Il Lugano riprende colore a Zugo, ma se ne torna a casa a mani vuote e con un bel po’ di frustrazione. In un martedì con tanto di giallo finale
Mancano più di tre minuti alla fine di Zugo-Lugano, e i bianconeri sono sotto di un gol per colpa di quello che è l’unico, pur grave (alla luce di come finirà la partita) errore commesso da un Michael Joly che, altrimenti, fedele al cognome che porta, quando ha il puck sul bastone è una delizia per gli occhi. Conscio della qualità di un powerplay che aveva fruttato entrambe le reti segnati dai suoi, Luca Gianinazzi decide di togliere con largo anticipo il portiere, e la pressione ticinese è tale che le cose sembrano dargli ragione. Finché, a un minuto e sedici dal termine, l’ennesimo puck buttato dal Lugano verso la porta di Leonardo Genoni s’arena dietro la porta, e nel tentativo di spazzare il proprio terzo, l’impressione è che il difensore svedese dei Tori Niklas Hansson finisca per sparare involontariamente il disco al di sopra del plexiglass, facendolo rimbalzare nelle reti di protezione, quindi in sostanza fuori dal campo: Luca Fazzini smette di giocare e comincia a gridare allargando le braccia, mentre invece quelli dello Zugo continuano a pattinare e l’indisturbato Wingerli deposita in porta il 4-2 che mette definitivamente fine alla partita. Le proteste di Thürkauf e compagni saranno del tutto vane, anche perché come da regolamento in simili casi non si può giocare la carta del coach’s challenge in fase offensiva (oltretutto, le immagini tivù non chiariscono un bel nulla, pur se si intuisce che la traiettoria del puck non sia del tutto naturale), così l’unico risultato sarà la penalità di partita inflitta a Fazzini, che ha sfogato la propria rabbia fracassando il bastone sotto gli occhi degli arbitri. «Sì, i compagni che erano sul ghiaccio ci hanno confermato che quel disco al 100% era uscito – dice, a caldo, ai microfoni di Rsi l’attaccante numero 23 Giovanni Morini –. È chiaro, c’è rammarico, perché è stata una decisione che dal nostro punto di vista ci ha penalizzati, ma se il regolamento dice così noi non possiamo farci molto. Proprio come noi giocatori, anche gli arbitri a volte possono sbagliare: è andata in quel modo, basta. È un peccato, perché abbiamo giocato una buona partita, soprattutto a partire dal secondo tempo, e la perdiamo per delle disattenzioni».
Al di là del giallo finale, per il Lugano la pillola da ingoiare è amarissima davvero. Perché se è vero che in avvio di partita i bianconeri hanno sofferto sul serio la pressione dello Zugo, complicandosi però anche la vita da soli, per colpa di tutta una serie di tocchi un po’ astrusi in uscita di terzo e che mettono in difficoltà chi li deve ricevere, i ragazzi di Gianinazzi con il passare dei minuti hanno cominciato a spingere moltissimo, sotto l’impulso del citato Joly che è in grado di cavare il meglio da ogni situazione – come nell’occasione del provvisorio 1-1, al sesto minuto spaccato –, e nel secondo tempo fanno letteralmente ciò che vogliono, creandosi una marea di occasioni: tra le tante, ci sono i pali di Arcobello e Fazzini e le opportunità capitate allo stesso Joly, a Granlund, a Carr e a LaLeggia, con quest’ultimo che avrà poi il merito di trovare il secondo pareggio di serata (2-2 al 36’22’’), grazie a un missile al volo che rimette i ticinesi in carreggiata dopo il provvisorio 2-1 dei Tori, arrivato un po’ dal nulla al 15’45’’.
Peccato, appunto, per le disattenzioni a cui accennava anche Giovanni Morini. Su tutte, quel disco banalmente regalato a Kovar nel proprio terzo da Joly, al 43’02’’, che il liberissimo Lino Martschini sfrutterà poi per dare una svolta crudele alla serata che il Lugano non meritava. C.S.