sci alpino

Una Coppa del Mondo europea e le ambizioni svizzere

Dopo lo stop anticipato a marzo, e con le incognite legate alla pandemia, nel weekend a Sölden parte senza pubblico la stagione 2020-21. La lancia per noi Mauro Pini.

(Corinne Suter, Lara Gut e Wendy Holdener (Keystone))
17 ottobre 2020
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Fra pochi giorni si tornerà a fare sul serio nello sci alpino. Come da tradizione la stagione si aprirà a Sölden (Austria) e alle incognite di ogni nuovo avvio - chi saranno i protagonisti?, chi si è preparato meglio?, chi saprà confermarsi e chi emergere? - si aggiungono le incertezze legate all'evoluzione della pandemia di coronavirus, che a marzo costrinse lo sci mondiale a chiudere in anticipo. 

Pandemia che per Mauro Pini (tra i responsabili del settore alpino di TiSki e già allenatore in Coppa del Mondo) non ha impedito ai protagonisti di prepararsi al meglio. «A differenza delle altre estati, i team più grandi non sono andati nell'emisfero Sud per allenarsi in condizioni invernali e su piste più lunghe. Hanno però beneficiato di ghiacciai europei in condizioni perfette come non si vedeva da anni. Gettonate sono state le due strutture svizzere di Saas Fee e Zermatt, e lo Stelvio in Valtellina. Tra squadre c'è stata un'ottima collaborazione, volta ad aiutare soprattutto le più piccole e quelle che in patria non hanno piste sciabili tutto l'anno. In un momento complicato come l'attuale, si è dunque creato un movimento di solidarietà, affinché tutti avessero le stesse possibilità. È opinione comune che sia fondamentale che ogni atleta arrivi pronto all'avvio di stagione e sia performante in gara. In caso contrario, ne andrebbe di mezzo lo sport stesso». 

Che strano pensare Wengen o 'Kitz' senza tifosi

In termini di preparazione, per Pini la situazione legata al virus non ha sconvolto la routine degli atleti. Gli sciatori sono abituato ad allenarsi singolarmente, dove non c'è gente. Altra cosa saranno probabilmente le gare e un primo assaggio lo si avrà proprio nel weekend a Sölden, dove si correrà senza pubblico. «È difficile pensare a Kitzbühel, Wengen, Adelboden, Schladming, per fare alcuni esempi, senza l'impressionante afflusso di tifosi». Una gara resterà una gara, ma l'ambiente surreale e freddo priverà gli atleti di emozioni e pathos. «Questo è forse uno degli aspetti di cui si parla poco, ma vedremo se questa situazione lascerà qualche strascico specialmente nei giovani. Immaginiamo un 'ragazzo' che va sulla Streif per la prima volta e, invece di centomila persone lungo il tracciato e al traguardo, trova il vuoto. Certo, poi una gara sarà sempre una gara e chi si affaccerà alla Coppa del Mondo, competerà contro chi magari aveva visto solo in tv. Ma questi sportivi dalla carriera già breve, saranno privati di un aspetto importante. Immaginare Wengen senza che dalla mattina alla sera il pubblico fermi tutti, ma proprio tutti gli sciatori per chieder un autografo o una foto, dar loro una pacca sulla spalla o incitarlo, è difficile». 

Poco dovrebbe invece cambiare, per gli atleti, dal punto di vista degli obiettivi. Trasferta americana (annullata) a parte, gli altri appuntamenti sono confermati. Soprattutto a inizio dicembre s'è cercato di raggruppare più eventi nello stesso luogo, allo scopo di limitare gli spostamenti. «Mi sarei aspettato qualcosa di ancora più drastico in tal senso da parte della Federazione internazionale, che si conferma poco 'innovativa'. D'altro canto, se in condizioni normali c'è la fila a voler organizzare una gara di Coppa del Mondo, nell'attuale situazione è immaginabile che molte stazioni attendano di vedere cosa accadrà. Le grandi stazioni in particolare, possono reggere un anno senza pubblico; ma la 'sola' tv non basta per ripagare l'immane sforzo organizzativo. Non foss'altro che dal punto di vista della motivazione. Allestire un evento richiede notevoli sforzi, non unicamente finanziari: un conto è compierli pensando poi di accogliere migliaia di spettatori, un altro per un parterre vuoto».  

Negli scorsi giorni Wolfgang Maier (direttore Federazione tedesca di sci) ha dichiarato che, se la stagione non si potrà svolgere regolarmente a causa della pandemia, l'80 per cento delle federazioni falliranno e lo sport invernale morirà. «Forse non in questi termini numerici, ma per lo sport invernale c'è un reale pericolo. Soldi non ce ne sono e, tolte due-tre nazioni tra cui la Svizzera, che senza essere ricche hanno mezzi a disposizione, le altre sono da sempre con l'acqua alla gola. Purtroppo lo sci in tal senso è rimasto al palo. Sopravvive grazie a questa immagine un po' ideologica e, in qualche modo, anacronistica, delle imprese di atleti che affrontano piste mitiche. Il pericolo di un pesante tonfo esiste, è concreto e può accadere in tempi brevi. Probabilmente Maier voleva rendere attenti del fatto che non ci voglia molto, a mettere in crisi un sistema dalle basi fragili. Da anni se ne parla, ma nessuno è finora stato capace di dare una decisa sterzata. Questo è davvero un momento molto delicato e se crolla la punta, salta tutto il sistema».

I soliti noti, ma anche Odermatt, Meillard e Holdener

La Svizzera si presenta al cancelletto di partenza forte della vittoria nella classifica per nazioni. «Che un team come il nostro, con ghiacciai a disposizione e una forza federativa importante, ci abbia messo così tanto a tornare in vetta, pur tenendo conto che l'avversaria, l'Austria, è una potenza, evidenzia la complessità di questo sport». Il primo posto nel ranking mondiale, oltre a un prestigio e a essere motivo di orgoglio, vuol dire anche maggiori sovvenzioni, più sponsor e quindi più soldi. «In tal senso a livello di federazione si potrebbe avvertire un po' di pressione, per riconfermare il risultato. Pressione che non vedo pesare sui singoli sciatori. Lo sci resta disciplina individuale e la classifica per nazioni 'solamente' la somma dei risultati individuali. D'altro canto, il risultato lascia sicuramente in eredità un ambiente sereno e senza polemiche: situazione ideale per lavorare in tranquillità».

Per venire allo sci... sciato, nel circuito maschile per Mauro Pini sarà intrigante vedere cosa saprà fare Aleksander Kilde, vincitore a sorpresa di una generale che, senza nulla togliere al norvegese, bravissimo e che ha denotato grossi progressi anche in gigante, è stata gettata al vento dal francese Alexis Pinturault. Ma, oltre all'altro protagonista atteso che è Henrik Kristoffersen, mi aspetto che si faccia largo qualche outsider. Su tutti i nostri Marco Odermatt e Loïc Meillard, che hanno il potenziale per andare là davanti e che fanno parte di una squadra in cui c'è una buona energia». Altra variabile che potrebbe scompigliare un po' le carte è una stagione senza le combinate. Gare che, pur non avendo mai fatto l'unanimità, «hanno spesso visto al via chi si giocava la generale perché non di rado hanno elargito punti decisivi». 

In campo femminile ovviamente occhi puntati su Mikaela Shiffrin, che aveva interrotto la stagione scorsa dopo l'improvvisa perdita del papà. «Un colpo per lei durissimo. Inoltre è nove mesi che non corre. Ma una come lei, se va in partenza, è perché sta bene. Al di là della lotta per la coppa di cristallo più prestigiosa, se non ci si potesse gustare una Shiffrin su di giri, sarebbe davvero un grande peccato». Oltre alla statunitense, in corsa per la leadership Pini cita Petra Vlhova, le italiane «e la nostra Wendy Holdener». L'infortunio patito in allenamento a Saas Fee (frattura alla testa del perone), «non è stato grave. Aspettiamo lo slalom di Levi, che ci darà il suo stato di forma. È ora dire che lei si prenda un posto tra le protagoniste. Magari togliendosi di dosso la pressione di dover finalmente vincere uno slalom, per a giocarsi qualcosa di più grande. Ha le capacità per farlo. A mio parere almeno nella parte finale della scorsa, Wendy aveva già dato segnali di voler imboccare questa strada». Resta un po' un'incognita Michelle Gisin, il cui tallone d'achille è la regolarità. «Può ambire a posizionarsi tra le top nella generale, ma non deve più avere quegli alti e bassi che finora l'hanno limitata. Vero è che Gisin è una delle pochissime ad affrontare tutte le specialità e qui sta la grande difficoltà. Essere un campione in una disciplina è una cosa, vincere in due o tre è durissima e la stagione è molto, molto provante, fisicamente e psicologicamente. La stessa Shiffrin in stagione sceglie di saltare alcune gare, in questo senso è la sola a essere gestita così bene. La difficoltà maggiore per chi ambisce ad aggiudicarsi la coppa generale, è gestire tutte le tappe, prevedere allenamenti centellinati ma fatti al momento giusto, avere un team che funziona alla perfezione. Perché è tutta la squadra attorno all'atleta, che vince una coppa del mondo».

Della regina delle discipline veloci, Corinne Suter, Pini si dice «convinto che continuerà sull'onda sulla quale è finalmente riuscita a salire. Già fortissima a livello junior, quando conquistò tre medaglie mondiali, era attesa da tempo e aveva sofferto di questa etichetta di predestinata. Ora è uscita quella che è».

Se Lara fa la Lara...

Sguardo attento anche sulla ticinese Lara Gut-Behrami, perché - lo si è visto anche la scorsa stagione - è sciatrice sempre capace di piazzare l'acuto. «Nessuno mette in dubbio le sue capacità, ma moltissimo dipenderà dal suo stato mentale. Se ci sono testa e fiducia nei propri mezzi, come ha lasciato intravvedere in alcune gare lo scorso anno, quando va in partenza è tra le favorite di sicuro nella velocità. Per un'atleta di questo calibro, con una carriera che non è data a tanti, al via non si può che avere un occhio di riguardo, perché ha nelle corde grandi cose. Speriamo che abbia superato la crisi d'inizio anno scorso, quando non era la Lara che abbiamo conosciuto. Probabilmente lei stessa non si riconosceva. La Lara 'vera' è quella mostratasi a Basnko, a Crans Montana».