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Svizzera, un’occasione così quando mai ti ricapita?

Domani la Nazionale sfida l’invincibile Canada per un posto in finale ai Mondiali di Praga, opportunità irrinunciabile con l’apparente benestare degli Dei

Domani tutta la O2 Arena tornerà ad essere per i rossocrociati
(Keystone)
24 maggio 2024
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Da una parte c’è Reto Berra, il grande protagonista della semifinale del 2013 contro gli Stati Uniti finita 3-0, che sul ghiaccio di Stoccolma aveva regalato alla Svizzera la sua prima finale della storia. Oggi, però, Berra ha trentasette anni, e si può dire che per lui futuro sia ormai alle spalle.

Dall’altra parte, invece, c’è un Leonardo Genoni che era in pista a Copenaghen nella semifinale vinta contro il Canada al Mondiale 2018 (3-2), che a sua volta ha quasi 37 anni (li compirà ad agosto) e nella cui testa è senz’altro ancora vivo il ricordo di quanto successe un anno fa, nel quarto con la Germania ai Mondiali di Riga. Quando Patrick Fischer lo relegò in panchina preferendogli Robert Mayer tra la sorpresa generale, e quello fu il motivo più grande dell’ignominiosa sconfitta contro i tedeschi (3-1).

Domani, sul ghiaccio di Praga il portiere dello Zugo ha una missione da compiere: cancellare il ricordo di quella disgraziata partita, regalando alla Nazionale la sua terza finale in poco più di dieci anni. Sempre che Patrick Fischer decida di affidare a lui il ruolo di titolare. E ciò che è probabile, è che per il trentaseienne portiere originario della Valle di Blenio sia proprio questa l’ultima occasione per riuscire a vincere un titolo iridato. Così come per ‘Fischi’ potrebbe essere l’ultima volta in cui può contare su di un portiere nel cui palmàres c’è una vittoria in una semifinale mondiale. Ed è un’occasione da sfruttare, anche perché oggi come oggi il Genoni del futuro ancora non c’è.

Come Gesù, ma sul ghiaccio

Ma non è soltanto una questione di portieri. Il contingente a cui può attingere Patrick Fischer ai campionati del mondo di Praga e Ostrava è zeppo di qualità. C’è Roman Josi, il miglior giocatore, difensore leggiadro i cui estimatori dicono che cammini sul ghiaccio come Gesù sulle acque. Poi c’è Nico Hischier, il miglior centro, intelligente e freddo come pochi. Per non parlare poi di Kevin Fiala, l’attaccante più pungente e creativo che il nostro hockey abbia mai saputo produrre. Grazie alle circostanze favorevoli, cioè a com’è finita la loro stagione al di là dell’oceano, tutti e tre sono potuti arrivare a Praga, e nei loro momenti più luminosi formano offensivamente una specie di Triangolo delle Bermuda in cui scompaiono le difese nemiche.

Lo splendore dell’umiltà

Ma non è soltanto una questione di classe: Josi, Hischier e Fiala, al pari di tutti gli altri non hanno paura di gettarsi davanti ai dischi per evitare che possano arrivare in rete. Quando mai vedremo ancora all’opera a un Mondiale una Svizzera costellata di stelle che invece di brillare semplicemente per la loro classe risplendono anche per la loro umiltà, mettendosi altruisticamente al servizio della difesa? Il bianconero Calvin Thürkauf, Christoph Bertschy del Friborgo, Sven Andrighetto dello Zurigo, Dario Simion e Fabrice Herzog dello Zugo, tutti giocatori che in campionato sono dei leader offensivi, quindi segnano un sacco di reti, ora che sono in Nazionale si mettono al servizio della squadra, preoccupandosi soprattutto di impedire agli avversari di segnare. E lo fanno senza mai lamentarsi, anche con grande passione se necessario.

Non c’è paura che tenga

Quando mai la Svizzera potrà contare al Mondiale su giocatori non solo prestanti ma pure ruvidi, per non dire rudi, come Jonas Siegenthaler o Nino Niederreiter? Uno Christian Marti potremmo vederli molte altre volte ai Campionati del mondo, perché è fisicamente dominante nel nostro campionato e si metterà sempre a disposizione. Ma con l'arrivo di Siegenthaler e Niederreiter, la Svizzera ora ha nell'effettivo due tipi tosti sul serio, gente abituate a giocare in Nhl (ai New Jersey Devils il primo, ai Winnipeg Jets il secondo) che non ha paura dei bestioni che popolano la Lega professionistica nordamericana, e sanno bene cosa fare per impedire agli avversari di fare tutto ciò che vogliono.

E poi, rivedremo mai a un Mondiale Andres Ambühl, lui che è il primatista assoluto a livello internazionale (ben 19 edizioni: 139 partite, con 28 gol e altrettanti assist) e che a settembre compirà 41 anni? Non sarà forse più il ‘Büehli’ di un tempo, anche se a Praga ha già totalizzato 5 assist (!), ma il suo ruolo in seno al gruppo non può essere sottovalutato: ogni squadra ha bisogno di un giocatore leggendario, di un personaggio che faccia sempre la cosa giusta sfruttando la propria intelligenza e la propria esperienza, oltre che il carisma.

Niente Nhl, niente capolavori

Da ultimo, ma non per ultimo, la Svizzera potrà mai contare nuovamente su un tecnico delle qualità di Patrick Fischer? Il 48enne di Zugo in queste ore è più rilassato che mai, perché dopo aver riportato la Nazionale in semifinale sa che il suo contratto fino ai Mondiali casalinghi (quelli di Zurigo e Friborgo del 2026) non è in pericolo. E da qui ad allora ‘Fischi’ potrebbe anche compiere altri capolavori, magari l’anno prossimo a Herning e Stoccolma, oppure in Svizzera o persino ai Giochi di Milano e Cortina. Tuttavia, per riuscirvi sa che dovrà dipendere da circostanze che lui stesso non può influenzare. Succederà di nuovo, in futuro, che gli Dei dell’hockey decidano nuovamente di mostrarsi tanto misericordiosi come stavolta, facendo naufragare i sogni di gloria degli elvetici impegnati nella National Hockey League per permetter loro di volare ai Mondiali? Perché, questo è chiaro, niente giocatori Nhl, niente capolavori.

LA RIVINCITA

‘Una partita intensa, ci sarà da lavorare’

C’erano quasi diecimila rossocrociati domenica scorsa, sugli spalti della O2 Arena per assistere a Svizzera-Canada, penultima partita della fase preliminare del torneo. Una sfida ricca di emozioni che tuttavia finì malamente, soprattutto per colpa di quella penalità di partita sul conto di Kevin Fiala che regalò ben due reti ai canadesi. «I canadesi hanno una squadra forte, ma se ci hanno battuti stavolta è soltanto perché hanno segnato un gol in più di noi» disse Fischer nel dopopartita. Prima di aggiungere: «Spero di incontrarli di nuovo». E quella sua richiesta è state esaudita.

A chi gli chiede ora quali differenze veda tra la semifinale del 2018 in Danimarca e quella di domani pomeriggio, ‘Fischi’ risponde così: «Sono due partite che non si possono paragonare. Perché sono due squadre completamente diverse e sono passati sei anni. Ma se il Canada rimane una squadra molto, molto forte, in questi sei anni noi siamo cresciuti: forse questa può essere la differenza». «Mi aspetto una semifinale molto veloce, intensa, tra due squadre che andranno a ritmi sostenuti – aggiunge il coach rossocrociato –. Ci sarà lavorare molto bene in forechecking, meglio di quanto avevamo fatto domenica scorsa, in quella che è pure stata l’unica partita che abbiamo fin qui perso: è stata una lezione, per noi, e in semifinale mi aspetto che il powerplay abbia una resa migliore rispetto al quarto contro i tedeschi».