Il Lugano deve rialzare la testa dopo un weekend frustrante. ‘E in momenti simili che i leader devono manifestarsi: facile esserlo quando tutto gira bene’
Lugaon – Si può facilmente immaginare cos’abbiano pensato i quattromiladuecento tifosi assiepati sugli spalti, più tutti gli altri sul divano di casa, quando Luca Fazzini e Daniel Carr tergiversano davanti alla porta, nonostante si trovino in posizione di sparo a due passi da Antoine Keller, a una ventina di secondi al termine di Lugano-Losanna. L’azione ha tutto il peso di un pareggio in extremis e invece si conclude con un tocco in mezzo del canadese che il suo senso ce l’ha, è indiscutibile, ma in un disperato forcing a 6 contro 5 probabilmente la scelta migliore sarebbe stata un’altra. Quell’episodio è un po’ lo specchio della situazione attuale che sta vivendo un Lugano vittima di dubbi che lo portano a pensare troppo prima di decidere, e quando la decisione arriva spesso non è quella giusta. Basti pensare, ad esempio, alla penalità di Marco Zanetti non proprio necessaria (eufemisticamente parlando) dietro alla gabbia avversaria a quattro minuti dal termine, da cui nascerà il gol-partita di Tim Bozon. «Già, non posso negarlo, è frustrante – dice il coach Luca Gianinazzi –, perché non vorresti mai vedere una penalità presa a sessanta metri dalla tua porta. Ma non si è trattato di uno stupido fallo con il bastone: semmai parlerei di foga, infatti stava cercando di recuperare sull’uomo e il suo pattino gli è finito davanti. Certo, è sgambetto, ma è stato un qualcosa di quasi fortuito, se vogliamo».
Così come fortuito, purtroppo per il Lugano, sono i due episodi che hanno tolto di mezzo altri due giocatori, quel Lorenzo Canonica uscito di scena nel terzo periodo– cosa che ha spinto Gianinazzi a chiudere il match a tre linee e mezzo – dopo che Santeri Alatalo lamentava già qualche problema, tanto da aver effettuato solo un paio di cambi da metà partita in poi. «È un po’ come la famosa Legge di Murphy: ti dici che ormai sei arrivato al punto in cui hai dato e invece ecco piombarti addosso una nuova grana. Però non siamo gli unici in questa situazione: starà a noi trovare la soluzione, sperando che a corto termine possa rientrare qualcuno». Nell’attesa pure che dal Canada sbarchi quel Justin Schultz il cui arrivo era stato annunciato negli scorsi giorni, il cui debutto però è attesa soltanto nel weekend.
Quando parla di soluzioni, ‘Giana’ sa bene a cosa si riferisce. «Ne avevo già parlato alla squadra dopo la brutta partita di venerdì a Davos: è nei momenti difficili che la squadra deve crescere, che il gruppo deve diventare più forte. Ed è a quel punto che hai bisogno che i tuoi leader facciano un passo avanti, perché quando tutto gira bene, è facile essere un leader. Così come è facile essere una buona squadra e un buon gruppo».
Il problema, tuttavia, è che quando non tutto va come lo si era immaginato, cominciano a emergere i dubbi. «Credo che dovremmo imparare dal Losanna, che sabato ha sempre scelto le opzioni più semplici – dice Marco Müller, con aria sconsolata –. Hanno segnato tutte e tre le volte da due passi: anche noi dobbiamo arrivare fin lì. Da attaccante so bene che quando i tiri non entrano diventa davvero frustrante. È una reazione logica: è come se il bastone a ogni conclusione fosse più pesante, così cominci a farti delle domande e ti metti ad analizzare le azioni davanti alla tivù, e a quel punto ti vengono mille pensieri in testa che non ti aiutano. La frustrazione è normale, ma la situazione adesso è queste, e bisogna che ci sblocchiamo, io per primo».
Bisogna soltanto capire come. «So che non è facile uscire da situazioni del genere, infatti se fosse tanto facile ne uscirebbero subito tutti. Dobbiamo riguadagnare quella fiducia in allenamento. E per come la vedo io dovremo cominciare a non pensarci su troppo, affidandoci maggiormente all’istinto. Ritengo sia questa la soluzione migliore, perché è l’istinto a farti reagire più velocemente. Rispetto a quando ragioni su ciò che devi fare, affidandoti all’istinto hai maggiori chance fare la cosa giusta».
Bisogna vedere, però, se basterà l’istinto per fermare la sfiga… «È veramente una cosa inspiegabile – aggiunge , scuotendo la testa –. Non so cosa dire. Se ripenso a tutta la sfortuna che ho avuto io l’anno scorso, e non m’era mai successo prima… Speravamo che fosse acqua passata, e invece ci risiamo. Però, l’ho già detto una volta e lo ripeto, non voglio che quello degli infortuni venga preso come alibi. Del resto non siamo gli unici a soffrirne, e mi dico che sono questi i momenti che possono tornare utili ai giocatori più giovani e che magari non erano troppo contenti del loro ruolo all’inizio: ora hanno la possibilità di sfruttare l’occasione per crescere, e noi ne abbiamo bisogno. Da qui alla pausa restano tre partite e vogliamo vincerle. Con i giocatori che abbiamo».