Con il Bienne è Heim show: frutta due punti la tripletta del centro che regala all’Ambrì il settimo successo negli otto prolungamenti giocati in stagione
Ambrì – Il vero protagonista è lui, nel sabato in cui alla Gottardo Arena fa la sua comparsa il trofeo vinto alla Spengler, nel giorno in cui Luca Cereda può tornare a contare su Michael Spacek, costretto a dare forfait venerdì a Friborgo causa malattia. Invece che sulla Coppa e sul topscorer ceco, le luci della ribalta sono puntate piuttosto su André Heim, che segna una memorabile tripletta, chiudendo il cerchio al 3’42’’ del prolungamento di un match che i biancoblù sembravano aver in mano, e invece… «È vero che avremmo dovuto chiudere la partita prima del sessantesimo, ma ciò che più conta è che abbiamo mostrato una buona reazione dopo partita di venerdì: quelli non eravamo noi, non c’era energia» dice il ventiquattrenne centro numero 44, che si presenta per le interviste post partite con un vistoso impacco di ghiaccio sul gomito («spero non sia una borsite», dice).
Tre gol (con quattro tiri) sui quattro dell’Ambrì, in una serata da incorniciare. Anche perché i cosiddetti ‘hat-trick’ sono merce piuttosto rara. «Di triplette ne ho fatte pochissime – dice col sorriso l’attaccante formatosi nell’Unterseen Interlaken –. Anzi, che mi ricordi la prima è quello con gli Eisbären Berlino (in amichevole però, il 27 agosto scorso, ndr), poi c’è questa. Senz’altro è una bella cosa, ma per quanto mi riguarda in queste settimane ciò che conta sono soprattutto i punti».
Quelli raccolti sabato sono due, ma non va dimenticato che al 42esimo minuto i biancoblù erano ancora in vantaggio 3-0, prima d’incassare tre gol uno dopo l’altro in meno di sette minuti (6’46’’, per la precisione). «Se ripenso a qual era la situazione a fine secondo tempo mi dico che è un punto perso» dice, di ritorno da una sessione di pesi pianificata immediatamente al termine della partita, capitan Daniele Grassi. «Tuttavia, se si guardano le cose con un po’ di distacco, uno può dirsi che capita, a volte, di fare i conti con un po’ di sfortuna, con qualche rimbalzo che va dalla parte sbagliata, e sabato nel terzo tempo al Bienne è andato un po’ tutto bene. Vedendola così, possiamo parlare di un secondo punto guadagnato, anche perché nell’overtime siamo entrati in pista con l’idea di volerla vincere, la partita».
Le cifre dicono che quell’overtime per l’Ambrì era l’ottavo da inizio stagione, e di quegli otto prolungamenti i biancoblù ne hanno vinti addirittura sette: in altre parole, non può essere un caso. «Io penso che ci sono due maniere per entrare sul ghiaccio durante un overtime: la prima è giocare in maniera un po’ attendista e cercare il risultato, mentre la seconda è quella di provare a segnare. Poi è vero, se scegli la seconda ipotesi magari ti apri un po’ di più, ma se quel gol lo vuoi davvero e attacchi nel giusto modo, le opportunità per vincere te le crei».
Pur se, in fondo, il tre contro tre ha poco a che vedere con il sistema: basta perdere un disco per mandare in vacca un’intera serata. «È così (ride, ndr), a tre contro tre non è facile giocare, tuttavia ci sono alcuni accorgimenti tattici che si possono escogitare per avere dei vantaggi. Ma per il resto è hockey, e noi abbiamo abbastanza qualità in attacco per risolvere le partite».
Di positivo, specie dopo la serataccia alla Bcf Arena, è che al di là dei tre gol segnati a Rytz l’Ambrì sia riuscito a crearsi un’infinità di occasioni da rete, contro un avversario che è il secondo della classe, la cui difesa – oltretutto – è tra le meno permeabili del campionato, con due gol e mezzo subiti in media a serata. «Potevamo concretizzare di più, questo senz’altro, ma è vero che in attacco abbiamo creato tanto. Però credo che specialmente in un periodo come questo, in cui abbiamo avuto tante partite (in totale, fanno dieci partite dal 20 dicembre in poi, ndr), bisogna soprattutto concentrarsi sull’aspetto difensivo: è soltanto subendo poco che abbiamo la possibilità di vincere, e quello che arriverà poi in attacco sarà poi una logica conseguenza del lavoro fatto in retrovia».
C’è poi la questione delle energie: non solo quelle fisiche, bensì pure quelle mentali. «È vero che sono quelle che sono, anche perché ricordo che della Spengler abbiamo giocato tre partite in quattro giorni con una trasferta in mezzo – conclude il capitano biancoblù –. Tuttavia, a me sinceramente piace che ci siano così tanti incontri, perché non c’è tanto tempo per riflettere: devi subito pensare alla prossima partita, un po’ come succede nei playoff. Direi che ora dobbiamo vedere le cose guardando a quest’aspetto che è positivo. E sarà banale da dire, ma adesso ci dobbiamo concentrare davvero sulle piccole cose, infatti quando ha un po’ meno energie è solo quello ciò che puoi fare».