Svizzera

Coronavirus: secondo decesso in Svizzera

Un paziente è morto all'ospedale cantonale di Liestal, nel Canton Basilea Campagna. Ma gli svizzeri non cedono al panico

8 marzo 2020
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La Svizzera ha un secondo caso di decesso per coronavirus: un uomo di 76 anni è morto all'ospedale cantonale di Liestal (BL), soffriva di una malattia cardiaca cronica. La Confederazione, dove i casi di contagio sono saliti a quasi 300, guarda intanto a sud, cercando di capire la portata delle misure decise dal governo italiano per limitare il diffondersi del coronavirus e le ripercussioni che avranno al di qua del confine. Berna si è attivata ed è in contatto con Bellinzona.

La notizia della seconda vittima è giunta nel pomeriggio. Anche in questo caso si tratta di una persona anziana già gravemente malata: aveva di recente avuto un infarto ed era afflitta da diabete di tipo 2 e pressione alta, ha precisato alla stampa il primario dell'ospedale basilese Jörg D. Leuppi.

Nel frattempo stando all'ultimo bilancio (domenica ore 12.00) diffuso dall'Ufficio federale della sanità pubblica (Ufsp), i casi confermati di coronavirus in Svizzera sono pari a 281. Rispetto a 24 ore prima ve ne sono 53 in più. Il totale delle persone risultate positive alle analisi è invece di 332.

Oltre 4000 persone sono state nel frattempo testate con esito negativo. Stando ai dati Ufsp il Ticino è cantone in assoluto più colpito dal morbo: con 26 casi confermati e altre 32 in attesa di conferma, per un totale di 58. Nei Grigioni i rispettivi numeri sono 12, 5 e 17.

Il decreto italiano genera confusione

Intanto a preoccupare la popolazione, soprattutto nella Svizzera italiana, è anche il decreto con cui nella notte il presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte ha limitato le possibilità di movimento nell'intera Lombardia e in quattordici province di Veneto, Emilia Romagna, Piemonte e Marche sono ancora tutte da verificare.

"Il Consiglio federale segue da vicino gli sviluppi in Italia", ha affermato in mattinata in un tweet il portavoce dell'esecutivo André Simonazzi. Il governo "è in contatto con le autorità ticinesi e italiane per valutare costantemente la sua risposta a questi eventi", ha aggiunto.

Nel tardo pomeriggio la Farnesina ha pubblicato una nota relativa al decreto del governo italiano, nella quale precisa che "le limitazioni introdotte oggi non vietano gli spostamenti per comprovati motivi di lavoro. Salvo che siano soggetti a quarantena o che siano risultati positivi al virus, i transfrontalieri potranno quindi entrare e uscire dai territori interessati per raggiungere il posto di lavoro e tornare a casa".

Ffs viaggiano, Centovallina no

La confusione non risparmia neppure l'esercizio dei mezzi pubblici. Le Ffs già stamane hanno precisato che i treni fra i due paesi circolano comunque secondo orario: "le autorità italiane non hanno ordinato alcuna limitazione del traffico ferroviario transfrontaliero".

Diversa la reazione delle Ferrovie e Autolinee Regionali Ticinesi (Fart), che da stamattina hanno modificato l'attività dei treni della "Centovallina": i convogli - , che solitamente collegano Locarno a Domodossola (I) - circolano solo in territorio elvetico. "A fronte del decreto presidenziale emanato in data odierna il traffico internazionale sulla nostra linea ferroviaria è interdetto fino a nuovo avviso", si legge sul sito delle FART.

Per il momento nessun provvedimento, oltre alla distribuzione dei volantini informativi voluto dall'UFSP, è stato adottato alle dogane fra Ticino e Italia, ma non è chiaro cosa decideranno nelle prossime ore le autorità.

Udc chiede stop lavori Parlamento

L'ondata di incertezza che da Sud delle Alpi si sta propagando verso Nord raggiunge anche la Berna federale. Il capogruppo dell'Udc Thomas Aeschi ha chiesto che la sessione primaverile delle Camere venga interrotta per almeno una settimana.

In una mozione d'ordine presentata oggi all'Ufficio del Consiglio nazionale Aeschi auspica l'immediato stop ai lavori parlamentari e una eventuale ripresa solo il lunedì successivo, 16 marzo, dopo un'attenta valutazione dei rischi.

In rapporto alla popolazione "la Svizzera figura al sesto posto fra i paesi più toccati dall'epidemia, dopo Corea del Sud, Italia, Iran, Cina e Bahrain", afferma il consigliere nazionale di Zugo in dichiarazioni riportate da Blick online. Il 41enne ricorda fra l'altro che la Confederazione invita a mantenere una distanza di 2 metri fra le persone: impossibile farlo al Nazionale.

L'Ufficio del Nazionale si riunirà domani alle 13. Se non accoglierà la mozione d'ordine questa sarà ripresentata al plenum. Da parte sua il presidente del Consiglio degli Stati Hans Stöckli ha detto che al momento non vi sono motivi per interrompere la sessione: farlo sarebbe a suo avviso un cattivo segnale riguardo al funzionamento delle istituzioni.

Svizzeri tranquilli

Gli svizzeri non sembrano peraltro avere troppa paura, almeno stando a un sondaggio pubblicato oggi dal SonntagsBlick. Il 67% del campione (1074 persone di tutto il paese, interrogate fra martedì sera e venerdì di questa settimana) ritiene di non essere personalmente minacciato dall'epidemia o di esserlo molto poco. Il 24% considera la minaccia media, mentre solo l'8% pensa che sia grave o molto grave. Fra le persone più anziane la paura è un po' più diffusa.

La gestione della crisi da parte delle autorità federali ottiene buoni voti: l'87% si dice sufficientemente informato sul coronavirus da parte dell'UFSP e solo l'8% è di parere opposto. Il divieto promulgato dal Consiglio federale di eventi con oltre 1000 partecipanti è considerato una misura adeguata dal 76% degli interpellati, mentre non lo è per il 23%.

Costi, a carico di chi?

Riguardo a chi debba pagare le analisi sono in corso intanto discussioni: le casse malattia si oppongono alla decisione della Confederazione di sottoporre l'onere dei test all'assicurazione di base. A loro avviso i costi vanno coperti dai cantoni. L'argomentazione degli assicuratori si basa sulla salute pubblica: le diagnosi costano 180 franchi e la gran parte delle persone sarebbe chiamata a pagare di tasca propria per via della franchigia. "È nell'interesse pubblico, se questo può aiutare a prevenire la diffusione del virus, che nessuno rinunci a un test sulla base di considerazioni finanziarie", afferma un portavoce di Santésuisse, citato dalla SonntagsZeitung.

Il domenicale cerca di avanzare anche una valutazione totale dei costi che potrebbe causare il coronavirus. Basandosi su uno studio dell'UFSP del 2009 - che si riferisce all'influenza suina, una malattia diversa, ma utile per fare un confronto di massima - il domenicale arriva a una cifra di 1,7 miliardi di franchi. Costi che andrebbero ad aumentare i premi dell'assicurazione malattia.