I vodesi dimostrano nuovamente di essere all’altezza della situazione, tremando soltanto in avvio. E giovedì ad Altstetten la finale riparte dal 2-2
Ci sono occasioni che, davvero, non si possono fallire. Come quella che capita al 36’46’’ del quarto atto di una combattuta e incerta finale, mentre il tabellone della Vaudoise Arena già indica un 3-1 per i Leoni del Lemano, e quelli della Limmat si ritrovano sul ghiaccio in 5 contro 4 dopo che Bozon si fa buttar fuori per un intervento giudicato un po’ rude nei confronti di Andrighetto, poco dopo essere rimasto lui stesso vittima di un cross-check in pieno volto da parte di Hollenstein, senza però che gli arbitri se ne avvedessero, nonostante il francese sanguinasse. Come se non bastasse, ventitré secondi più tardi da 4 che erano i padroni di casa si ritrovano in 3, quando Almond si fa sbatter fuori a sua volta per una bastonata in faccia a Lammikko: ebbene, in quel minuto e 37 secondi in doppia superiorità gli uomini di Marc Crawford non riescono a segnare. Nonostante il coach canadese dello Zsc decida persino di interrompere il powerplay per chiamare il timeout. E se il disco non entra un po‘ è per sfortuna (traversa di Malgin al 38’18’’), un po’ per l’enorme dispendio d’energie vodese (salvataggio a porta vuota di Glauser su tiro a botta sicura di Andrighetto) e un po’ è perché è così che deve andare, visto ciò che succede per gran parte dei restanti 58 minuti di gioco. In un martedì sera in cui, involontariamente, Losanna e Zurigo si scambiano i ruoli: mentre tutti s’aspettano un inizio a tambur battente dei vodesi, per una volta sono gli avversari a cominciare a tutta, e i primi minuti sono un vero incubo per Genazzi e compagni. La pressione è talmente forte che i padroni di casa debbono passare più tempo a preoccuparsi di recuperare i dischi che provare a costruire qualcosa, con Geoff Ward che non sa più cosa inventarsi, mentre sull’altro fronte Crawford gongola guardando i suoi uomini muoversi bene e tanto, leggendo benissimo le situazioni di gioco e blindando la zona neutra, rendendo la vita impossibile ai romandi che non trovano sbocchi.
Eppure, come si suol dire, non è dominando che si vincono le partite: per riuscirci bisogna segnare. E stavolta – un po‘ come erano riusciti a fare più volte gli stessi zurighesi in precedenti partite, anche nei quarti e in semifinale – il Losanna colpisce ogni volta che deve farlo, con conclusioni se non sono proprio casuali perlomeno non sono particolarmente ragionate. Tralasciando il gol d‘apertura di Glauser, al 13’38’’, confezionato addirittura dalla quarta linea dei romandi ritrovatasi casualmente in pista contro la prima degli zurighesi (i quali provano lo sfondamento con Kukan senza riuscirci, e sulla ripartenza il difensore si fa trovare attardato: Andrighetto ne prende il posto, ma si fa poi attirare in profondità dal ‘suo’ attaccante, lasciando lo slot incustodito), il secondo e il terzo gol dei padroni di casa sono frutto di altrettanti dischi messi sulla porta tanto per vedere l’effetto che fa. E se nel primo caso (il 2-0 di Kovacs al 24’58’’) l’errore di Hrubec è grossolano, sul 3-1 di Bozon al 33’21’’ il portiere ceco meglio di così il primo palo non potrebbe coprirlo, eppure il tiro dell’attaccante numero 94 un microscopico varco lo trova comunque. Segno che doveva andare in quel modo. E se il 5-2 finale forse è eccessivo, è tuttavia innegabile che se c’è una squadra che merita di vincere il quarto atto, questa è il Losanna. Anche perché lo Zurigo dimostra di essere la squadra migliore solo nei 10 minuti iniziali e in quel drammatico 1’37’’ a 5 contro 3.
Così, domani sera, ad Alstetten, la finale riparte dal 2-2. Con la pressione che ora è tutta sulle spalle dello Zsc. Per la primissima volta.¬ C.S.