Dopo lo scandalo francese facciamo il punto sulla situazione all’interno della Confederazione e in Ticino. Ci sono progressi, ma non molti si fanno avanti
Oltre 300mila sarebbero le vittime di abusi da parte di ecclesiastici francesi e di loro collaboratori, ma quella ferita non si ferma Oltreconfine. Già da tempo la Chiesa cattolica svizzera ha riconosciuto la gravità del problema, sostiene e collabora a commissioni indipendenti ad hoc anche a livello locale. Quest’estate ha inoltre prolungato di cinque anni la validità del fondo di indennizzo creato nel 2016. I numeri però sono ben diversi rispetto a quelli francesi: meno di 400 casi segnalati dal 2010. Risultato di un silenzio nel quale si chiudono non solo molte vittime, ma anche i possibili testimoni.
«Al netto delle ovvie proporzioni tra Svizzera e Francia – in termini di popolazione e di fedeli – l’ecatombe emersa nei giorni scorsi rivela comunque dinamiche analoghe a quelle svizzere: a rischio sono soprattutto le realtà come gli studentati, i collegi, le scuole cattoliche. Ambienti dove vigono l’obbedienza e la sacralizzazione della figura del prete. Gli stessi religiosi vi perpetuano talora una storia di abusi subiti: è questo il caso di colui che approfittò di me quando ero bambino», spiega Jacques Nuoffer, presidente del gruppo di sostegno Sapec.
Nuoffer insiste sull’importanza di un impegno attivo e concreto da parte della Chiesa: «In questi anni siamo riusciti a fare molti passi avanti, come dimostra la scelta della Chiesa di valutare gli indennizzi non solo in base alla gravità degli abusi, ma anche a quella dei traumi che hanno causato: lo stesso colpo di martello ha effetti ben diversi su una bambola di pezza e su una di porcellana. Ora inoltre ci si può anche rivolgere direttamente ai servizi cantonali d’aiuto per le vittime di reati, che sostengono nelle richieste di indennizzo». Intanto però i casi trattati dalla commissione nazionale sono poco più di 40: «Molte vittime preferiscono lasciare sepolto l’accaduto, spesso legato a un lontano passato. Io stesso ho preso coscienza del diritto e dell’importanza di ottenere un riconoscimento solo dopo avere elaborato a lungo il trauma». Una piccola differenza la fa anche l’informazione: «Notiamo picchi di segnalazioni dopo notizie clamorose come quella francese. Quella delle vittime che restano in silenzio è una situazione paragonabile a una pentola a pressione, che solo dopo un certo punto inizia a fischiare».
In Ticino la Commissione diocesana di esperti in caso di abusi sessuali è attiva dal 2013, eppure «i casi trattati non superano la decina», come ci spiega il portavoce Dante Balbo. «Purtroppo, nonostante l’impegno del nostro gruppo di giuristi, psicoterapeuti e rappresentanti della Diocesi, sul tema degli abusi vige ancora un clima omertoso: chi sa qualcosa si fa scrupoli a denunciare, nel timore di mettere in difficoltà persone sulle quali ci sono solo sospetti. Come Commissione, facciamo molta attenzione a garantire la massima discrezione e a evitare di dare in pasto innocenti all’opinione pubblica, seppure senza alcuno sconto o copertura per chi risulta responsabile. Ma la reticenza rimane».
La Commissione si coordina con uno psicologo e una psicoterapeuta per accogliere le testimonianze delle vittime, in modo da ascoltarne la storia e metterle nelle condizioni di proseguire un eventuale iter di denuncia. Iter che può portare a un procedimento penale – nel caso in cui non sia già intervenuta la prescrizione –, ma anche a un intervento da parte della Chiesa. «Una volta elaborato un rapporto, lo sottoponiamo alla Diocesi. Nei casi acclarati si arriva a risarcimenti da parte di tribunali ecclesiastici e al sollevamento dei responsabili dai loro incarichi, con riduzione allo stato laicale», precisa Balbo. Che però aggiunge: «Alla reticenza diffusa si somma spesso il fatto che le vittime hanno subito abusi decine di anni prima, col risultato che ricostruire la rete di eventi e responsabilità risulta ostico. Comunque sia, è fondamentale per noi che chiunque sia al corrente di certi episodi, passati o presenti, si faccia avanti senza esitazioni».