Il consigliere agli Stati ticinese ha accettato la proposta della Commissione cerca. L'assemblea si terrà il prossimo 22 agosto a Brugg
Da vicepresidente a presidente. Sarà il ticinese Marco Chiesa a guidare l'Udc nazionale. Un anno dunque politicamente da incorniciare per lui, dopo che lo scorso novembre ha ottenuto la brillante elezione al Consiglio degli Stati, risultando addirittura il candidato ticinese con il maggior numero di voti raccolti. Il lavoro della Commissione 'cerca' democentrista è quindi finito con la decisione di chiedere alla Direzione del partito di sottoporre all'Assemblea dei delegati, convocata a Brugg il 22 agosto, il nome unico di Chiesa quale successore del presidente dimissionario Albert Rösti. Nel comunicato della 'Cerca' presieduta da Caspar Baader si legge che "fin dall'inizio del processo di selezione era uno dei candidati preferiti dalla commissione, ma, a fine febbraio, ha declinato". Il lavoro come direttore dell'Opera Mater Christi di Grono "escludeva un suo ulteriore impegno quale presidente dell'Udc". Ma tutto cambia nella vita, "e nel frattempo ha dato le dimissioni per intraprendere un nuovo orientamento professionale". Dimissioni rassegnate a metà luglio.
«Rösti aveva dichiarato alla Nzz che fare il presidente del partito è il compito più bello che ti possa capitare. Non so se abbia detto tutta la verità… lo verificherò strada facendo». Ride Chiesa, contattato dalla ‘Regione’. La commissione cerca, aggiunge, «ha lavorato molto bene: c’erano persone ritenute pronte ad assumere la carica, altre che si erano messe a disposizione ma che sono state considerate non ancora pronte e i due candidati ufficiali», ovvero i consiglieri nazionali Andreas Glarner (Argovia), che secondo il Blick avrebbe ritirato intanto la propria candidatura, e Alfred Heer (Zurigo). Per finire la scelta della 'cerca' è caduta su Chiesa. Il quale a fine febbraio aveva però declinato l’invito. Cosa gli ha fatto cambiare idea nel frattempo? «Dovevo dapprima decidere il mio futuro professionale, e poi il fatto di aver ricevuto il sostegno della famiglia - spiega Chiesa -. Inizialmente mia moglie era piuttosto critica, temeva di non vedermi più a casa per via degli impegni politici accresciuti in caso di elezione a presidente. È stata però contattata da esponenti del partito a più riprese, che l’hanno convinta. Del resto il sostegno della famiglia è importante, determinante per svolgere al meglio e con serenità un mandato come quello che mi appresto ad assumere». Il 27 settembre il primo banco di prova per lui, cioè la votazione popolare sui Bilaterali. Come vivrà Chiesa questo mese di campagna in vista delle urne? «Con grandissima passione, la stessa che ho messo per 'Prima i nostri!'. Parlerò dell’esperienza in Ticino per far capire quanto sia importante gestire l’immigrazione. Quella del voto del 27 settembre è una delle sfide che mi motivano e che mi hanno portato ad accettare la presidenza del partito». E i rapporti con la Lega? «Ero già un loro interlocutore, a maggior ragione lo sarò come presidente. Ci sono e ci saranno moltissimi temi sui quali lavoreremo insieme».
Comprensibile l’entusiasmo del presidente cantonale e consigliere nazionale Piero Marchesi. Con una «premessa d’obbligo: se l’Udc in Ticino avesse comunque lavorato bene ma non avesse avuto la persona giusta non avremmo ottenuto questo risultato». Ciò detto, «va dato merito a Chiesa di essere cresciuto in questi anni, di essersi fatto apprezzare come vicepresidente nazionale e senza dubbio l’ultima votazione che lo ha visto il ticinese più votato per gli Stati ne è la prova». Ma quanto è stata importante la progressione a livello cantonale per questa importante nomina? «Il Ticino è uno dei pochi cantoni dove siamo cresciuti nelle ultime elezioni federali e cantonali. Anche la nostra considerazione nel partito nazionale è cambiata nettamente nel corso dell’ultimo anno, siamo stati apprezzati e ci ha fatto molto piacere». E l’orgoglio «per il risultato ottenuto da un collega di partito e un amico» c’è tutto: «Una commissione cerca dell’Udc nazionale che propone come candidato unico alla presidenza un ticinese soltanto due anni fa sarebbe stato uno scenario impensabile».