SCI ALPINO

‘La strada da seguire è tracciata e chi mugugna si adegui’

Il presidente della Fis, Johan Eliasch, parla della strategia futura della federazione internazionale e delle tensioni con le nazioni alpine

20 febbraio 2023
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In un’intervista rilasciata a Keystone-Ats, il presidente della Fis, lo svedese Johan Eliasch, ha definito i Campionati mondiali di sci alpino appena conclusi a Courchevel e Méribel "i migliori di sempre". Il numero uno dello sci mondiale si è soffermato su quelle che sono le priorità per il futuro, vale a dire rendere più globale il movimento e rompere il dominio delle nazioni alpine come Svizzera e Austria.

Johan Eliasch, qual è il suo giudizio sui Campionati del mondo di Courchevel e Méribel?

Sono i migliori Campionati del mondo nella storia della Fis. Ho avuto la sensazione che la gente fosse molto, molto contenta, fossero atleti, allenatori o spettatori. Non sarebbe potuta andare meglio, anche gli ascolti televisivi sono stati eccellenti.

Nonostante vengano archiviati come i migliori della storia, questi Mondiali hanno riproposto la discussione attorno al Team Event e ai paralleli…

Sì, l’ho sentito dire. La cosa interessante è che i molti spettatori presenti e gli atleti abbiano apprezzato le gare. Questo non rende la decisione più facile.

Si riferisce alla decisione che potrebbe essere presa a breve dal consiglio Fis di adattare il futuro programma dei Campionati del mondo ed eliminare queste gare?

È una discussione che va avanti da tempo. Qui a Méribel abbiamo visto che il Team Event e i paralleli sono stati eventi popolari e hanno attirato un folto pubblico. Ora dobbiamo capire come muoverci in futuro.

Anche la combinata è da anni oggetto di polemiche…

Se ci fossero atleti competitivi sia in slalom, sia in superG, la combinata sarebbe un’eccellente disciplina. Purtroppo, nelle liste di partenza c’era uno scarso numero di atleti, tant’è che nella seconda manche la gara si è decisa già dopo soli cinque atleti. Se vogliamo dare un futuro alla combinata è necessario trovare il format giusto.

E quale potrebbe essere?

Si sta discutendo della possibile organizzazione di una combinata a squadre (con un corridore per il superG e un altro per lo slalom, come è già stato fatto ai Campionati mondiali juniores, ndr). Una soluzione che dovremo ulteriormente testare in futuro.

Negli ultimi giorni il segretario generale Michel Vion ha rilasciato dichiarazioni secondo le quali questo cambiamento sarebbe già praticamente scontato...

No. È attualmente in discussione negli organi competenti.

In questi Mondiali, tutte le medaglie sono finite al collo di atleti provenienti da sole nove nazioni…

È proprio per questo motivo che sto cercando di ulteriormente globalizzare lo sci. Non solo nell’area alpina, in Austria o in Svizzera, dove tutti sciano. In questi due Paesi, ad esempio, il margine di crescita del nostro sport è piuttosto contenuto, proprio perché già praticato in massa. Dobbiamo quindi generare crescita altrove.

Dove?

In Asia. In Paesi come la Cina. Ma anche negli Stati Uniti. Lì la gente scia, ma non è interessata agli eventi di Coppa del mondo.

Pensa davvero che in futuro gli americani seguiranno con entusiasmo le gare di sci, oltre al football, al basket o al baseball?

Dobbiamo provarci. Perché siamo minacciati anche in Paesi chiave, come Germania, Svizzera e Austria, dove a livello di pubblico ci troviamo a competere con altre discipline. Dobbiamo e vogliamo vincere questa battaglia.

Può spiegarci meglio questo aspetto?

Si tratta di far interagire tra di loro diverse situazioni. Prendiamo ad esempio le trasmissioni televisive: devono diventare più emozionanti. Ecco perché ora si utilizzano i droni e un numero maggiore di dati, telemetria compresa. In breve, gadget che possono attirare l’interesse dei telespettatori. Vogliamo essere più interattivi con lo spettatore davanti alla tivù. Ed è nostra intenzione essere maggiormente attraenti per i fan sul posto, in modo da favorire la loro presenza alle competizioni.

Ci sono altri punti che devono essere affrontati?

Dobbiamo anche investire di più nelle federazioni nazionali di tutto il mondo, per aiutarle a garantire lo sviluppo dello sci nei loro Paesi. La Fis ha 142 associazioni affiliate.

Tuttavia, solo circa la metà di esse sono membri a pieno titolo…

Non è importante. In generale, noi della Fis dobbiamo preoccuparci di poter mettere a disposizione dei nostri membri un quantitativo di risorse maggiore rispetto agli scorsi decenni.

Il vostro obiettivo dichiarato è di organizzare più gare negli Stati Uniti, in Asia e persino in Sud America. Allo stesso tempo volete ridurre l’impronta di carbonio. Non sono obiettivi in contraddizione tra di loro?

Solo apparentemente. Grazie allo sport siamo più in forma e in salute, e mangiamo anche in modo più sano. Un’alimentazione sana ha un impatto enorme sulla nostra impronta di carbonio complessiva. Quindi, più persone riusciamo a convincere a praticare sport, meglio è.

Il calendario della Coppa del mondo di sci alpino, che quest’inverno per gli uomini prevede una seconda incursione dall’Europa al Nord America, potrebbe però essere programmato meglio...

In effetti, dobbiamo cercare di organizzare il calendario nel modo più efficiente possibile, così da non doverci spostare inutilmente. Dobbiamo anche mettere in discussione i nostri piani con molta attenzione, in modo da sapere quando andremo dove.

Al momento, dall’esterno, si ha l’impressione che la Fis non sia molto unita. Ci sono grandi associazioni nazionali che non sono contente della strada intrapresa. Qual è la roadmap per convincere queste federazioni a non abbandonare la nave?

Ci sono tre federazioni, ovvero Svizzera, Austria e Germania, che hanno una visione diversa della direzione in cui la Fis dovrebbe evolversi.

Sono davvero solo tre?

Forse qualcuna in più. Ma sappiamo che la stragrande maggioranza dei membri è d’accordo con la direzione in cui sta andando la federazione internazionale. E molti mi chiedono: perché ci sono dei ritardi e perché non ci muoviamo più velocemente?

Cosa risponde loro?

Che in ogni democrazia sana ci sono opinioni diverse. Ma una volta che la maggioranza ha deciso la direzione da prendere, anche gli altri devono partecipare e seguire. Purtroppo, al momento non è così. Ma alla Fis dobbiamo fare ciò che è meglio per lo sport, non ciò che è meglio per certe persone o certe federazioni.

Se i disaccordi persistono e aumentano, teme una spaccatura nella Fis? Ad esempio nel caso in cui l’organizzazione delle federazioni sciistiche dei Paesi alpini, che riunisce 13 nazioni e che presto dovrebbe crescere di dimensioni, dovesse diventare sempre più importante?

A conti fatti non importa quante federazioni formino delle sotto-organizzazioni. Ciò che conta è la visione maggioritaria dei membri della Fis, visione che determina la direzione da prendere. Chiunque voglia partecipare ai Campionati del mondo, alla Coppa del mondo o ai Giochi olimpici deve essere membro della Fis.

Come descriverebbe il suo rapporto con il presidente di Swiss Ski Urs Lehmann?

In un’organizzazione come la Fis, ci si aspetta che qualcuno contribuisca a far progredire le cose. È deludente vedere che Urs Lehmann non lo fa.

Anche la centralizzazione da lei auspicata per i diritti mediatici è un punto di conflitto. In qualità di presidente della Fis, semplicemente non vuole tenere conto di contratti che sono ancora validi per gli anni a venire...

Mi spiego: questi diritti appartengono alla Fis. È la Fis che li trasmette – anno dopo anno – a Swiss Ski, per esempio. Se la Fis decide, qui e ora, che in futuro non debba più essere il caso, queste federazioni non avranno più alcun diritto di trasmissione.

Ma le federazioni da lei citate vedono chiaramente le cose in modo diverso…

Esiste già una sentenza del tribunale di Zugo a sostegno della nostra opinione. Ciò significa che con i diritti la Fis è libera di fare ciò che desidera.