L’importanza del giudice di linea, ruolo fondamentale senza l’occhio di falco. Come al Challenger di Lugano, dove Dominic Stricker accede agli ottavi
Un rimbalzo insidioso proprio, lì, fra il nero (metaforicamente parlando) e il bianco. Nel punto in cui luce e ombra s’incontrano in totale armonia, facile cadere in errore. Il ruolo del giudice di linea è forse quello più aleatorio, ma, contemporaneamente, fondamentale in assenza dell’occhio di falco. Che sia la terra rossa parigina, il cemento australiano o l’erba londinese è tuttavia una presenza che quasi sempre passa sottotraccia. Più che inascoltata, inosservata... raramente l’attenzione è concentrata su di lui a meno di clamorose proteste, come il caso della malcapitata Shino Tsurubuchi. Spesso, volente o nolente, inquadrato dalle telecamere, riesce comunque a scomparire nell’anonimato del low profile: il miglior ufficiale di gara è capace di non lasciare impronte, perlomeno non verbali. Quelle classiche ‘urla’ a decretare l’irregolarità, o meno, della pallina sono infatti una caratteristica intrinseca di tutti i campi, pure del Conza. Dai sedicesimi di finale la posta in palio è molto importante e, senza l’occhio di falco, il giocatore si affida alla professionalità del giudice di linea. Fra una sfida e l’altra incontriamo due di loro, intenti a spiluccare qualcosina prima di riprendere. Dalla caratteristica uniforme nera sono a bordo campo senza mai battere palpebra, o quasi. Ma com’è nata questa passione? «Il mio circolo – spiega il primo – mi ha offerto la possibilità di rimanere sempre in questo settore, ma da un’altra prospettiva. Ho allora frequentato il corso preposto e, poi, ho effettuato la prova finale: uno scritto composto da domande a risposta multipla e un pratico, in cui si è impiegati durante una partita di livello minore». È infatti richiesta una buona dose di attenzione poiché raramente l’errore può essere calcolato in metri, anzi, talvolta si parla solo di centimetri, millimetri e il tempo di reazione della chiamata (in e out) dev’essere minimo.
I due sono ancora molto giovani, ma bazzicano ormai da anni i campi italiani e non solo. La speranza è di continuare questa carriera internazionale a livello professionistico, di scalare le gerarchie ed essere destinati a tornei più importanti. «Ho già partecipato a un’ottantina di competizioni, tre delle quali all’estero – chiosa la seconda –. L’anno scorso ero già stata a Lugano in occasione del Challenger. Il clima è bello, accogliente e rilassante». Un «microcosmo» aggiunde uno dei due, alla sua prima esperienza sulle rive del Ceresio. A proposito di Lugano, la giornata odierna ha riservato fortune alterne ai rappresentanti di casa impegnati nei sedicesimi di finale: Dominic Stricker (Atp 126) ha piegato in tre set la resistenza di Raphaël Collignon (238), mentre Antoine Bellier (173) e Jakub Paul (499) sono già stati eliminati dal torneo.