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Un grande futuro dietro le spalle

Quando smetterà di giocare, il nuovo acquisto granata Jonathan Sabbatini diventerà allenatore, e siamo pronti a scommettere che sarà un grande tecnico

Jonathan Sabbatini
(Ti-Press)
13 settembre 2024
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Nel calcio di oggi, sempre più numerose sono le società che scelgono di tenere in rosa – e dunque di stipendiare – soltanto giocatori in grado di fruttare denaro sonante nel momento in cui, di solito nel giro di un paio d’anni al massimo, prenderanno la decisione di sbarazzarsi di loro. In un simile contesto, non è difficile capire come mai lo scorso inverno il Football club Lugano abbia optato in pratica per mettere alla porta una bandiera come Jonathan Sabbatini. Il quale, avendo ormai 36 anni, avrebbe sicuramente garantito un buon apporto in mezzo al campo per un altro paio di stagioni, ma che, esaurito quel bonus, non avrebbe verosimilmente più avuto mercato. Tanto valeva – ecco il ragionamento del club – disfarsene subito.

Il Sabba però – come detto – nelle gambe, nel cuore e nei polmoni almeno un centinaio di partite da professionista sentiva di averle ancora. E dunque, da hombre vertical quale è, ha detto di no a quella forma di compassionevole prepensionamento che gli proponeva il club per cui si era fatto in quattro per la quasi totalità della sua vita da calciatore. E così ha deciso di salutare e di rendersi disponibile a valutare le offerte che certo gli sarebbero giunte. E di proposte gliene sono pervenute, eccome, da società della massima serie e da club del torneo cadetto. Le ha valutate attentamente e, infine, ha deciso di accettare quella che, tenuto conto di tutto, ha ritenuto la più adatta alle sue esigenze di padre di famiglia e alle sue aspirazioni di uomo di calcio.

Ha dunque scelto Bellinzona, piazza ambiziosa e non lontana da Lugano – da cui moglie e figli avrebbero preferito non spostarsi – in cui ha trovato ciò che chiedeva, e cioè giocare ancora per un paio d’anni, formandosi nel frattempo come allenatore per poi entrare a far parte dello staff tecnico. Il suo più grande desiderio, infatti, è quello di potersi sedere – quando sarà il momento – sulla panchina di un club professionistico. Che questa sia la sua più grande aspirazione lo confermano le parole, chiare e oneste, che ha usato ieri nel corso dell’incontro con la stampa di cui riferiamo qui a fianco, ma soprattutto il sorriso genuino e la luce negli occhi che gli si è accesa quando, appunto, gli abbiamo chiesto di illustrarci i suoi piani per il futuro, il giorno in cui giungerà il momento di appendere le scarpe bullonate al chiodo.

Sul fatto che l’uruguagio sia perfettamente in grado di guadagnarsi fino all’ultimo i franchi che gli verranno corrisposti in queste sue ultime stagioni da giocatore non c’è dubbio alcuno, basta vedere il fisico ancora perfettamente integro che si porta appresso e la voglia mostrata nei primi allenamenti sostenuti coi granata. Siamo dunque più che persuasi che il numero 4 – scelto in omaggio alla madre – non mancherà di deliziarci con la sua tecnica, con la sua intelligenza tattica e con la sua indiscutibile leadership. Ma, allo stesso modo, siamo fermamente convinti che, da tecnico, il Sabba saprà regalarci gioie ancor maggiori.

Allenatore, in fondo, l’ex luganese lo è da sempre: per la sua abilità cartesiana nel gestire le superfici, per l’occhio pressoché infallibile che gli permette praticamente sempre di optare per la soluzione più efficace, per l’autorità che i compagni in lui riconoscono all’istante. Quando gli ho chiesto se, nel futuro, riesce a vedersi in altri ruoli diversi da quello di coach – magari dirigente o agente – non ha nemmeno preso in considerazione l’eventualità. Il mio desiderio, ha detto, è rimanere nel calcio, perché è la mia vita ed è ciò che conosco meglio, e allenare è la sola opzione che prendo in considerazione.

Poi – ha aggiunto da persona intelligente qual è – bisognerà ovviamente vedere se diventerò o meno un bravo allenatore. Jonathan faccia pure tutti gli scongiuri del caso, ma sul suo futuro da grande tecnico siamo pronti a scommettere. Del resto, i più grandi strateghi e i migliori gestori di atleti che vediamo oggi nel mondo del pallone – Guardiola, Conte, Deschamps, Xavi, Xabi Alonso, Luis Enrique e molti altri – sono proprio coloro che per una vita hanno presidiato in campo la stessa fondamentale zona occupata, con estrema maestria, dal neogranata.

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