Svizzera

Multinazionali: si va verso un’imposta integrativa

Lo ha stabilito il Consiglio federale per rispettare gli impegni nei confronti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico e del G20

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23 giugno 2022
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Un’imposta integrativa per tutti quei grandi gruppi di imprese che raggiungono un fatturato annuo globale di almeno 750 milioni di euro (787 milioni di franchi al cambio attuale) e il cui livello d’imposizione minima è inferiore al 15%. È quanto stabilito ieri dal Consiglio federale, nel suo messaggio alle Camere, per adempiere agli impegni presi nei confronti dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) e del G20, il tutto nel rispetto del federalismo.

Essendo federale, l’imposta integrativa può contare sull’accettazione internazionale, ha spiegato oggi il "ministro" delle finanze, Ueli Maurer, davanti ai media.

La Svizzera rischia di perdere attrattività

È chiaro, stando al consigliere federale, che la Svizzera rischia di perdere in attrattività, un aspetto che viene però mitigato dal fatto che le maggiori piazze economiche si muovono nella stessa direzione. In ogni caso, se non facessimo nulla, la Svizzera rischia di perdere substrato fiscale a vantaggio di altri Stati, ha spiegato Maurer, aggiungendo che la Confederazione non è formalmente tenuta ad agire.

Maurer stima che circa 200 società elvetiche e 2’000 filiali circa di multinazionali attive in Svizzera sono interessate da questo modello di tassazione. Le maggiori entrate per le casse federali potrebbero oscillare tra un miliardo e 2,5 miliardi di franchi a partire dal 2026-2027.

Stando al progetto, il 25% delle entrate generate da questa nuova imposta spetterebbe alla Confederazione e il rimanente ai Cantoni. I mezzi supplementari incassati dalla Confederazione sono destinati a coprire le maggiori uscite per la perequazione finanziaria – 200 milioni – e a promuovere l’attrattività della piazza economica, ha dichiarato Maurer.

Maggiori entrate per i Cantoni aiuteranno a mantenere la competitività

Grazie alle maggiori entrate destinate ai Cantoni, questi ultimi – i maggiori interessati dalla riforma – otterranno i mezzi necessari per preservare la propria competitività e potranno decidere in modo autonomo come utilizzarli, tenendo tuttavia adeguatamente conto dei Comuni, ha sottolineato il "ministro" democentrista.

Anche Hans Stöcker, consigliere di Stato zurighese e presidente della Conferenza dei direttori cantonali delle finanze, ha sottolineato l’importanza per la Svizzera di adeguarsi agli standard internazionali in materia di tassazione delle imprese, per ragioni di stabilità, ma anche per impedire che altri Paesi, se la Svizzera rimanesse a guardare, incassino imposte al posto della Confederazione. Infatti, se le aziende pagano meno del 15% di tasse in Svizzera, la differenza verrà prelevata all’estero, ossia nel Paese dove la società in questione ha la sua sede.

Voto previsto a giugno 2023

A fronte di tempi particolarmente ristretti, il Consiglio federale ha deciso di procedere a tappe. In una prima fase, una nuova norma costituzionale conferirà alla Confederazione la facoltà di attuare il progetto dell’Ocse e del G20, ha detto Maurer. In seguito, il Consiglio federale disciplinerà l’imposizione minima attraverso un’ordinanza temporanea. Da ultimo, questa norma sarà sostituita da una legge federale.

Alla luce delle necessità di procedere con celerità, Maurer ha rivelato che il progetto verrà trattato a livello di commissioni competenti già la settimana prossima. L’obiettivo è fare in modo che il Consiglio degli Stati possa affrontare il dossier in settembre e il Nazionale in dicembre affinché il popolo possa votare nel giugno del 2023.

Questo appuntamento con le urne è l’ultimo prima delle elezioni federali di autunno, ha sottolineato il consigliere federale. Per questo è anche importante sbrigarsi, affinché le disposizioni possano entrare in vigore al più presto, ossia all’inizio del 2024.