CICLISMO

L'argento di Reusser, il legno di Küng

Dalla gioia per il secondo posto della bernese, alla delusione per il quarto del turgoviese che ha perso il bronzo della cronometro per appena 40 centesimi

28 luglio 2021
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Sono sempre più Giochi olimpici al femminile per la delegazione Svizzera. Dopo Nina Christen nel tiro, Jolanda Neff, Sina Frei e Linda Indergand nella mountain bike, è toccato a Marlen Reusser salire sul podio, quello della cronometro. La 30.enne bernese si è dovuta inchinare soltanto a un'inarrivabile Annemiek van Vleuten che si è rifatta dello smacco della prova in linea (argento, ma pensava di aver vinto) con una prova strepitosa. In campo maschile, il ciclismo rossocrociato, dopo quello di Nino Schurter nella mountain bike, deve invece ingoiare un altro quarto posto: Stefan Küng, infatti, non è riuscito a salire sul podio per l'inezia di 40 centesimi, con l'argento lontano appena tre secondi. Anche tra gli uomini, la cronometro ha avuto un chiaro dominatore, lo sloveno Primoz Roglic che l'ha dominata sin dal primo chilometro per chiudere con un vantaggio di 1’01” nei confronti del redivivo Tom Dumoulin e di 1'03”90 sull'australiano Rohan Dennis.

Già argento ai Mondiali 2020 di Imola, la Reusser è stata autrice di un finale sorprendente. Dopo 15 dei 22,1 km in programma, si trovava infatti solamente al quinto posto a 13” dal gradino più basso del podio. Gli ultimi 7 km li ha letteralmente divorati, per andare a mettere cinque secondi tra il suo tempo finale e quello dell'altra olandese Anna van der Breggen. È così diventata la terza atleta rossocrociata a conquistare una medaglia olimpica nella cronometro, dopo Karin Thürig (bronzo nel 2004 e nel 2008) e, ovviamente, Fabian Cancellara (oro a Pechino e a Rio). Non male per una ragazza, medico di professione, che ha staccato la prima licenza da ciclista soltanto nel 2017 e che non ha mai nascosto certe sue difficoltà tecniche... «Per esempio, nelle discese rischio di andare in panico, sfioro i miei limiti emozionali e piango. Soltanto Edi Telser sa come farmi superare questi momenti ed è per questo motivo che non voglio tenere per me la medaglia, ma offrirla a Edi».

Il tecnico italiano, che ha festeggiato la quarta medaglia in due giorni, non ci pensa nemmeno... «È vero, a velocità sostenuta, Marlen a volte non riesce a individuare il punto di frenata e quando, invece, lasciare andare per rilanciare. Ma la sua idea è completamente folle. Lei è fatta così, a volte arriva con idee che occorre correggere. Una medaglia rappresenta una conquista personale, non la si può offrire a un'altra persona. Io non l'accetterei mai, nessuno potrebbe farlo».

Nonostante il secondo posto, la gara non è stata scevra di problemi per la Reusser... «Nonostante abbia iniziato a credere di poter conquistare una medaglia soltanto nel 2019, ho imparato in fretta che la corsa perfetta non esiste. Oggi, ad esempio, avevo raggruppato i capelli sotto il casco, ma così facendo la visiera mi toccava gli occhi e mi impediva di avere una buona visuale. Per questo motivo, nel bel mezzo della gara ho strappato la visiera. Inoltre, la maglietta ha fatto quasi da paracadute, per cui a un certo punto mi sono detta che se avessi vinto una medaglia avrei dovuto ringraziare unicamente le mie gambe, in grado di sopperire a tutti gli altri inconvenienti».

‘Lo sport sa essere crudele’

La medaglia di legno fa male in ogni circostanza. Quando però arriva per uno scarto di 40 centesimi su 56 minuti di gara, allora il colpo deve essere di quelli capaci di stendere un elefante. E in questo caso, l'elefante è Stefan Küng, ritrovatosi a 40 centesimi da Dennis e a tre secondi da Dumoulin. L'oro era fuori discussione, considerata la prestazione stratosferica di Primoz Roglic. La differenza l'ha fatta l'ultimo segmento di gara, nel quale Dennis è riuscito recuperare sia su Küng, sia su Filippo Ganna, costretto ad accontentarsi del quinto posto a oltre un secondo dall'elvetico. Per il turgoviese, si tratta della seconda cocente delusione della stagione, dopo il secondo posto nella prima crono del Tour de France, a Laval, preceduto soltanto da Tadej Pogacar. «Lo sport è così: felicità o delusione. Sfortunatamente, oggi la fortuna non è stata dalla mia parte – ha affermato uno scornato Küng –. Sono stato protagonista di una bellissima prestazione, non ho nulla da rimproverarmi. È ovvio che, alla fine, ti viene da pensare ‘avrei potuto fare qualcosa di meglio lì, rosicchiare qualche metro là’, ma non serve a nulla. Resta l'amarezza e la grande delusione. Adesso continuerò a lavorare: non per guadagnare 40 centesimi, ma per essere il migliore».

A Tokyo, però, il più forte è stato senza dubbio Roglic, al comando fin dalle prime pedalate e autore dell'allungo decisivo nella prima parte di secondo giro. La cronometro lo ricompensa di quanto gli aveva tolto un anno fa, quando nella penultima tappa del Tour de France, una prova contro l'orologio, si era visto sfilare la maglia gialla dal connazionale Pogacar. E anche quest'anno la fortuna non era stata dalla sua parte, con la caduta alla Parigi-Nizza e, soprattutto, quella al Tour de France che lo aveva tolto subito dalla lotta per la generale e lo aveva in seguito costretto alla ritiro.

Se il bronzo di Rohan Dennis rientra perfettamente nella logica delle cose (argento a Londra 2012, due ori e un argento ai Mondiali), l'argento di Tom Dumoulin desta maggiore sorpresa, anche perché l'olandese a inizio anno si era preso sei mesi di pausa sabbatica per ritrovare la voglia di pedalare. Rientrato in gruppo al Tour de Suisse, non ha disputato la Grande Boucle per prepararsi in vista dei Giochi. Una scelta azzeccata.

La delusione di giornata, per contro, arriva da Wout van Aert. Il belga, considerato il favorito numero uno, ha retto soltanto nel primo terzo di gara, per poi perdere in modo graduale, fino al sesto posto finale a 1’40” da Roglic. Ha senza dubbio pagato gli sforzi profusi nella prova in linea, nella quale era stato generosissimo nel cercare di riportare il gruppetto dei migliori sulle ruote dei fuggitivi Carapaz e McNulty.