Svizzera

Credit Suisse occupata: respinto ricorso degli attivisti

I dodici ambientalisti erano riusciti a entrare nella sede di Losanna del gruppo bancario

Attivisti fuori dal tribunale (Keystone)
11 giugno 2021
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Il Tribunale federale (Tf) respinge il ricorso dei 12 attivisti per il clima che avevano occupato una sede losannese del Credit Suisse nel 2018. Per l'alta corte la crisi climatica non consente loro di invocare uno stato di legittima necessità. I ricorrenti intendono ora appellarsi alla Corte europea dei diritti dell'uomo (Cedu), con sede a Strasburgo.

Il 22 novembre 2018, una ventina di attivisti si erano introdotti per un'ora nell'atrio del Credit Suisse a Losanna. Travestiti da Roger Federer, ambasciatore dell'istituto finanziario, avevano giocato una partita di tennis per denunciare gli investimenti di Credit Suisse nei combustibili fossili.

Erano stati assolti in primo grado il 13 gennaio dal tribunale distrettuale di Losanna. Il Ministero pubblico vodese, tramite il procuratore generale Eric Cottier, aveva presentato ricorso e aveva vinto la causa il 24 settembre davanti al Tribunale cantonale.

Nella sua sentenza pubblicata oggi, il TF precisa che non ha preso in considerazione la questione dell'emergenza climatica. Si è limitato a considerare se le condizioni dello stato di legittima necessità, invocate dagli attivisti e dai loro avvocati, fossero soddisfatte.

Questa disposizione del Codice Penale (CP), che giustifica l'azione illegale in certe condizioni, non è applicabile in questo caso, hanno concluso i giudici di Mon Repos. Ritengono che non ci fosse un "pericolo imminente" al momento dell'azione compiuta dagli attivisti, ai sensi dell'articolo 17 del CP.

La Corte aggiunge che l'occupazione della banca non era destinata a proteggere un bene giuridico concreto: l'obiettivo dei ricorrenti era piuttosto la difesa di interessi collettivi, cioè l'ambiente, la salute o il benessere della popolazione. La legge esclude espressamente l'applicazione dello stato di necessità in queste situazioni.

Per i giudici losannesi, i ricorrenti non possono nemmeno invocare la "salvaguardia di interessi legittimi". Questo motivo, non previsto dalla legge, presuppone che la loro azione fosse l'unica possibile. Altri metodi legali erano a loro disposizione per allertare l'opinione pubblica, sottolinea invece la Corte.

Prossimo passo: Strasburgo

Non si è fatta attendere la reazione degli attivisti e dei 14 loro avvocati. In una nota accusano il TF di negare l'emergenza climatica e di non riconoscere "il ruolo determinante" di questi giovani nella sensibilizzazione.

Fanno notare che la partitella di tennis ha suscitato molta attenzione nei media e che Credit Suisse, in seguito a questa azione, ha annunciato diverse misure per riorientare i suoi investimenti.

A loro avviso, la decisione del TF equivale a "tollerare una posizione attendista che non tiene conto dell'urgenza di agire ora per conservare una possibilità di raggiungere gli obiettivi fissati dall'accordo di Parigi".

Accusano anche i giudici federali di essere "dalla parte sbagliata della Storia", riferendosi in particolare a recenti sentenze francesi e tedesche che hanno constatato l'inazione degli Stati in materia climatica.

Questa sentenza manda "un pessimo segnale", secondo Laïla Batou, una delle avvocate della difesa, per la quale la Corte losannese ha mancato di "ambizione". Se la giustizia svizzera di primo o secondo grado ha "aperto qualche breccia", i giudici di Mon Repos hanno "richiamato tutti all'ordine", rileva ancora la legale, prima di aggiungere: il TF "si comporta come se l'emergenza climatica non lo concernesse. La sua decisione è a favore dei potenti, le grandi aziende che possono continuare i loro affari a spese dei giovani".

I militanti di Lausanne Action Climat non intendono fermarsi qui e annunciano che porteranno il caso davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU) a Strasburgo, dove sperano di far valere i loro "diritti fondamentali", in particolare la libertà di espressione e di riunione.

Ministero pubblico soddisfatto

Il Ministero pubblico vodese accoglie con favore la decisione del TF. "Gli atti commessi erano davvero illeciti e dovevano essere puniti", secondo il procuratore generale Eric Cottier. "Constato con soddisfazione che la nozione di pericolo imminente iscritta all'articolo 17 del Codice penale ha ricevuto dalla Corte suprema del Paese un'interpretazione conforme con la giurisprudenza sviluppata da questa autorità finora", aggiunge Cottier, contattato dall'agenzia Keystone-ATS.

Il procuratore spiega inoltre che l'autorità giudiziaria "si baserà su questa giurisprudenza" di fronte al "numero crescente di casi in cui vengono commessi atti illeciti con il presunto scopo di allertare l'opinione pubblica".

Accolto un punto del ricorso

Va comunque sottolineato che il tribunale ha accolto un aspetto secondario del ricorso: dieci attivisti erano stati condannati anche per aver impedito di compiere un atto ufficiale perché non avevano obbedito all'ordine di evacuazione emesso della polizia. Queste condanne sono state ribaltate per motivi procedurali.

Il caso sarà pertanto rinviato al Tribunale cantonale, che dovrà riesaminare la questione e stabilire nuove sentenze. I giudici avevano inflitto a dieci attivisti - in gran parte studenti - pene pecuniarie sospese pari a 20 aliquote giornaliere da 20 franchi, mentre agli altri due - usciti dalla banca prima dell'evacuazione da parte della polizia - 10 aliquote giornaliere da 20 franchi con la condizionale. Tutti avevano poi ricevuto multe comprese tra i 100 e 150 franchi e l'assunzione dei costi procedurali.

La decisione del tribunale era molto attesa. Dopo il processo a questi 12 attivisti, il primo del genere in Svizzera, diversi altri casi sono stati portati davanti ai tribunali del Paese. Non esisteva finora una giurisprudenza del TF sulla questione della disobbedienza civile nella lotta contro il surriscaldamento globale.