I democentristi affrontano con buoni presupposti la campagna in vista delle federali. Nel mirino, Elisabeth Baume-Schneider e ‘il caos dell’asilo’
Berna – Desiderosa di riprendere slancio dopo la frenata del 2019, che non aveva comunque assolutamente intaccato la sua leadership fra i partiti svizzeri, l'UDC punta sui propri cavalli di battaglia tradizionali in vista delle federali di ottobre. Immigrazione e neutralità sono tornati all'ordine del giorno dell'agenda del partito.
"Il motto oggi deve essere Switzerland first", ha detto con una spruzzata di trumpismo il consigliere nazionale zurighese Thomas Matter in occasione del lancio della campagna elettorale lo scorso 1° luglio a Küssnacht (SZ). Quello che è certo, è che in casa democentrista la voglia di recuperare i dodici seggi persi quattro anni fa in Consiglio nazionale è tanta.
Per farlo, il partito cercherà una volta di più di sfruttare il malcontento popolare. Durante la crisi del Covid, ha strizzato l'occhio agli oppositori delle misure imposte dal governo per lottare contro la pandemia. Alle urne, la relativa legge è passata per tre volte, ma il 40% di no dimostra come fossero in parecchi a pensarla diversamente dalle autorità.
Uno dei perni della politica del partito è senza dubbio l'immigrazione. Chi arriva in Svizzera è generalmente bollato come piantagrane, approfittatore e fonte di costi miliardari. E l'aumento delle domande d'asilo offre un assist perfetto per farsi sentire.
Con il sostegno di PLR e Centro, l'UDC lo scorso giugno ha inflitto una bruciante sconfitta alla consigliera federale socialista Elisabeth Baume-Schneider, mandando a monte lo stanziamento di un credito per dei container destinati ad accogliere i rifugiati. La giurassiana, giudicata dai democentristi incapace di mettere fine al caos in questo ambito, figura ormai tra i primi posti della loro blacklist.
La guerra in Ucraina ha poi permesso all'UDC di ribadire il suo attaccamento incondizionato alla neutralità, concetto caro a un buon numero di svizzeri. Il partito ha agito da equilibrista, condannando da un lato l'aggressione russa ma evitando di parteggiare troppo per Kiev. I suoi parlamentari hanno tra l'altro disertato l'aula del Nazionale mentre veniva diffuso un discorso video del presidente ucraino Volodymyr Zelensky, a margine della scorsa sessione estiva.
Discorso simile per lo sfiorato crac di Credit Suisse, in merito al quale i democentristi non hanno esitato ad alzare la voce contro i bonus che venivano elargiti e la gestione dei manager della grande banca. Eppure Ueli Maurer, loro rappresentante in governo e per anni alla testa del Dipartimento federale delle finanze, non ha mai voluto una stretta delle regole nel settore bancario.
Stilando un bilancio degli ultimi anni, l'UDC non ha messo a segno vittorie eclatanti. Nel 2020, la sua iniziativa per la limitazione che puntava a mettere fine alla libera circolazione delle persone è stata bocciata senza discussioni. Quella per vietare di dissimulare il viso è sì stata accettata nel 2021, ma non ha raccolto i consensi del testo contro i minareti del 2009.
Nel menù del futuro vi sono però un paio di altre iniziative che potrebbero stuzzicare l'appetito di ampie fasce della popolazione, in primis quella che intende ridurre a 200 franchi il canone radiotelevisivo.
Va menzionata anche la più recente, lanciata settimana scorsa, con la quale si vuole impedire che la Svizzera tocchi quota 10 milioni di persone prima del 2050. Se venisse approvata, il Consiglio federale sarebbe forzato a prendere misure in materia d'asilo una volta superati i 9,5 milioni di abitanti.
A conti fatti, l'UDC arriva in buona forma allo sprint finale per le federali. L'ultimo barometro elettorale delle SSR ipotizza una progressione di 1,5 punti percentuali e il 27,1% delle preferenze. Sull'arco dell'intera legislatura, è l'unico partito governativo ad aver guadagnato terreno nelle varie elezioni cantonali, ovvero 10 seggi per un totale di 554.