Raffaele Sannitz stila il bilancio dopo la prima stagione in Swiss League con i Rockets. ‘Questi ragazzi ora sanno come competere con dei professionisti’
Non gli va proprio di passare per guastafeste. E a chi gli chiede quale pensiero evochi in lui la parola Martigny, dopo un emozionalmente intenso giovedì sera al Forum d’Octodure, Raffaele Sannitz risponde così. «Eh, che abbiamo vinto...» dice, ridendo, il quarantenne tecnico dei Bellinzona Rockets, al termine della primissima stagione in Swiss League, per lui e per quasi tutti i suoi ragazzi. «Perché mai dovremmo essere contenti di aver buttato fuori dai playoff i vallesani a vantaggio di un Winterthur o di un Visp? Oltretutto, eravamo scesi in pista a Martigny con una squadra farcita di giovanissimi al debutto in B. Il nostro obiettivo era andare là per fare la partita, fino in fondo, permettendo a quei ragazzi di godere di un’opportunità a simili livelli. Quindi sì, sono contento che abbiamo vinto, non certo perché abbiamo fatto fuori il Martigny».
Tra l’altro, in quella che era la vostra ultima uscita stagionale non sei neppure riuscito a schierare quattro linee complete d’attacco...
Il motivo è semplice – continua Sannitz –. Il 31 gennaio era l’ultima data utile per i trasferimenti, e ci siamo ritrovati con un gruppo decimato dopo le partenze di diversi giocatori (come ad esempio Åhlström e Stockie passati al Sierre, oppure Dufey finito allo Chaux-de-Fonds, ndr) che hanno ricevuto proposte dalle squadre a caccia di rinforzi in vista dei playoff. Ed è una buona cosa questa, siccome d’ora in poi quei giocatori potranno giocarsi le loro carte nella fase decisiva della stagione dopo aver vissuto la regular-season con noi, mentre dall’altra io a Martigny ho avuto l’opportunità di inserire dei giovanissimi, offrendo loro la chance di giocare la primissima partita tra i professionisti.
Quei ragazzi, tutti in arrivo dagli juniores Elit dell’Ambrì, hanno tra l’altro subito evidenziato qualità interessanti, apparentemente senza accusare il salto di categoria.
Okay, ma teniamo presente che stiamo parlando di una sola partita, in cui quei ragazzi sapevano oltretutto di doversi mettersi in mostra, e sono andati a tutta, con l’entusiasmo a mille, dando ciascuno di loro più del cento per cento, anche perché a partita in corso era chiaro a tutti che avevamo l’opportunità di fare risultato. Tuttavia, alla fine non dobbiamo dimenticare che abbiamo subito 55 tiri...
Del resto, se diamo un’occhiata alle statistiche la vostra è logicamente la squadra messa peggio un po’ sotto tutti i punti di vista. Pur se, ripensando ai ventisei punti conquistati dai Rockets al termine della loro ultima stagione a Biasca, voi stavolta ne avete conquistato appena uno in meno.
Se c’è una cosa di cui sono fiero è che non abbiamo mai mollato. Nemmeno nelle ultime partite, in cui potevamo dirci di non aver più nulla da chiedere alla classifica. Anzi: alla terzultima giornata abbiamo battuto uno Chaux-de-Fonds arrivato a Bellinzona in piena lotta per il primo posto, poi siamo andati a vincere a Martigny nel match che i vallesani dovevano assolutamente vincere per avere la certezza di arrivare ai playoff. Chiaramente tra noi e le altre squadre che hanno budget ben più importanti la differenza d’esperienza è stata palese, ma questo lo sapevamo fin dall’inizio. Pensate soltanto al nostro gruppo di capitani, in cui la leadership è affidata a ragazzi di ventuno o ventidue anni, mentre nelle altre squadre il capitano di anni ne ha una trentina e alle sue spalle ha un sacco d’esperienza, accumulata magari anche in National League. Insomma non è evidente, ma nonostante ciò sono state veramente poche le volte in cui non siamo mai del tutto entrati in partita.
Da quella sera del 14 settembre, in cui debuttaste rendendo la vita dura nientemeno che al Basilea (gol partita di Rexha al 51’), su quale piano è cresciuto, in particolare, il tuo gruppo?
Diciamo che ha fatto un passo in avanti sul piano della consapevolezza. Ora questi ragazzi sanno cosa significa competere settimanalmente con dei professionisti, e questo in fondo è il nostro primo obiettivo, perché lo scopo da noi è dare possibilità a dei ragazzi di formarsi, di fare esperienza. E l’esperienza non è un concetto astratto.
Infatti, se prendiamo un giocatore come Jiri Felcman, talento arrivato da Langnau e che lo scorso settembre s’era affacciato alla Nhl partecipando al ‘rookie camp’ dei Chicago Blackhawks, nonostante il suo indiscutibile talento, con la maglia dei Rockets ha totalizzato due sole reti in tredici partite.
Felcman è un ragazzo promettente, ma non dimentichiamoci che è nato nel 2005, e non è evidente per nessuno sfidare degli adulti. In un contesto come il nostro, oltretutto: i suoi compagni di linea a loro volta erano ragazzi, non certo uno straniero d’esperienza e uno svizzero scafato, ciò che indubbiamente aiuta nell’ottenere punti o realizzare gol. Invece, quando hai soli diciott’anni e sei tu a dover trascinare una linea, in un campionato di adulti ecco che tutto diventa subito più complicato. C’è poi anche un’altra cosa da dire, e cioè che per dei ragazzi di quell’età non dev’essere semplice venir catapultati in un altro cantone e riuscire subito ad ambientarsi: se addirittura faticano alcuni stranieri o degli svizzeri affermati di una certa età, figuriamoci cosa significhi per dei ragazzini.
Resta il fatto che, guardando alla classifica, dopo 45 partite di regular season i Rockets hanno conquistato meno della metà dei punti della squadra che li precedeva in classificata: non c’è il rischio di sentirsi isolati?
In questi mesi ho potuto parlare con altri allenatori e con diversi direttori sportivi, e tutti mi hanno confermato che quest’anno il campionato è stato di maggior livello. Ciò detto, i nostri obiettivi non sono certo quelli di classifica, pur se è innegabile che noi ogni partita l’abbiamo affrontata con la mentalità e l’ambizione di chi vuol vincere. Mi ripeto: il nostro obiettivo è regalare la possibilità a dei giovani di svilupparsi, e se non ci fossimo stati noi a offrir loro un contratto all’ultimo momento, sarebbero magari in diversi a non aver potuto approfittare di un’opportunità, mentre adesso, dopo una prima parte di stagione a Bellinzona, sono finiti in altre squadre con l’ambizione di provare a lottare per un titolo.
Adesso, però, si tratta di fare un passo in più. Già, ma come?
L’anno scorso siamo partiti da zero, con i dirigenti che hanno saputo dar forma a questo progetto nel giro di appena qualche settimana, e io non ho mai visto nessuna società riuscire ad avere successo in sei mesi. Visti i presupposti, credo davvero che la prima stagione sia stata positiva, e mi dico che il gruppo di debuttanti con cui abbiamo lavorato quest’anno nella nuova stagione avrà quarantacinque partite d’esperienza in più, e già questo, se vogliamo, è un primo rinforzo. Poi ovviamente ci sarà anche il mercato, per così dire. Ed è logico che, potendo scegliere, farebbe davvero comodo poter contare su due stranieri più cinque svizzeri d’esperienza, ma oltre al fatto che simili giocatori costano, siamo poi sicuri che sia davvero quello il primo passo da compiere?