Il popolo deciderà il 15 maggio se vuole passare al consenso presunto e forse salvare più vite. I pareri di due medici
Due medici, una missione comune, quella di salvare vite, ma due visioni diverse sulle nuove regole per la donazione d’organi che andremo a votare il prossimo 15 maggio.
In ballo c’è un cambiamento di paradigma. Attualmente, in Svizzera, in caso di morte cerebrale è possibile prelevare organi o tessuti da una persona soltanto se in vita ha dato il proprio consenso (ad esempio con una tessera di donatore o con il testamento biologico) o se i parenti possono presumere che lo volesse. Si chiama consenso esplicito. La modifica legislativa in votazione capovolge la questione. Introduce il cosiddetto consenso presunto: in caso di morte cerebrale sono tutti donatori di organi, a meno di non aver espressamente dichiarato in un registro di non volerli donare. Tuttavia, continuerebbe a valere sempre la regola secondo cui, in assenza della dichiarazione di volontà della persona interessata, i suoi congiunti devono essere interpellati. I parenti possono rifiutare se sanno o presumono che non avrebbe acconsentito alla donazione.
Per il dottor Paolo Merlani, primario di cure intense e direttore sanitario all’ospedale Civico a Lugano, se si passasse al modello del consenso presunto, per le famiglie dei defunti sarebbe più facile prendere una decisione. È il punto di vista di un medico da 20 anni prima a Ginevra (dove vigeva il consenso presunto) poi in Ticino, quotidianamente confrontato in corsia col tema della donazione di organi. Mentre per il dottor Alex Frei di Winterthur, medico di famiglia in pensione e psicoterapeuta, questo nuovo modello non è etico e il silenzio non può essere interpretato come un consenso.
Va chiarito comunque che la donazione di organi segue precisi protocolli, avviene in ospedale e in caso di morte cerebrale, una situazione che si presenta raramente, in meno dell’1% dei decessi. Si tratta di una condizione in cui il cervello e il tronco cerebrale hanno perso, irrimediabilmente e definitivamente, totalmente le proprie funzioni.
Il concetto di morte cerebrale, nato nel 1969, è un concetto giuridico e medico e corrisponde legalmente alla morte.
La modifica della legge sui trapianti sembra convincere, almeno nei sondaggi, una bella quota degli svizzeri. Il 61% è orientato ad appoggiarla, mentre il 37% è contrario. Il nuovo modello di consenso presunto ottiene maggioranze in ogni schieramento politico, a parte l’Udc (58% di no). I più sicuri (75%) sono i Verdi liberali. In Romandia, la quota di favorevoli è al 76%, più che nella Svizzera italiana (67%) e in quella tedesca (55%). Ad approvare il nuovo modello sono più gli uomini delle donne, e più i giovani degli anziani. La principale motivazione dei sostenitori è altruistica: il 62% pensa che con questo cambiamento aumenterebbe la possibilità per i malati di ricevere un organo salvavita. Il 51% considera invece questo modo di procedere poco etico e contrario alla Costituzione. È questo in sintesi il risultato dell’ultimo sondaggio (dell’8 aprile) di 20 Minuten/Tamedia sulle votazioni federali del 15 maggio.
Per il dottor Merlani il nuovo modello rappresenta meglio il volere della persona (Ti-Press)
In Svizzera il tasso di donazione di organi è più basso rispetto a molti Paesi europei. Secondo Paolo Merlani, primario di cure intense e direttore sanitario all’ospedale Civico a Lugano, se si passasse al modello del consenso presunto, sottoposto a votazione il 15 maggio, per le famiglie dei defunti sarebbe più facile prendere una decisione. Merlani è membro del Consiglio di fondazione di Swisstransplant e responsabile delle donazioni in Ticino.
La modifica della legge sui trapianti introduce il consenso presunto. Chi non vuole donare gli organi dovrà dichiararlo. Oggi vale l’opposto: la donazione avviene se l’interessato in vita si è espresso a favore. Passando al consenso presunto sarà davvero possibile aumentare il numero di donazioni?
In Francia o nei Paesi Bassi il tasso di donazione di organi è aumentato da quando è stato adottato il modello del consenso presunto. Tuttavia, non siamo sicuri che sia proprio la modifica della legge in sé a produrre questo risultato, o altri aspetti come la formazione delle équipe e le campagne d’informazione che accompagnano tale cambiamento. Comunque cambia un elemento fondamentale, si parte dal presupposto che, in caso di morte cerebrale, possiamo essere un donatore di organi.
Di fatto non ci sarebbe una grande differenza, la famiglia del paziente verrebbe comunque interpellata o sbaglio?
Fino al 2007, la donazione era regolata a livello cantonale, ho lavorato 10 anni all’ospedale di Ginevra, dove c’era il consenso presunto. In cure intense si controllava se il paziente era iscritto sul registro, in caso contrario si chiedeva, come si fa ora, alla famiglia se il congiunto avrebbe voluto donare o meno i propri organi.
Nei sondaggi il 75% si dice favorevole a donare gli organi in caso di morte cerebrale, tuttavia solo il 16% ha una tessera di donatore e nel 60% dei casi i familiari rifiutano l’espianto. Come mai?
Siamo in un contesto drammatico, poiché i potenziali donatori sono spesso persone in salute decedute improvvisamente e le famiglie sono sotto shock. Spesso basta un solo parente contrario o dubbioso, che il resto dei congiunti lo segue. In questi casi la famiglia prende la decisione che le appare meno dolorosa.
Non si mettono più sotto pressione i congiunti: possono opporsi al prelievo, se dimostrano che la persona deceduta l’avrebbe fatto. Si potrebbe rinfacciare loro un comportamento non solidale?
Non devono dimostrare proprio nulla, basta che abbiano un dubbio. La nuova legge aiuta maggiormente le famiglie che sanno con certezza se il congiunto fosse contrario. Meglio che brancolare nel buio. Il consenso presunto sembra, almeno secondo i sondaggi, rappresentare meglio il volere della persona.
Per essere etico, il consenso presunto deve corrispondere alla volontà del defunto. Non è illusorio pensare di riuscire ad informare tutti? Un silenzio può essere interpretato come un’approvazione automatica?
Al giorno d’oggi per coloro che non hanno preso una decisione compilando una carta o iscrivendosi a un registro, e quindi informandosi, decide la famiglia sulla base della discussione con gli specialisti, al momento del decesso. Anche con il nuovo modello varrà lo stesso, per chi non si è espresso in vita, sarà la famiglia a decidere. Rimane il punto che l’informazione è un aspetto fondamentale. In Ticino, il tema è molto mediatizzato, la gente è più informata: questo porta nell’80-100% dei casi i familiari a donare (la media svizzera è del 40-45%).
È la via giusta per avere più organi, salvare più vite? Bisogna informare di più? Formare il personale?
Innanzitutto devo sottolineare che non si intende ‘solo’ aumentare il dono, ma si desidera, come detto, corrispondere di più al volere dei defunti. Non sempre più è meglio, mi pare importante non esagerare con le campagne pro donazione. Formare lo si fa da anni in maniera egregia. La Commissione nazionale d’etica promuove una dichiarazione obbligatoria: tutti sarebbero chiamati a esprimersi pro o contro la donazione, registrandolo ad esempio sulla patente. Ciò imporrebbe una informazione capillare e perfetta prima della decisione e comunque la possibilità di non volersi esprimere… Inoltre non tutti vogliono confrontarsi con l’idea della propria morte. La nuova legge non solo mira ad avere più organi, ma ci avvicina maggiormente al volere del donatore: se il 75% è favorevole e poi le famiglie rifiutano il dono nel 60% dei casi, significa che c’è un problema.
Per il dottor Frei il nuovo modello non è etico
Fino a pochi anni fa, Alex Frei ha lavorato come medico generico e psicoterapeuta in Svizzera, Africa e Afghanistan. Il medico di Winterthur non ha mai fatto politica, finché non è diventato il copromotore del referendum contro la modifica di legge sui trapianti in votazione il 15 maggio.
La sua posizione è particolare, come medico la sua missione è salvare vite umane, ma questa strada, a suo dire, non è etica. Vediamo perché.
Per quali ragioni si oppone al nuovo modello del consenso presunto in materia di donazione di organi in votazione il 15 maggio?
Per qualsiasi intervento sul corpo di una persona, che sia un’analisi o un’operazione, è necessario il consenso esplicito dell’interessato. È un diritto umano inalienabile, l’integrità fisica e psichica è garantita dalla nostra Costituzione e deve valere per l’intervento più invasivo di tutti: quando si tratta di donare gli organi, il silenzio non può essere interpretato come un consenso.
Ma le volontà di ciascuno saranno scritte in un registro nazionale. Ciò non basta per evitare situazioni poco chiare?
Oltre ad essere costoso è tecnicamente impossibile raggiungere tutti e spiegare a chi si rifiuta di donare gli organi che deve registrarsi. La pandemia ha appena dimostrato che è impossibile informare tutti, perché non tutti lo erano. Con il consenso presunto si preleveranno organi da chi non l’avrebbe voluto perché non l’aveva segnalato nel registro nazionale.
Una ulteriore garanzia viene dai familiari che possono opporsi alla donazione di organi se manca una indicazione esplicita del defunto. Inoltre, in caso di dubbio e se la famiglia non è raggiungibile non si potrà fare l’espianto. Non si tutela a sufficienza il diritto all’autodeterminazione?
No, non è una garanzia in più. Quando si perde improvvisamente una persona cara, si è sotto shock, non si ragiona lucidamente. In queste condizioni di estrema fragilità i familiari devono chiedersi se il loro congiunto fosse contrario al dono d’organi, che di regola viene visto come un gesto solidale. Come fanno a decidere, a dire di no, con una pressione simile?
Eppure molti dicono di no. Il 75% degli svizzeri si dice favorevole alla donazione di organi, ma poi il 60% dei familiari che si trovano in questa situazione si oppongono. Con il consenso presunto non si toglie un peso ai familiari?
Bisognerebbe approfondire perché il 75% degli svizzeri risponde ad un sondaggio che è favorevole alla donazione d’organi ma poi solo il 16% ha una tessera di donatore. Forse chi è indeciso risponde affermativamente e poi cambia idea. Sono questioni molto complesse.
La maggior parte dei Paesi dell’Europa occidentale, tuttavia, ha adottato il modello del consenso presunto e fa registrare un tasso di donazione di organi superiore al nostro. La Svizzera non dovrebbe seguire questo esempio?
Vari studi scientifici dimostrano che il tasso di donazione di organi non aumenta per forza con il consenso presunto. Non c’è una correlazione scientifica tra i due. Alcuni Paesi hanno il nostro stesso sistema e riescono comunque ad avere un tasso più elevato. In altri come il Brasile, il consenso presunto ha fatto diminuire le donazioni. Sono più fattori insieme, come ad esempio l’organizzazione e una buona informazione, che possono fare la differenza.
Lei è medico. Nel 2021, 1’434 persone malate aspettavano un organo. La modifica della legge sui trapianti non permetterebbe di salvare vite?
Sono medico, la mia missione è salvare vite, ma questa strada non è etica. Circa due terzi delle persone sulla lista è in attesa di un rene; non si tratta pertanto di una questione di vita o di morte, poiché queste persone possono anche sottoporsi a dialisi. Inoltre è anche possibile donare un rene da vivi. La donazione di organi a fine vita riguarda chi ha subito un trauma cranico o un ictus. Non sono cadaveri freddi. Il loro cuore batte, la loro pelle è calda. La morte cerebrale è un concetto giuridico, in realtà sappiamo poco sul momento della morte e sulle conseguenze di un intervento così massiccio. Cosa sappiamo di quello che succede alla coscienza al momento finale? Che cosa portiamo in un altro corpo? Sono tutte domande che la scienza non ha investigato a fondo.