Il farmacologo tedesco, esperto di doping, è sorpreso dall'intera vicenda. ‘Perché è stato scagionato da un tribunale?’. Intanto l'Ama fa le sue verifiche
Continua a tener banco il caso Jannik Sinner, dopo le rivelazioni di ieri dei due test antidoping del marzo scorso, che avevano rivelato nel corpo del numero uno al mondo tracce infinitesimali di Clostebol, uno steroide anabolizzante. Scagionato per l'Itia, l'ente incaricato delle verifiche antidoping nel tennis, dopo la sentenza di un tribunale indipendente, l'affaire potrebbe tuttavia non finire qui: infatti, sia l'Agenzia mondiale antidoping (Ama), sia quella italiana (Nado) potrebbero decidere di impugnare il verdetto davanti al Tas, il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna. L'ultimo termine è il 6 settembre, e secondo quanto anticipato da un agenzia di stampa tedesca, l'Ama starebbe esaminando tutto l'incarto. ‘È la prassi, lo facciamo sempre, e dopo aver analizzato con attenzione tutta la documentazione ci riserviamo la facoltà di presentare appello’.
Intanto, sempre dalla Germania, in un'intervista concessa all'emittente televisiva Sport 1, il professor Fritz Sörgel, farmacologo ed esperto di doping, non manca di sollevare dubbi sul caso in questione. «Esistono effettivamente spray e pomate contenenti Clostebol, ma in Germania non sono autorizzati. Tuttavia, è ridicolo pensare di trattare una ferita con uno spray anabolizzante, senza contare che le norme antidoping non lo permettono». Nel caso di Sinner, tuttavia, la spiegazione è stata che a curare la ferita al dito con la pomata in questione era stata il suo fisioterapista, Giacomo Naldi, prima di manipolare il suo assistito. «Se qualcuno si procurasse una ferita, come nel caso del fisioterapista di Sinner, non si spalmerebbe la pomata a chili – dice Sörgl –. Piuttosto ne applicherebbe uno strato sottile, e in tal caso credo che anche se massaggiasse tutti i giorni il suo paziente, è molto improbabile che il Clostebol potrebbe penetrare attraverso la pelle in quantità tale da venir rilevato dai controlli antidoping».
Sörgel è stupito soprattutto per il modo in cui si è sviluppata l'intera faccenda. «Se qualcuno risulta positivo al Clostebol viene squalificato automaticamente da due a quattro anni. È inevitabile, non ci sono altre soluzioni. Poi se qualcuno decide di contestare si rivolge dapprima all'agenzia antidoping nazionale, poi all'Ama e infine al Tas. Perché, allora, Jannik Sinner può venir assolto da un tribunale? Non abbiamo mai avuto un caso del genere prima d'ora. E se un tribunale può assolvere sulla base di scuse simili, si andrebbe avanti all'infinito. Questa vicenda si è svolta al di fuori delle regole dell'Agenzia mondiale antidoping, e io proprio non capisco».
Insomma, per Sörgel c'è qualcosa che non quadra, e non lo manda a dire. «Per me questa cosa puzza di bruciato. Infatti negli ultimi tempi si ricorre sempre più spesso alla scusa dell'assorbimento cutaneo, e questo è soltanto un ennesimo caso» aggiunge, spiegando che i prodotti contenenti Clostebol possono avere un effetto dopante già a basse concentrazioni. «Per come la vedo io, il prodotto commercializzato come Trofodermin contiene il 5% di Clostebol che ha già un effetto dopante, ma è il 5% di neomicina (l'altro principio attivo del preparato, ndr) ad avere un effetto cicatrizzante e a rendere sensato l'uso del prodotto. E la neomicina (che è un antibiotico, ndr) non ha effetti dopanti».