il costo, a regime, sarà di 19 milioni.
Risultato, spiega il correlatore Raoul Ghisletta, «di un lungo e faticoso lavoro politico e tecnico per trovare consenso su una serie di misure che migliorerà sensibilmente equità, inclusione e uguaglianza nella scuola dell'obbligo in Ticino. Dopo la bocciatura della sperimentazione del progetto ‘La scuola che verrà’, questo è un passo importantissimo: abbiamo sudato sette camicie, siamo felici di averlo portato a compimento».
La correlatrice popolare democratica Maddalena Ermotti-Lepori ricorda come con le ore di laboratorio in più «si dà una risposta alla mozione presentata da Maristella Polli e Luca Pagani sei anni fa, con un risultato che permetterà di migliorare concretamente la scuola dell’obbligo: è cruciale investire su formazione superiore e università, ma ciò presuppone un’ottima scuola dell’obbligo, che permetta a ognuno di dare il meglio di sé e che lo motivi a continuare a farlo. Il messaggio presentava alcune criticità come il docente d’appoggio cantonale e la diminuzione degli allievi delle elementari a 22, il rischio era un eccesso di rigidità. Il nostro rapporto tiene conto delle consultazioni e delle preoccupazioni dei Comuni. Ognuno di noi ha accettato un compromesso, nel senso nobile del termine».
Un entusiasmo smorzato dal correlatore della Lega Michele Guerra, per il quale «non votiamo una panacea, non risolviamo problemi della scuola, assolutamente no. Questa proposta non va in profondità, non attua una riforma tanto necessaria, ma c’è un ma. Si tratta comunque, perlomeno, di un miglioramento piccolo piccolo, ma almeno concreto». Di difetti la proposta originale per Guerra «ne aveva molti. Oggi ne ha molti meno. Una delle nostre richieste è stata il ridurre il grado di imposizione cantonale sui Comuni, con la condizione che avremmo sostenuto il rapporto solo se non vi fosse stata un'opposizione dell'Associazione dei Comuni ticinesi. Ci siamo riusciti».
L'ultimo correlatore a prendere la parola, Alessandro Speziali (Plr), annota come «l’istruzione è patrimonio comune, e mi piace pensare che il sostegno convinto di tutta la commissione e Gran consiglio ne sia il suggello. Abbiamo dovere di offrire la miglior scuola possibile alle nuove generazioni. E mi piace ricordare che la formazione è l'arma piu potente a nostra disposizione per affrontare un mercato del lavoro sempre piu tecno-liquido». Speziali rileva come «la scuola pubblica non è in sfacelo, ma ci chiede un miglioramento: oggi la classe è un microcosmo sociale molto piu complesso rispetto a qualche tempo fa». E ammettendo che «la diminuzione generalizzata degli allievi alle comunali subito ci ha trovato scettici», riconosce che «la figura del docente di appoggio che rimane di nomina comunale ci pare ragionevole. È molto positivo che il Decs si sia dimostrato permeabile a nuove soluzioni, un cenno di apertura politica e pedagogica che speriamo di poter avere ancora». Infine, per Speziali, «specifici laboratori in italiano, matematica e tedesco potenzieranno un insegnamento calibrato così come la diminuzione del numero massimo di allievi. Non siamo al cospetto di una rivoluzione copernicana, ma stiamo per votare una misura che darà un insegnamento il piu vicino possibile ai talenti e bisogni dei giovani».
L'intervento di Guerra non è passato inosservato alle orecchie di Daniela Pugno Ghirlanda (Ps), secondo la quale «non è un miglioramento piccolo piccolo come detto, è un passo importante. E realizzerà misure essenziali: una è la maggior presenza del docente di appoggio nella scuola d’infanzia ed elementare» e a quelle di Michele Foletti. Il capogruppo leghista, infatti, rende pubblico che sia l'Associazione dei comuni ticinesi sia l'Ente regionale per lo sviluppo del Luganese hanno inviato una missiva nella quale annotano come «il fatto di non opporsi non significa appoggiare, e le decisioni del Gran consiglio non potranno essere considerate decisioni acquisite sulle quali non sia possibile tornare».
Tornando al tema prettamente ‘scolastico’ si registra l'appoggio convinto dei Verdi, con Cristina Gardenghi a «vedere di buon occhio la diminuzione e l'introduzione di un docente d'appoggio comunale. Il risultato uscito dalla commissione è un grande esercizio di collaborazione e concertazione. Pur nei limiti di un sistema scolastico vecchio che andrebbe smontato e rimontato accuratamente pezzo per pezzo in una nuova struttura».
Non sprizzava entusiasmo da tutti i pori il capogruppo Udc Sergio Morisoli nel «dare l'appoggio convinto al rapporto commissionale, perché ho fatto molta fatica a non presentare un rapporto di minoranza. Ma alla fine un segnale di pace val bene un sì unanime». A Morisoli, soprattutto, «spiace constatare che a due anni di distanza da ‘La Scuola che verrà’ non ci sia ancora progetto globale di riforma della scuola dell'obbligo che affronti in modo sistematico e organico sia i contenuti della scuola stessa, sia i metodi d insegnamento, sia l’organizzazione operativa. Si constata purtroppo che oltre singole misure marginali non vi sia nulla all’orizzonte». Ma se c'è scetticismo «sull’approccio quantitativo e aritmetico per definire la diminuzione degli allievi e per imporre il docente d’appoggio» c'è «soddisfazione per la decisione di escludere l’imposizione di queste misure alle scuole private».
Tamara Merlo (Più donne) considera il tutto «un passo avanti, ma avrei preferito una seria riduzione di allievi per classe». Lea Ferrari (Pc) è dell'opinione che «la commissione ha un po' pasticciato, rinunciando a ridurre gli allievi alle scuole dell'infanzia ed elementari». Bocciatura solenne dal Movimento per il socialismo, con Angelica Lepori Sergi che contesta come «o si scende radicalmente sotto i 20 allievi o differenze sostanziali non ce ne sono, e non ce ne saranno nei prossimi anni».
È evidente la soddisfazione del direttore del Decs Manuele Bertoli nel dire che «oggi è un giorno di festa, soprattutto per gli allievi». E aggiunge: «Questa operazione finalmente va in porto. Magari molti di noi speravano di ottenere di più, e posso mettermi tra questi. Ma credo sia importante fare passi avanti con una larga condivisione dentro e fuori dal parlamento. Spero sia l'inizio di un nuovo ragionamento attorno alla scuola, che ha bisogno di un sostegno corale». In passato, riprende Bertoli, «forse si è pensato troppo al settore universitario e poco alla scuola dell'obbligo: questi investimenti sono da salutare con entusiasmo». Il direttore del Decs replica anche a Lepori Sergi, ricordando come «è vero, il numero medio di allievi è 20-21, ma abbassando il numero legale da 25 a 22 si abbasserà anche il numero medio» e a Foletti. L'autonomia comunale in ambito scolastico, afferma, «è già largamente data, ma all'interno di un quadro ben definito in cui le condizioni quadro, come quelle che decidiamo oggi, sono importanti, perché sono di qualità e quantità. Questi criteri non devono essere visti come la volontà di andare a calpestare i diritti dei Comuni, ma come volontà di alzare l'asticella»