La Germania fa paura, ma a Ostrava c’è un precedente pure più inquietante con Josi e Fiala in pista. ‘Non pensiamo al resto, concentriamoci su noi stessi’
Ostrava Arena, ore 16.30. Dopo tre ore e mezza trascorse a bordo del treno che li ha portati a spasso per la Repubblica Ceca, dalla capitale Praga fino al capoluogo della Moravia, a un tiro di schioppo dal confine polacco, i rossocrociati di Patrick Fischer hanno subito rimesso i piedi in pista: un’oretta e un quarto di allenamento per prendere le misure del palcoscenico su cui si esibiranno oggi pomeriggio, alle 16.20 precise, sfidando quella Germania con cui la Svizzera ha un conto in sospeso dai Mondiali dello scorso anno (e non solo, pensando ad esempio a come finì nel 2021 a Riga, oppure ai Giochi di Pechino). L’intento è chiaro: andare a caccia di una semifinale che manca dal 2018, quando la Nazionale fallì per un soffio il suo primo titolo perdendo dalla Svezia una drammatica finale decisa ai rigori.
Ma se in queste ore la Germania è sulla bocca di tutti, forse non molti ricorderanno che legato al ghiaccio di Ostrava c’è un precedente ancor più significativo di quello contro i tedeschi, quanto a fallimenti: risale alla primavera del 2015, quella dell’ultimo Mondiale su suolo ceco, la cui sceneggiatura è sinistramente simile a quella attuale, tanto che sconsigliamo ai più scaramantici di leggere oltre. Infatti, anche allora la Nazionale (affidata a Glen Hanlon) era di stanza a Praga, e al termine della fase preliminare del torneo – dove però si piazzò quarta, non seconda – si dovette accomodare su un treno per trasferirsi a Ostrava, dove due giorni dopo avrebbe poi disputato il quarto di finale d’apertura, anche in quel caso di pomeriggio, dunque, ma contro gli Stati Uniti. Come se non bastasse, quel giorno come oggi sul ghiaccio c’erano sia un pur giovanissimo Kevin Fiala, sia Roman Josi. E il bernese tra l’altro segnò il primo gol agli americani, al quattordicesimo minuto, prima che a metà partita si spegnesse definitivamente la luce.
Le analogie, tuttavia, finiscono lì. O almeno si spera. Del resto questa è tutta un’altra Svizzera, e si presenta all’appuntamento non soltanto con la consapevolezza della propria forza, bensì – e soprattutto – con i numeri dalla sua. I quali dicono che, fin qui, la selezione allestita da Patrick Fischer è probabilmente la migliore di tutti i tempi, ma di certo è la più equilibrata di sempre: basti dire che sono appena in due a non essere ancora andati a punti (Sven Jung e Christian Marti), che un giocatore soltanto lamenta un bilancio +/- negativo (ed è Sven Andrighetto, ma ha comunque un -1) e tra tutti il solo Roman Josi supera i 20 minuti di presenza media a partita (24’05’’).
Superiorità o no, Nino Niederreiter e compagni sanno che quest’oggi dovranno far fronte a un avversario granitico, che non concederà assolutamente nulla sul piano difensivo. Quindi forse non è un male se gli elvetici arrivino al duello con i tedeschi dopo aver affrontato due giorni prima la Finlandia, squadra che ha dato a lungo prova di grande compattezza, lasciando ben pochi spazi alla nostra Nazionale. Eppure, nel secondo periodo i rossocrociati quegli spazi sono andati a prenderseli, e segnando due gol in meno di due minuti hanno dato una decisa svolta alla serata.
Evocando la Germania, tutti parlano di desiderio di rivincita o di conto in sospeso da saldare. Tutti tranne uno, Patrick Fischer: «Non ci deve essere nulla di tutto ciò – dice, sereno, il coach rossocrociato –, dobbiamo soltanto concentrarci sulla nostra prestazione. Saremo pronti: le sensazioni sono buone, poi oggi vedremo cosa succederà».
D’altronde, dopo quanto mostrato sul ghiaccio della O2 Arena nella fase preliminare del Mondiale, le prospettive non possono che essere buone. «Abbiamo giocato con grande costanza nelle ultime cinque partite – aggiunge ‘Fischi’ –. In situazione di parità numerica, difensivamente abbiamo lavorato veramente bene, non concedendo nulla ai nostri avversari, e questo è importante. Ma più importante ancora è che in squadra siano tutti in salute, dopo che contro la Finlandia è rientrato anche Gaëtan Haas, mostrando subito buone cose».
In salute o quasi, visto che martedì sera Christian Marti non era riuscito a portare a termine il confronto, anche se quest’oggi dovrebbe essere in grado di riprendere il proprio posto nel lineup, mentre s’è poi scoperto che Jonas Siegenthaler la partita contro la Finlandia non l’aveva giocata perché non era al 100% delle sue possibilità. «Oggi, però, ci sarà», aggiunge Fischer.
Come la Svizzera, anche la Germania ha le sue star. Tra i venticinque giocatori convocati da Harold Kreis, vecchia conoscenza dell’hockey ticinese, ce ne sono cinque che arrivano dalla National Hockey League: oltre al portiere Philipp Grubauer (Seattle Kraken), ci sono gli attaccanti Nico Sturm (San José Sharks), Lukas Reichel (Chicago Blackhawks) e John Peterka (Buffalo Sabres), e il difensore degli Arizona Coyotes Maksymilian Szuber. Questi cinque, ma neppure tutti gli altri faranno sconti, dopo aver mostrato buone cose nella fase preliminare del torneo chiusa appena dietro gli Stati Uniti (secondi), pur se già a sei punti dall’inarrivabile Svezia, assoluta dominatrice di un girone B apparentemente meno ostico di quello dei rossocrociati. «La Germania ha indubbiamente buoni giocatori – spiega Fischer – e segna parecchio (ben 34 gol in 7 partite, ndr). Sì, sappiamo bene chi sono i tedeschi, ma ne conosciamo anche le debolezze. E in tutta sincerità, arrivati a questo stadio della competizione non importa chi sia l’avversario: ci saranno in ogni caso momenti difficili e vedremo di superarli, tutti insieme. Contro la Germania oppure contro chiunque altro, mettendo in pista tutta la determinazione che ha contraddistinto le nostre partite fin qui. E crescendo ancora come squadra, perché davanti a noi abbiamo un passo molto importante da compiere». Un passo che porterebbe dritto al weekend decisivo, nuovamente in quel di Praga, dove sabato ci sono le semifinali e domenica le due finali, e chi vi arriverà avrà il 75% di possibilità di mettersi in tasca una medaglia. Allettante, no?