Servirà tempo al ticinese e alla Nazionale U20 per metabolizzare la crudele eliminazione. ‘Ma non abbiamo mollato, nonostante gli avversari e tifo contro’
Göteborg – Basta guardare a come gli svedesi festeggino il gol-partita di Sandin Pelikka, al 5’22’’ di un overtime segnato da una penalità sul conto di Rodwin Dionicio che nessuno mai si sognerebbe di fischiare durante un supplementare a un campionato del mondo, per capire quanto abbiano tremato contro una Svizzera che nessuno s’aspetta, dopo averne beccati undici dagli Stati Uniti qualche giorno prima. Una scena di giubilo degna della conquista della Stanley che la dice lunga sulla sofferenza dei giocatori di Magnus Havelid e dei dodicimila spettatori assiepati sugli spalti del vecchio Scandinavium, che rischia di sbiadire sul serio quando Nick Meile, a una decina di minuti dalla fine, con un ‘polsino’ teleguidato riapre completamente il discorso semifinali al Mondiale U20 di Göteborg.
Al di là delle polemiche per quell’aggancio fantasma al sesto del supplementare («Alla fine non vogliamo lamentarci per quella chiamata, ma se debbo essere onesto è dura da digerire» spiega Lars Weibel, il direttore delle squadre nazionali, ai microfoni della tv canadese Tsn), l’improvviso e soprattutto immeritato finale è difficile da metabolizzare per i giovani rossocrociati. «Queste sono quelle partite che ti lasciano un vuoto dentro – dice, nel pieno dello sconforto, il diciannovenne dell’Ambrì Simone Terraneo –. Fa male sul serio: in momenti come questi ti ritrovi senza parole. La Svezia è davvero una squadra forte, ma noi non abbiamo mollato nonostante fossimo sotto 2-0 dopo il primo tempo, davanti a undicimila spettatori che facevano il tifo per i nostri avversari, e siamo tornati fin sul 2-2. Abbiamo giocato benissimo, e io sono contento della mia prestazione: ho dato tutto, e ci credevo. Noi tutti ci credevamo, e perdere in quel modo all’overtime fa malissimo».
Ci vorrà tempo, insomma, per digerire il crudele epilogo di un Mondiale che era cominciato bene sul piano del gioco, nonostante la sconfitta all’esordio contro gli slovacchi in una partita per altro dominata, proseguito tuttavia subito dopo con un clamoroso 11-3 d’altri tempi nella sfida con gli Stati Uniti. «Sì, forse tra un paio di giorni potremo dirci contenti di quanto abbiamo fatto, ma adesso è dura davvero. C’è stata quella partita con gli americani in cui abbiamo faticato molto, perché nel primo tempo ci hanno travolti con la loro velocità, ed è quella partita ad averci tirato giù. Infatti contro una buona Slovacchia avevamo lavorato bene, giocando molto compatti, e poi dopo aver battuto la Norvegia in quella che era la sfida da vincere, pure contro la Repubblica Ceca abbiamo dato prova di solidità. Poi, be’, è arrivata la sfida contro la Svezia, che è stata senz’altro la nostra miglior partita».
Il risultato è che cinque anni dopo la Nazionale U20 è tornata a bussare alle porte di una semifinale al Mondiale, ed è senz’altro quello il dato da ricordare. «Dopo la delusione dell’anno scorso (9-1 ai quarti con i cechi, ndr) e le batoste dell’anno prima con l’U18, quest’anno ci siamo andati davvero vicini – continua il difensore ticinese –. Credo che dobbiamo tornare a casa col ricordo di quanto abbiamo realizzato di buono nell’ultima partita: penso al fatto di non aver mollato in una serata difficile, con tutto il tifo contro di fronte a un avversario molto forte. Anche io, personalmente, posso dire di aver acquisito qualcosa in più a livello di esperienza in una partita del genere, ovvero l’importanza della concentrazione che bisogna avere a ogni cambio, tagliando fuori tutto ciò che succede all’esterno e pensando soltanto a giocare un disco dopo l’altro, senza farsi coinvolgere dalle emozioni».
Del resto, non si finisce mai d’imparare: «Ogni nazione gioca in maniera un po’ diversa, così quando arrivi a un Mondiale puoi confrontarti con i diversi stili: ad esempio il Canada è una squadra dura, mentre la Svezia gioca molto con il disco. Diciamo che ciò ti permette di crescere sul piano della cultura hockeistica, ed è un bene lasciarsi ispirare dalle buone cose che fanno gli altri per poi metterle in pratica a tua volta».
Tuttavia, Simone Terraneo – si fa per dire – dal Mondiale U20 porterà a casa anche un futuro compagno di squadra, quel Miles Müller che un paio di settimane fa aveva sottoscritto con l’Ambrì un contratto valido fino al 2027, decidendo di fare ritorno in Patria la prossima estate dopo le tre stagioni e mezzo a Moncton, in Québec major junior hockey league. «Conosco Miles da quando avevamo entrambi quattordici, quindici anni – conclude Terraneo –. Era partito per fare un’esperienza in Canada ed è rimasto lo stesso bravo ragazzo che conoscevo, a cui piace ridere e scherzare nello spogliatoio, ma quando c’è da sudare, in partita o in allenamento, è molto serio. È un attaccante bravo tecnicamente e che ha molta grinta, e io credo che potrà fare molto bene all’Ambrì».