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In un secondo scomparso il 97% delle tigri

Una tigre di Sumatra, ripresa da una foto-trappola
29 luglio 2017
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Nella “sesta estinzione di massa” segnalata dagli scienziati c’è anche la tigre: meno di 3’900 esemplari sono rimasti in tutto il pianeta. Il 97% della specie è scomparsa in un solo secolo: deforestazione e bracconaggio ne hanno ridotto le unità in modo impressionante. In occasione della Giornata Mondiale della Tigre, che si celebra oggi, il WWF lancia un appello ai governi asiatici: vanno raddoppiati gli sforzi per salvare questo splendido felino. Da anni il WWF raccoglie fondi, necessari a sostenere le attività dei ranger sul campo soprattutto nei Paesi dove la minaccia per la tigre resta altissima, tra cui Cina, Buthan Bangladesh. Negli ultimi dieci anni la tigre si è estinta in Paesi chiave come Laos, Vietnam e Cambogia (che stanno tentando di reintrodurre la tigre, tramite progetti mirati). Se non vinciamo la nostra battaglia la tigre scomparirà per sempre da gran parte dei suoi ultimi territori.

I bracconieri usano di tutto pur di catturare una tigre. Le trappole mortali – create con semplici cavi – sono diventate una piaga nelle foreste dell’Asia. A causa dell’aumento della richiesta – che oramai raggiunge un giro di affari di 20 miliardi di dollari annui – molti agricoltori non lavorano più la terra, ma cacciano tigri, elefanti, leopardi ed altri animali richiesti dal mercato nero. “Le trappole sono pericolose, insidiose e stanno prendendo piede soprattutto nel Sudest asiatico – spiega Mike Baltzer, responsabile del WWF Tigers Alive -. I nostri ranger rischiano la vita. Ogni giorno eliminano le trappole e fermano bracconieri”. In alcuni casi le tigri erano riuscite a liberarsi, ma sono decedute a causa delle ferite riportate. Le trappole, infatti, causano infezioni e la tigre non riesce a cacciare a causa degli arti feriti. In pratica, in molti casi muore di fame. Impossibile quantificare il numero di trappole. I ranger del WWF ne hanno rimosse a migliaia, ma sono solo la punta dell’iceberg.

Servono leggi più severe e controlli a tappeto per fermare i criminali, così come un sostegno serio per i ranger, che spesso e volentieri sono costretti a lavorare con mezzi inadeguati. Un esempio: all’interno della foresta pluviale di Sumatra – patrimonio mondiale dell’Unesco – si è creato un habitat unico al mondo. Qui vivono tigri, orangotanghi, elefanti e rinoceronti. E proprio all’interno di questo parco si stima che le trappole siano raddoppiate tra il 2006 e il 2014. Questo perché il governo non ha messo a disposizione risorse per proteggere l’area (grande due volte New York City).


Il progetto TX2

Ogni giorno, centinaia di ranger rischiano la propria vita per difendere la tigre: sono la nostra linea di frontiera contro un bracconaggio sempre più spietato che alimenta il commercio illegale di pelli e ossa e contro chi ne provoca la morte distruggendone gli habitat. Il WWF, insieme ai governi dei 13 Paesi in cui la tigre è ancora presente, ha lanciato un ambizioso e visionario piano di conservazione: raddoppiare il numero delle tigri in natura entro il 2022, il prossimo anno cinese della tigre. Basti pensare che fino a cento anni fa, nelle foreste asiatiche vivevano ancora circa 100mila tigri.
Mentre le trappole artigianali hanno preso piede in Asia, numerose organizzazioni di conservazione di tutto il continente asiatico chiedono un intervento urgente. Ad esempio, in Cambogia, i gruppi di conservazione guidati da Wildlife Alliance hanno dato vita ad un movimento che ha come compito la sensibilizzazione della popolazione locale. I volontari si recano nei vari villaggi e discutono con la gente del posto di come trovare delle alternative alla caccia di tigri. Non solo: si cerca anche di far capire alle persone di ridurre il consumo di carne di animali selvaggi, cercando soluzioni che vadano bene anche alle famiglie del posto.

Nel 2010, dunque, i 13 Paesi dove vive ancora la tigre si sono impegnati con il WWF: ed è così che è nato il più ambizioso progetto di conservazione mai esistito per una singola specie. Si tratta del progetto TX2 e ne fanno parte: Bangladesh, Bhutan, Cina, Cambogia, India, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Nepal, Russia, Thailandia e Vietnam. Obiettivo? Raddoppiare, appunto, il numero di tigri selvatiche entro il 2022 portando il numero di tigri a 6’400. E l’anno scorso è stato registrato il primo segnale positivo: nel 2016, per la prima volta da decenni, il numero di tigri non era in calo, ma in leggero aumento in India, Nepal e Russia. Ma c’è ancora tanta strada da fare. Non possiamo abbassare la guardia.

La tigre è a rischio per vari motivi. Questo maestoso felino è molto richiesto sul mercato nero per la sua pelliccia, i denti, le ossa. È data la diffusa credenza secondo cui i prodotti derivati dalla tigre abbiano un effetto curativo. Praticamente ogni parte del suo corpo viene venduta come “medicinale”. In Cina si è convinti che se si prende questa “medicina” magica, si riceve la forza della tigre. Chiaramente questo non è vero e oggi in Cina è vietato creare medicine contenenti parti di tigre. Un chilo di ossa di tigre può costare fino a 10mila dollari sul mercato nero.