Originario di Cusano Mutri (Benevento), il 38enne da nove anni vive a Lusail, alla periferia di Doha. ‘In otto anni la città ha cambiato volto’
«Questa è tutta un’altra Doha. Nel giro di otto anni la città si è trasformata: in vista di questo appuntamento ha cambiato completamente volto». A raccontarcela, conducendoci in una sorta di tour guidato in uno dei centri nevralgici della fase finale della Coppa del mondo è Roberto De Paola, chef italiano che da quasi dieci anni vive in Qatar. «Dove abito io, a Lusail (alla periferia nord di Doha, ndr), otto anni fa non c’era nulla. Girando in bicicletta per le strade, sembrava quasi impossibile che nel giro di otto anni qui si sarebbe giocato il Mondiale. Nel frattempo sono spuntati nuovi centri commerciali, sono state realizzate nuove strade ed è pure stata aperta la metropolitana. Lusail è riuscita a diventare un’attrazione turistica, facendo cose che ben poche altre città riuscirebbero a fare in questo lasso di tempo. Ha dell’incredibile lo sviluppo che ha avuto: qui tutto è all’avanguardia. È una città super sicura, al punto che pure io, che sono napoletano, non chiudo nemmeno a chiave la porta di casa! Doha, rispetto a Dubai, è una cittadina più a misura di famiglia; qui la vita scorre più tranquillamente. Ma ha tutti i suoi comfort: i ristoranti non mancano, e c’è pure un parco acquatico appena aperto, le spiagge (fra cui una dedicata al kitesurf). Tutte cose che però, ovviamente, in questi giorni passano in secondo piano, visto che praticamente l’intera attenzione è catalizzata dai Mondiali di calcio».
Che clima si respira per le strade di Doha in questi giorni? «In città sono arrivati molti tifosi, in particolare dall’America latina, come argentini, ecuadoriani e brasiliani. Europei per ora non ne ho visti moltissimi, se non quelli già presenti qui per altre ragioni: vicino a dove abito c’è una comunità inglese, poco oltre diversi francesi, e ovviamente pure loro sono contagiati dalla febbre dei Mondiali».
Ciò non toglie che alle nostre latitudini (e non solo) la scelta di giocare questo torneo in Qatar abbia portato con sé non poche perplessità, oltre che critiche. «Beh, sì, l’eco di tutto ciò l’abbiamo sentita anche noi qui. Ma guardando al risultato sul posto, ti rendi conto che al di là delle critiche, l’enorme macchina organizzativa ha fatto un lavoro egregio. Sono stato a vedere la cerimonia inaugurale e la partita tra il Qatar e l’Ecuador, come pure quella tra Argentina e Arabia Saudita, e l’atmosfera che c’era allo stadio era incredibile: un’immensa festa ottimamente riuscita. E poi gli stadi... Già il fatto di potersi gustare una partita con queste temperature in una struttura con l’aria condizionata, per un tifoso è qualcosa di eccezionale! Al di là di tutto bisogna dare atto al Qatar di essere riuscito a mettere in piedi una competizione di alto livello».
Hai menzionato l’Argentina, la protagonista del primo clamoroso scivolone di questo torneo... «Quella è stata una partita da pelle d’oca, mi sento quasi un privilegiato per averla vista dal vivo. Sulla carta l’Albiceleste avrebbe dovuto vincere in scioltezza, ma poi all’atto pratico è andata tutta in un altro modo. Per il tripudio dei tifosi dell’Arabia Saudita, che al triplice fischio si sono lasciati andare in una festa sfrenata. E non sono mancati gli sfottò agli avversari: uno spettacolo decisamente singolare, più unico che raro. A ogni modo l’Argentina non è stata l’unica a steccare d’entrata: mercoledì stessa sorte è toccata alla Germania, battuta dal Giappone; sono persuaso che da qui alla fine del torneo ne vedremo ancora delle belle».
Come prosegue ora il tuo Mondiale? «Settimana prossima andrò a vedere Inghilterra-Galles, Portogallo-Uruguay e Polonia-Argentina». Si è parlato di prezzi inaccessibili per il pubblico. Ma, concretamente, quanto costano i biglietti per voi residenti? «All’incirca una settantina di euro, ma ovviamente dipende dal settore. Io, a ogni buon conto, li ho ricevuti in omaggio dalla famiglia per cui lavoro».
In Qatar, la grande assente, indiscutibilmente, è l’Italia; un’assenza che ha il sapore della... pasta scotta per Roberto. «Non nascondo che la mancata qualificazione dell’Italia brucia ancora parecchio. È un boccone molto amaro, che ancora adesso faccio fatica a mandar giù. Sentire allo stadio gli inni delle altre nazioni sapendo che quello degli Azzurri non verrà intonato a questo torneo mi provoca ovviamente molto dispiacere. Ma se in Qatar l’Italia non c’è non è per colpa di qualcun altro: la colpa è sua e del sistema con cui viene gestito il calcio italiano».
Originario di Cusano Mutri, in provincia di Benevento, Roberto De Paola nove anni fa si è lasciato alle spalle la sua Campania per trasferirsi in Qatar. Dove il 38enne si è fatto un nome a colpi di mestolo e frustini. Tanto dal guadagnarsi il ruolo di chef nella cucina della sceicca Amna Al Thani, una delle donne (e famiglie) più influenti del Paese. «In Qatar ci sono arrivato per necessità, o... per un grande colpo di fortuna: dipende da come la si vuole guardare!», sottolinea con un largo sorriso il 38enne. Che poi, con un pizzico di umiltà, s’affretta a precisare: «Sono uno chef, sì, ma sono solo uno degli chef al servizio della famiglia della sceicca. In totale la brigata di cucina comprende sedici persone. Io sono lo chef responsabile della cucina italiana, ma poi abbiamo anche un responsabile ciascuno per tutti gli altri tipi di cucine, da quella indiana a quella marocchina, passando per quella araba, quella giordana, quella indiana, l’egiziana... Insomma, siamo una bella squadra, che a turno propone i suoi piatti, a rotazione, in modo da poter allestire di settimana in settimana un menu con un ventaglio di scelte con le principali cucine da tutto il mondo».
Dall’Italia, oltre al notevole bagaglio di esperienza ai fornelli, Roberto si è però portato altro: la passione per il calcio. «Da buon italiano non potevo certo rinnegare quello che per noi resta pur sempre lo sport nazionale per eccellenza. A Cusano ho giocato nelle giovanili, militando in diverse categorie, dalla promozione all’eccellenza e a calcetto. Insomma, ho fatto la mia gavetta. Ora, invece, il calcio lo vedo da un’altra prospettiva: quella del tifoso. Di questo sport in generale, perché per me ogni partita è uno spettacolo, ma del Napoli prima di tutto. Quando ho un congedo più lungo del solito e posso rientrare in Italia, una capatina allo stadio per vedere il Napoli è d’obbligo. Lo seguo anche a distanza, qui in Qatar: cascasse il mondo, quando c’è la partita della mia squadra, tutto si ferma per me». Tanto più che quest’anno, a livello di risultati, l’undici partenopeo sta regalando grandi soddisfazioni... «Sì, quest’anno per ora le cose stanno andando benone, anche se fino all’ultimo stai sempre con l’ansia, nel prepartita, durante la partita vera e propria e anche dopo. È un... forcing continuo».
In Qatar, poi, Roberto ha avuto la fortuna di trovare lavoro in una famiglia pure lei appassionata di calcio: «Quando siamo in viaggio in Europa e si presenta la possibilità, una capatina in uno stadio cerchiamo sempre di farcela stare; in Italia abbiamo già visto diverse partite assieme, a Napoli, a Roma... Essendo una persona assai nota, la presenza della sceicca in tribuna non passa quasi mai inosservata, al punto che più d’una volta poi sono circolate voci su un suo possibile interessamento all’acquisto di questa o quella società. In generale, il calcio è sempre molto seguito da tutta la famiglia: non potevo desiderare di meglio come ‘contorno’ all’ambiente lavorativo qui in Qatar!».
La sua vita, come detto, ora è a Doha, uno dei punti nevralgici di questi Mondiali. «Principalmente, perché bene o male siamo spesso in viaggio per il mondo, per curare gli affari della famiglia. Ma ora siamo qui, per cui viviamo una ‘full-immersion’ di questa Coppa del mondo. Lo stadio di Lusail dista una quindicina di minuti a piedi da dove abito, mentre il ‘974’ è a una ventina di minuti, per cui anche a casa si respira un po’ di questo clima festoso. Del resto anche in Qatar il calcio è uno sport diffuso, anche se ovviamente il livello non è certo quello dei principali tornei europei. Per cui questi Mondiali sono un’occasione imperdibile per vedere un calcio di qualità».
C’è chi, però, non nasconde qualche perplessità nel mettere in scena una ribalta come questa in un Paese a confessione musulmana...«Ma la cultura o la confessione sono aspetti che non concernono direttamente il calcio. Il Qatar è un Paese musulmano, e come tale va rispettato e vissuto. Se scegli di venire a vivere qui, lo fai cercando di abbracciarne la cultura, rispettandone le tradizioni. L’ho fatto anch’io: all’inizio non era così evidente, ma poi sono risuscito a integrarmi tutto sommato bene». Al punto che un anno fa Roberto ha pure trovato moglie, originaria dell’Azerbaigian.