Nel mondo superati i 160mila morti, oltre 2 milioni e 330mila i casi confermati a livello internazionale, quasi 600mila le persone guarite.
Hanno superato quota 160'000 i morti provocati dal coronavirus a livello globale: è quanto emerge dall'ultimo bollettino della Johns Hopkins University, secondo cui nel mondo finora i decessi sono 160'917 a fronte di un totale di 2'330'259 di casi confermati. Le persone guarite sono 598'228. Negli Stati Uniti il numero dei morti è a quota 39'089 a fronte di 735'242 contagi, rispettivamente il 24,3% e il 31,5% del totale.
Il coronavirus ha colpito in modo molto diverso le varie regioni del paese: in Ticino il tasso di mortalità è di 53,5 decessi ogni 100'000 abitanti, il doppio della Romandia e otto volte tanto rispetto alla Svizzera tedesca. Questo spiega anche il diverso approccio alle misure decretate dal Consiglio federale, afferma il SonntagBlick.
In Ticino, dove risiedono 350'000 abitanti, pari a circa il 5% del totale della popolazione, i decessi rappresentano il 17% delle vittime registrate a livello nazionale. I cantoni francofoni totalizzano il 26% della popolazione svizzera, ma ben il 49% dei decessi, stando alle cifre dell'Ufficio federale della sanità pubblica. Le vittime registrate nelle regioni di lingua tedesca (60% della popolazione) invece sono il 34%. Calcolata in base al numero di abitanti, la mortalità a sud delle Alpi è di 53,5 decessi ogni 100'000 abitanti, in Romandia di 24,7, mentre nella Svizzera tedesca è solo del 6,2, un tasso simile a quello registrato in Germania e Austria.
I confronti tra i diversi Paesi e le regioni svizzere vanno presi con cautela, perché i dati non vengono raccolti allo stesso modo e non sempre vengono effettuati test Covid-19 dopo la morte, spiega il domenicale. Ad esempio, i cantoni di Ginevra e Berna eseguono un'autopsia in casi sospetti, Zurigo e Ticino no.
Il numero di test effettuati però da solo non spiega queste differenze. È chiaro che il virus ha colpito in maniera molto diversa, aggiunge il SonntagsBlick che ha interrogato alcuni specialisti sull'opportunità di adattare maggiormente le misure di protezione in base alla situazione delle singole regioni. Andreas Cerny, esperto in malattie infettive, direttore dell'Epatocentro alla Clinica Moncucco e professore all'Università di Berna, si dice favorevole e spera che il Ticino continui a seguire l'esempio della Lombardia, dove la serrata è ancora in vigore, e non il piano di uscita di Berna. Olivia Keiser dell'Università di Ginevra è più critica: "Sarebbe difficile comunicare e mettere in pratica le misure se ogni cantone andasse per la sua strada. Inoltre, vi è il pericolo che diverse misure diverse aumentino la mobilità tra le regioni."
Secondo Keiser, il fattore tempo ha giocato un ruolo decisivo nel diverso tasso di mortalità: "In Ticino e nella Svizzera romanda l'epidemia è iniziata prima. La Svizzera tedesca aveva quindi un vantaggio" e le misure di protezione hanno evitato danni maggiori. Il Ticino inoltre è fortemente influenzato dalla vicinanza con la Lombardia e ha una popolazione è più anziana che nel resto della Svizzera, quindi più a rischio.
A Vaud e Ginevra però il numero di anziani non è superiore alla media, quindi non si spiega come mai la mortalità sia più elevata. "Vorremmo avere una risposta, non lo sappiamo con certezza", ha ammesso Jacques-André Romand, medico cantonale di Ginevra che ha abbozzato un'ipotesi. "Molti ginevrini hanno radici italiane e mantengono stretti contatti con il nord Italia", quindi è possibile che il virus sia stato introdotto da oltre confine. Probabilmente anche il carattere internazionale della città di Calvino è stato un fattore determinante, così come il traffico di confine con la Francia.