Nato a Lommel, il belga si è messo in luce anche in ambito umanitario. Il torneo di Lugano intanto finisce ancora nelle mani di Otto Virtanen
Il finlandese Otto Virtanen (Atp 126) si è ripetuto nel Challenger di Lugano superando in una finale equilibrata e di altissimi contenuti, 6-7 (4/7) 6-4 7-6 (7/3) il risultato, il tedesco Daniel Masur (379). Nel doppio ha invece trionfato il tandem olandese formato da Sem Verbeek e Sander Arends, capace di imporsi su Hendrik Jebens e Constantin Frantzen. A spiccare in questa settimana sulle rive del Ceresio è tuttavia stata la storia di Zizou Bergs (122), eliminato nel penultimo atto in singolare. Il belga è riuscito a rallegrare i corridoi del Conza grazie alla presenza del suo fedele amico a quattro zampe, Copain, e incantare la platea a suon di colpi. Nome di battesimo impegnativo, in onore dell’asso del pallone Zinedine Zidane, pettinatura anni Novanta, bravo sia impugnando la racchetta che la chitarra e impegnato già dall’età adolescenziale in ambito umanitario.
Nel 2023 ha conquistato tre challenger (di cui due nell’arco di tre settimane) e, ora, punta spedito alla top cento. Il natio di Lommel l’anno scorso si è qualificato per la prima volta per un torneo del Grande Slam, l’Australian Open, raggiungendo successivamente il primo quarto di finale nel circuito maggiore a Gstaad. Un ruolino di marcia impressionante, ma condizionato dalla morte del nonno. Il suo più grande tifoso, di cui ha ricevuto l’ultimo messaggio proprio qui a Lugano quando s’impose in doppio. «Era solito motivarmi prima di scendere in campo e, alla fine di ogni match, analizzare le mie prestazioni... Quando ero a Miami non l’ha però fatto. Ho finito l’incontro e i miei genitori mi hanno chiamato dicendomi che era deceduto. Non ho potuto neppure partecipare al suo funerale. È stata una notizia scioccante! Il prosieguo della stagione è stato molto difficile perché il nostro sogno era di sfondare nel mondo del tennis, spero di esaudire questo nostro sogno». Nel mese di aprile Zizou è comunque riuscito a conquistare il torneo di Tallahassee, in Florida, dedicando il successo al nonno. «Quella settimana era lì con me. Ha reso tutto ancora più speciale; continua a guidarmi e seguirmi da lassù. Da lui ho imparato in particolare tre cose: positività, voglia di combattere e capacità di trovare sempre una soluzione». Il terzo insegnamento si è rivelato utile nel corso dell’estate, quando nei quarti di finale a Gstaad ha accusato la rottura di un legamento del polso sinistro. Tornato a casa, il 24enne si è sottoposto a un intervento chirurgico decidendo in seguito di riprendere l’attività focalizzando la sua attenzione sul rovescio in slice così da non impegnare il braccio sinistro nell’esecuzione del colpo. «Non volevo fermarmi proprio in un buon momento della mia stagione, ma terminata la riabilitazione non ho più riscontrato alcun problema. Sono infatti tornato a esprimermi sui miei livelli e inanellare successi, migliorando addirittura un po’ la mia classifica». E, ora, pur avendo recuperato il rovescio tradizionale, continua a utilizzare lo slice. Un colpo nel frattempo sempre più robusto, solido ed efficace. «Ho imparato molto da questo infortunio. Credo sia importante, guardando a ritroso, approfittare di questi contrattempi per diventare ancora più forti». Il Zizou della racchetta ha ora trovato lo slancio decisivo verso la top cento, mettendo nel mirino il tabellone principale del Roland Garros, di Wimbledon e degli Us Open.
Un personaggio a trecentosessanta gradi, soprattutto pensando al suo impegno umanitario. Dal 2015 il fiammingo spedisce infatti regolarmente materiale nonché abbigliamento in Africa, in Burundi, cercando in questo modo di promuovere il movimento in una delle regioni più povere del pianeta. Il tutto è da ricondurre a una trasferta in età juniores, quand’era ancora in cerca di punti, in cui si rese conto di essere un privilegiato. «Da europeo ero abituato a dare tutto per scontato: qui è normale avere scarpe, vestiti, racchette, corde e anche del buon cibo in tavola ogni singolo giorno». Cosa che, in altre zone del mondo, non è affatto comune. Il belga prende conoscenza di questo problema e, assieme all’amico Marcel Van der Haegen, s’impegna fin da subito a creare dei legami con la capitale a cui recapitare del materiale. Un impegno umanitario a cui si è aggiunto lo sponsor, Yonex, così da permettere a grandi e piccini di praticare questa disciplina. «Non importa la taglia, giocano con tutto. Ho saputo che a Bujumbura non è raro vedere persone in campo con le mie racchette e i miei vestiti. Questo mi riempie il cuore di gioia. Ho materiale a sufficienza per spedirne ogni anno. È una piccola parte, ma voglio provare a restituire al tennis un po’ di ciò che mi ha dato». L’anno scorso il World Tour è tornato di nuovo in Burundi, organizzando addirittura il primo torneo professionistico femminile. Fra colpi lungolinea e smorzate il panorama africano, e in particolar modo quello del Burundi, si è fatto lentamente strada. Dal canto suo Zizou sta continuando a lasciare un’impronta indelebile nel mondo della racchetta, ma non solo.