Il termine biodiversità è relativamente recente e con il tempo gli studi hanno portato a una classificazione condivisa dai ricercatori
Biodiversità è una parola oggi di moda, usata in svariate occasioni e nei contesti più disparati, dalle mostre alle conferenze fino alle dichiarazioni ufficiali dei decisori politici.
Il termine, tuttavia, è relativamente recente: come concetto è stato usato la prima volta nel 1968 dall’ecologo americano Raymond Dasmann, ma la parola entra in scena soltanto vent’anni dopo, come titolo per una raccolta di saggi curata dal connazionale, biologo ed evoluzionista, Edward Wilson.
Da quel momento gli studi per chiarire che cosa fosse la biodiversità si sono moltiplicati fino ad arrivare a una classificazione pressoché condivisa tra gli studiosi. Si tratta di una definizione piuttosto ampia, poco corrispondente al significato riduttivo che guarda solo alla "diversità agricola", cioè quella relativa alle piante coltivate e agli animali allevati. Una frazione certo importante, specie per l’uomo, ma piccola rispetto all’intera "diversità biologica" del pianeta.
Secondo gli ecologi la biodiversità si può misurare in tanti e diversi modi. Il più semplice di questi consiste nel contare il numero di specie presenti in un determinato ambiente: più specie ci sono, più l’ecosistema è ricco. Ma c’è di più: un ambiente potrebbe avere dieci specie, con nove rare e una dominante, per esempio con una decina di individui. Un altro ambiente potrebbe avere sempre dieci specie, ma solo tre rare e altre più comuni, con quattro, cinque, sei individui ciascuna.
La semplice conta porta allo stesso risultato, ma quale dei due ambienti ha maggiori probabilità di mantenersi vario?
Ovviamente il secondo, e questo descrive appunto la sua maggiore biodiversità. Il numero di specie, quindi la ricchezza di un ambiente, è però collegato a una caratteristica fondamentale degli ecosistemi, cioè la loro stabilità. Ossia la capacità di resistere a perturbazioni esterne senza modificarsi troppo. O ancora alla "resilienza", cioè il riuscire a tornare allo stato "naturale" anche dopo grandi modifiche ambientali.
Dai grandi sistemi passiamo ai nostri giardini, orti e balconi: in giorni in cui spesso parliamo di "ripartenza" e "rinascita", abbiamo la possibilità di rimetterci in contatto con la natura, quantomeno quella cittadina e più vicina a casa nostra. Così come per noi, anche e soprattutto per la natura, queste prime settimane primaverili sono un chiaro momento di rinascita che possiamo apprezzare in tanti modi anche nelle nostre aree verdi urbane.
I parchi cittadini possono ospitare infatti numerose specie di piante e animali selvatici – talvolta anche rari – configurandosi come luoghi sicuramente idonei in cui aspiranti naturalisti possono fare le prime osservazioni, imparando a riconoscere le specie e a studiarne i comportamenti.
Per valorizzare la ricchezza della biodiversità che vive e popola le nostre città, possiamo dare il nostro contributo con piccole attività da fare nel nostro terrazzo. Cittadini, scuole e aziende: tutti possiamo fare qualcosa per rendere i nostri paesi e le nostre città degli ambienti più sani e belli.
Partendo da piccoli gesti quotidiani: chi ha per esempio degli spazi verdi è invitato a prendersene cura con attività di giardinaggio incentrate sulla natura, come piantare arbusti indigeni, creare biotopi umidi, realizzare superfici in pietrisco da piantumare adeguatamente, poi creare degli habitat per uccelli, pipistrelli, insetti e ricci. Certamente la salvaguardia e la protezione della biodiversità deve guardare anche e soprattutto nel rinunciare a utilizzare erbicidi, torba, legni tropicali, favorendo, per esempio in quest’ultimo caso, quelli provenienti dalla selvicoltura e comunque utilizzando sempre prodotti naturali regionali.
Viene raccomandato inoltre di salvaguardare l’habitat delle piante selvatiche, avendo cura di estirpare eventuali neofite invasive, poi rinverdire muri e tetti, creare e rispettare delle aree di riposo per gli animali selvatici. Sono tante piccole azioni che possono fare la differenza, contribuendo a mantenere viva quella necessaria biodiversità che, nonostante le azioni finora intraprese a più livelli, continua a peggiorare.
In Svizzera, in particolare, sono state adottate svariate misure per salvaguardare a lungo termine la sua varietà di ecosistemi, specie e risorse genetiche.
Alcune importanti azioni intraprese sono state dirette per esempio verso la tutela dei suoli, dalla cui capacità di filtraggio dipende la qualità dell’acqua potabile; poi i boschi, habitat di innumerevoli esseri viventi, luoghi di svago per le persone, importanti garanzie per il mantenimento della qualità dell’aria. Le risorse genetiche permettono inoltre l’elaborazione di nuovi prodotti che potrebbero rivelarsi decisivi anche per le generazioni future. Ricordiamoci infatti che il loro deterioramento ha come conseguenza il peggioramento della qualità della nostra vita.
Ecco allora il ruolo del giardinaggio incentrato sulla natura, sviluppato a livello hobbistico o professionale, in entrambi i casi una leva di fondamentale importanza per offrire nuovi habitat ad animali e piante, ma anche come strumento decorativo non certo meno importante.
I tanti appassionati del verde possono inoltre attingere dai molti "trucchi" dei giardinieri professionisti, che ora, passata la stagione invernale, ci ricordano tra l’altro di includere, nelle nostre messe a dimora, anche piante indigene: le composizioni ricche di diversità sono infatti più resistenti alle monoculture su grandi superfici.
Avendo presente l’importanza di mantenere nei nostri giardini anche degli angoli "disordinati", porzioni da lasciare incolte a tutto beneficio di ricci e altri piccoli animali, che potrebbero trovare riparo anche in biotopi, accumuli di legni e rami che, con il tempo, insieme alle foglie nell’area di piantumazione, diventano fertile terriccio, proprio come quello che si trova nelle foreste. Infine l’invito a raccogliere e innaffiare il giardino con acqua piovana, più morbida rispetto a quella calcarea del rubinetto, evitando pulizie con soffioni o altre macchine a motore per evitare di ferire o uccidere piccoli animali. Un giardino sterile e curato in modo igienico è come un deserto inospitale per la fauna indigena.
La biodiversità si realizza e preserva dunque anche con piccoli gesti nei nostri fazzoletti di terra: si tratta appunto di fare delle scelte, curare il terreno, le piante e cercare di maturare quella sensibilità che ci porta a essere in maggiore sintonia con l’ambiente circostante e le altre specie viventi.
L’attenzione che prestiamo a noi stessi deve infatti riverberarsi verso il nostro prossimo e l’intero ecosistema di cui facciamo parte integrante.
Evitare i pesticidi, valutare alternative biologiche, utilizzare concimi organici, lasciare superfici di terra incolta a vantaggio di insetti e piccoli animali selvatici, non tagliare in inverno le infiorescenze sulle piante erbacee perenni in modo che gli uccelli abbiano sempre da mangiare, e farfalle e api selvatiche un posto in cui ripararsi, sono tutti comportamenti che vanno nella stessa direzione: curare, preservare e promuovere la biodiversità.