‘Così è il primo pilastro’, dice il consigliere nazionale del Centro. ‘Faremmo un salto nel buio’, sostiene il deputato dell’Udc. Il dibattito
Giorgio Fonio, la 13esima Avs verrebbe data a tutti i pensionati. Ma solo una minoranza dei 2,5 milioni di beneficiari Avs ne ha strettamente bisogno, in termini di reddito. Non le sembra uno spreco di denaro pubblico?
Pro Senectute calcola che sono 300mila gli anziani che vivono sotto la soglia di povertà, o appena al di sopra. Per loro una 13esima Avs è assolutamente necessaria. Certo, una parte dei pensionati non ne ha bisogno. L’iniziativa non è perfetta. Ma non dobbiamo dimenticare che le persone che hanno guadagnato bene o molto bene durante la loro vita lavorativa hanno anche contribuito in modo importante [attraverso le trattenute salariali, ndr] al finanziamento del primo pilastro. Oggi la rendita di vecchiaia media è di poco superiore ai 1’800 franchi al mese. A causa dell’inflazione e dell’aumento dei premi di cassa malati, negli ultimi anni gli anziani hanno perso l’equivalente di una mensilità di vecchiaia. Per questo le rendite vanno assolutamente aumentate. E le possibilità per farlo non sono mille.
Paolo Pamini, la perdita di potere d’acquisto tra i pensionati è incontrovertibile. Una 13esima Avs la compenserebbe, in parte. Perché non dovrebbe essere una misura plausibile?
Dei 2,5 milioni di beneficiari Avs, 800mila vivono all’estero: sono per lo più immigrati tornati al loro Paese. Nessuno nega che una parte degli 1,7 milioni di beneficiari che vivono in Svizzera faccia fatica, spesso perché a suo tempo non avevano un secondo pilastro o perché hanno lavorato più o meno a lungo a tempo parziale. Per chi vive nel bisogno, c’è la ‘rete’ delle prestazioni complementari (Pc); e, tra l’altro, l’esplosione dei premi di cassa malati non è rilevante per loro, visto che è lo Stato a pagarli. Una 13esima Avs versata a tutti non è la soluzione. Si potrebbe invece pensare a strumenti più mirati per sostenere quella minoranza di pensionati in particolare difficoltà dal punto di vista finanziario: penso ai beneficiari delle Pc, ma soprattutto a quegli anziani “troppo ricchi” per averne diritto poiché proprietari della loro casa. Strumenti che costerebbero molto meno, e che eviterebbero di andare ad aiutare una signora Blocher.
In Parlamento si discute ad esempio di un aumento delle rendite minime di vecchiaia…
Pamini: Defiscalizzazione! L’Udc ha proposto di defiscalizzare le rendite Avs. Oppure si potrebbe abolire il valore locativo. Ne trarrebbe beneficio chi fa parte del cosiddetto ceto medio basso, persone – residenti, non espatriate – che fanno fatica perché tagliate fuori dalle prestazioni complementari.
Aumento delle rendite minime di vecchiaia, aumento delle Pc: sarebbe favorevole a una o l’altra di queste proposte?
Pamini: Sicuramente sono preferibili alla 13esima Avs. Ma sono convinto che la via da seguire sia quella della defiscalizzazione. Compresa la defiscalizzazione del reddito da lavoro oltre l’età di pensionamento, che incentiverebbe gli ultra 65enni a rimanere più a lungo attivi professionalmente e i datori di lavoro a far sì che questo accada. Abbiamo un grande bisogno che gli anziani restino nel mercato del lavoro.
Un intervento mirato, solo a favore dei pensionati meno abbienti: cosa ne pensa Giorgio Fonio?
Sarei assolutamente favorevole. Ma occorre fare attenzione: per il momento sono soltanto proposte, il Parlamento non le ha ancora approvate. Non stiamo decidendo fra la 13esima Avs e una di queste proposte. Il 3 marzo la scelta che dovranno fare le cittadine e i cittadini è fra una 13esima Avs a tutti i pensionati o il nulla a tutti i pensionati: al momento non c’è nessun’altra alternativa.
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Giorgio Fonio
Torniamo al potere d’acquisto. Quello di una rendita Avs in realtà è cresciuto negli ultimi 15 anni; solo negli ultimi tre o quattro anni è leggermente calato.
Fonio: Il mondo reale, quello che frequento tutti i giorni, mi dice che il potere d’acquisto delle persone, anziani compresi, è in calo.
Il problema sono piuttosto le rendite del secondo pilastro, da anni in caduta libera, non tanto le rendite Avs, comunque indicizzate al rincaro e ai salari.
Fonio: Certo. Negli ultimi 15 anni abbiamo assistito a un crollo delle rendite di cassa pensione, passate da 2’600 franchi al mese in media a circa 2’300 franchi. Una tendenza che ha conseguenze tangibili sui pensionati attuali e futuri, tanto più che le rendite Lpp non vengono adeguate automaticamente al rincaro. Questo è un punto centrale [su una controversa riforma del secondo pilastro andremo a votare verosimilmente a fine settembre, ndr].
Pamini: Il punto è che non esistono pasti gratis. Si può decidere di ripartire le risorse, ma poi bisogna avere il coraggio di dire chi paga. Fondamentalmente, ci sono tre modi per finanziare una 13esima Avs: attraverso i contributi salariali, l’Iva o aumentando l’età di pensionamento. Il metodo più iniquo sarebbe aumentare le trattenute sul salario: i pensionati non verrebbero toccati, sarebbe esclusivamente la popolazione attiva – e in particolare chi ha davanti a sé ancora decenni di lavoro – a dover ‘mettere mano al borsellino’. Alzare l’Iva sarebbe un po’ più giusto dal punto di vista del contratto generazionale: anche gli anziani la pagherebbero, benché in teoria per un lasso di tempo meno lungo di un giovane. La soluzione più giusta, a mio parere, sarebbe spostare più in là l’età di pensionamento, come propone di fare l’altra iniziativa in votazione il 3 marzo.
Se i sindacati propendono per quello che lei definisce “il metodo più iniquo”, è perché così iniquo non dev’essere. Anzi: chi guadagna di più versa anche più contributi sul suo salario; il sacrificio chiesto a un ‘giovane’ che guadagna 6mila franchi al mese sarebbe di una ventina di franchi al mese; e poi, comunque, i lavoratori di oggi saranno i pensionati di domani.
Pamini: A medio-lungo termine sarebbero in media 500 franchi all’anno in più, se consideriamo anche un aumento dell’Iva. Non sono pochi. Ma, al di là delle cifre, il discorso è questo: l’Avs è un sistema che toglie al ricco per dare al povero; ma soprattutto, toglie al giovane per dare all’anziano. Il problema è che la generazione dei ‘baby-boomers’ [le persone nate tra il 1950 e il 1970, ndr] sta andando in pensione, e così si deteriora il rapporto fra popolazione attiva e pensionati. All’Avs negli ultimi anni è andata bene per il semplice fatto che c’è stato un aumento dell’immigrazione, che ha ‘gonfiato’ la massa salariale e dunque il volume dei contributi che confluiscono nella cassa del primo pilastro.
Fonio: Chi oggi lavora, un domani andrà in pensione e beneficerà della 13esima Avs: è anche questo il senso del contratto generazionale a cui accennava Pamini. Ogniqualvolta viene proposto un miglioramento dello stato sociale, i contrari dipingono scenari apocalittici. Era capitato anni fa con il congedo paternità. Lo si sta facendo abilmente oggi, con la 13esima Avs. Questa costerà sì ogni anno dai 4,1 miliardi di franchi [nel 2026, ndr] ai 5 miliardi circa [nel 2032, ndr]. Ma si dimentica di dire che nel 2026, quando verrebbe introdotta, l’Avs farà – stando alle prudenti stime ufficiali – benefici pari a 3,5 miliardi di franchi, una somma che da sola coprirebbe in pratica l’80% del costo della tredicesima.
Ma se si continua a far capo alle riserve per finanziare la 13esima Avs, tra pochi anni queste si saranno prosciugate. Quello che proponete non è un grande esercizio di lungimiranza finanziaria.
Fonio: Nessuno nega che a termine servirà un finanziamento supplementare: lo abbiamo sempre detto. A quel punto sarà sufficiente aumentare i contributi salariali dello 0,4% per i lavoratori e dello 0,4% per i datori di lavoro. Parliamo di 80 centesimi circa al giorno, per un salario di 6mila franchi. Come si fa a parlare di rottura del contratto generazionale? Anzi, non trovo corretto utilizzare questo argomento per creare ad arte una tensione fra chi è a beneficio della pensione e chi lavora.
Pamini: Fonio però dovrebbe dirci cosa succede dopo il 2030.
Fonio: Nel 2030 le riserve dell’Avs [oggi di 47 miliardi, ndr] si avvicineranno ai 70 miliardi. È assolutamente pretestuoso affermare che la tredicesima mensilità condurrà il primo pilastro alla rovina.
Pamini: 70 miliardi di franchi in effetti possono sembrano tanti, ma equivalgono soltanto a un anno e mezzo del volume totale delle rendite versate. L’Avs non sta per nulla bene: l’abbiamo stabilizzata fino al 2030 [grazie alla duplice iniezione finanziaria dovuta alle riforme approvate in votazione popolare nel 2019 e nel 2022, ndr], ma non basta. La 13esima Avs avrà quale conseguenza di prosciugare il fondo cassa che serve a far funzionare il primo pilastro.
Fonio: La 13esima Avs è assolutamente sostenibile. Ripeto: a termine, servirà un finanziamento supplementare, ad esempio aumentando i prelievi sui salari. Questo noi non lo abbiamo mai sottaciuto. Non dimentichiamo, poi, che l’economia sta andando molto bene.
Pamini: L’aumento dello 0,8% dei contributi salariali lo si può fare nei prossimi anni. Il problema è cosa succede dopo il 2030. Le proiezioni dell’Ufficio federale delle assicurazioni sociali, diretto tra l’altro da un ex esponente di spicco del Partito socialista [l’ex consigliere nazionale Stéphane Rossini, ndr], indicano che – con la 13esima mensilità di vecchiaia – dall’inizio del prossimo decennio l’Avs accumulerà un deficit miliardario dietro l’altro.
Fonio: Con questo tipo di previsioni, già nel 2000 si pronosticava la bancarotta dell’Avs. Cosa che non si è mai verificata.
Pamini: Fai benissimo a dirlo. Sono d’accordo con te: cos’è successo nel frattempo? È arrivata la libera circolazione delle persone: 1,5 milioni di persone in più, provenienti dall’Ue, che lavorano e risiedono in Svizzera. Mi dispiace dirlo, ma sono gli immigrati che hanno tenuto a galla il primo pilastro.
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Paolo Pamini
Quattro-cinque miliardi di franchi all’anno per finanziare la 13esima Avs: sono più o meno gli stessi soldi che il Parlamento ha voluto stanziare per aumentare il budget dell’esercito.
Pamini: Capisco la logica. Del resto, anche una parte del nostro elettorato si chiede perché non dovrebbero esserci i soldi per finanziare la 13esima Avs, dato che la Confederazione sperpera all’incirca 4 miliardi per l’aiuto allo sviluppo e su per giù altrettanti per i richiedenti l’asilo. Il problema è che la maggioranza in Parlamento non vuole risparmiare su queste voci di spesa, cosa che invece l’Udc chiede da tempo. L’esercito? Non sono d’accordo. Le nostre forze armate stanno ancora utilizzando armamenti della Guerra fredda: di fatto non sarebbero più operative in caso di mobilitazione. Il contesto geopolitico attuale rende assolutamente necessario investire nel settore militare.
Alla stessa stregua, il contesto attuale – inflazione, aumento dei premi di cassa malati, sensibile e costante erosione delle rendite del secondo pilastro – non rende necessaria una misura come la 13esima Avs?
Pamini: Sarebbe un vero e proprio salto nel buio. Nessuno nega che in Svizzera vi siano anziani in difficoltà sotto il profilo finanziario. Ma sono una minoranza. Dovremmo casomai agire in maniera mirata – e nel farlo spenderemmo al massimo un miliardo di franchi all’anno, non cinque – per aiutare in particolare le persone appartenenti al ceto medio basso, quelle che probabilmente soffrono di più in questo momento dal punto di vista finanziario.
Fonio: Ma oggi questa soluzione B che tu evochi semplicemente non esiste! Ripeto: o diamo la 13esima Avs a tutti, o non diamo niente a nessuno. È questa la scelta. E ciò comporta che anche chi ha avuto redditi elevati riceva una tredicesima mensilità di vecchiaia. A prima vista può sembrare un controsenso, ma non è così. [Il Ceo di Ubs] Sergio Ermotti nel 2020 ha guadagnato 13,3 milioni di franchi; ma i suoi prelievi salariali ammontavano a 1,1 milioni, con i quali ha finanziato la rendita di 20 pensionati (tredicesima compresa!). L’Avs è così: un sistema fortemente sociale, nel quale chi ha un salario molto elevato paga i contributi sull’intero salario, versando quindi molto più di altri; d’altro canto, la rendita di vecchiaia di questa persona non potrà eccedere la ‘massima’ [2’450 franchi, 3’675 per le coppie: ndr].
Pamini: I veri finanziatori dell’Avs – una delle poche manifestazioni compiute di socialismo che abbiamo nel nostro Paese – non sono i pochi Ermotti o Blocher, bensì essenzialmente la grande massa di coloro che appartengono al ceto medio alto.
Fonio: Se non dovesse passare la 13esima Avs, quale risposta daremo ai nostri anziani? Alle pensionate, in particolare, che hanno in genere una rendita Avs più bassa di quella degli uomini e spesso non hanno nemmeno un secondo pilastro? La risposta è: nessuna. Sarebbe lo status quo, nient’altro.
Pamini: Abbiamo già dato una risposta ai pensionati aumentando l’Iva [con la riforma Avs21, approvata in votazione popolare nel 2022: ndr], che non è cosa da poco. La 13esima Avs è una proposta strategicamente molto intelligente: il cavallo di troia con cui la sinistra mira a rafforzare la ridistribuzione delle risorse economiche. Hanno scippato l’idea alla Lega dei Ticinesi, che una dozzina di anni fa la proponeva a livello cantonale in maniera mirata: soltanto per i beneficiari delle Pc; e solamente per chi risiedeva da 10 anni in Svizzera.
Fonio: Il discorso è più semplice: dare una risposta concreta a un problema oggettivo.
L’iniziativa popolare ‘Vivere meglio la pensione’ (vedi l’approfondimento nell’edizione del 26 gennaio 2024) è stata lanciata nel maggio 2021 dall’Unione sindacale svizzera. Chiede di accordare a tutti i pensionati una 13esima rendita di vecchiaia Avs, analogamente a quanto avviene con la tredicesima sui salari. Ciò corrisponde a un aumento della rendita annuale dell’8,3%. Il testo dell’iniziativa dice che la 13esima Avs non deve comportare la riduzione delle prestazioni complementari, né la perdita del diritto a riceverle. Non viene specificato, per contro, in che modo verrà finanziata questa rendita di vecchiaia supplementare. Se il 3 marzo l’iniziativa verrà accolta da popolo e Cantoni, sarà il Parlamento a stabilirlo. La 13esima Avs dovrebbe entrare in vigore nel 2026, a meno che un referendum contro le future, eventuali decisioni del Parlamento non ne ritardi l’introduzione.
Classe 1984, dal 2023 consigliere nazionale del Centro. Deputato al Gran Consiglio dal 2015 al 2023. Di professione sindacalista, dal 2021 responsabile del segretariato Ocst del Mendrisiotto. Sposato, quattro figli, abita a Chiasso.
Classe 1977, dal 2023 consigliere nazionale dell’Udc. Deputato al Gran Consiglio dal 2015 al 2023. Consulente fiscale per la PricewaterhouseCoopers Sa, docente al Politecnico federale di Zurigo e all’Università di Lucerna. Sposato, due figli, abita a Lugano.