Impatto positivo per Claude Julien con l’hockey svizzero e con l’Ambrì. ‘Luca sprigiona energia in spogliatoio’. Cereda: ‘Julien è una persona umile’
Per Claude Julien, chiamato per due settimane a collaborare con lo staff dell’Ambrì, la seconda esperienza in Svizzera si sta rivelando essere ben più proficua della precedente: «La prima è stata lo scorso mese di gennaio, a Davos, per un campo di allenamento con la Nazionale canadese in vista delle Olimpiadi, ma è la prima volta che vengo ad Ambrì. A Davos abbiamo svolto una slittata come attività di team building, in un qualche modo la mia slitta è andata fuori controllo e mi sono ferito piuttosto gravemente, ma quello è il passato e adesso cerco di rimanere sano. Verso la fine dell’incontro con il Berna ho commentato che se fossi stato in tribuna, avrei sicuramente preso il telefonino per filmare l’atmosfera, perché il coinvolgimento dei tifosi era incredibile e impressionante. Mi è stata raccontata della rivalità con il Lugano e non vedo l’ora del derby. È stato divertente essere in panchina e assistervi. Ogni volta che ho allenato contro la Svizzera sono sempre state partite dure, perché gli svizzeri lavorano duramente e sono veloci, quindi non sono rimasto sorpreso dal livello che ho visto in questi primi giorni. Ciò che mi piace particolarmente è che si pratica un hockey offensivo, con molto forecheck e in cui non ci si copre troppo, come succede in altre nazioni in cui il gioco difensivo è la priorità. Qui la pressione è costante, ciò che provoca errori e occasioni da rete, è un hockey eccitante da guardare e ciò che i tifosi vogliono vedere, insomma: amo l’hockey svizzero».
Il suo arrivo è farina del sacco di René Matte, assistente di Cereda: «Ho incontrato René forse una ventina d’anni fa a un simposio di Hockey Canada, ci volevamo vedere prima della Spengler, ma con l’annullamento del torneo ci siamo potuti incontrare solo ai Mondiali, ai quali era assistente della Francia, e abbiamo parlato della possibilità di venire qui. E quando mi ha chiamato con la proposta, l’ho trovato un onore venire chiamato a condividere la mia conoscenza e che sia stato scelto per dare una mano, anche se lo staff è già in buone mani, nonostante il numero di allenatori non sia così alto come in altri club, ma compensano con il lavoro e la preparazione e i giocatori lo percepiscono».
La buona impressione è reciproca, come conferma il Ds Paolo Duca, «è una persona molto normale, malgrado abbia allenato per vent’anni in Nhl, educata e rispettosa. È arrivato qui con anima e corpo, è come se facesse già parte del nostro staff da anni, ha la mentalità per darci qualche consiglio utile. Finora è stato veramente interessante ascoltare ogni suo intervento, sia durante un allenamento, sia durante le partite e nelle pause. Ha grandissima esperienza ed è qui per metterla al servizio di tutti», e lo stesso Cereda: «Per me è un grande onore avere qualcuno che ha allenato in tutte le maggiori competizioni al mondo. Per adesso posso dire che è una persona umile, contro il Friborgo ha seguito la partita dalla tribuna, essendo arrivato da poco, mentre con il Berna è stato in panchina tutto il tempo».
Le strade di Julien e Cereda si erano tra l’altro già incrociate in passato… «Ho allenato contro di lui – racconta il 62enne –, quando ero in Ahl a Hamilton, attorno al 2000, era un buon giocatore, peccato per i problemi di salute che ha avuto, ma sta facendo bene da allenatore e continua a fare ciò che ama».
Quali saranno i suoi compiti ad Ambrì? «Io sono qui per condividere l’esperienza di trent’anni da allenatore, di cui una ventina in Nhl, ho trovato già un buono staff qui ad Ambrì, che mi piace, come ho potuto osservare in questi primi giorni. Luca in spogliatoio sprigiona una bella energia positiva e i giocatori rispondono bene. Sto trasmettendo delle piccole cose che ho imparato nel corso degli anni, la partenza è stata buona ed entro la fine del mio periodo qui spero di trasmettere qualcosa che permetta alla squadra di fare un passo in avanti». Duca aggiunge che «non è qui per confermare la bontà del nostro lavoro, ma perché ogni tanto fa bene avere degli input diversi e avere qualcuno che non conosce la realtà, che possa fornire dei suggerimenti su delle diverse opzioni per fare qualcosa. In generale quando si è in una realtà, non solo sportiva, da tanto tempo, si rischia di finire nella routine, per questo ci esercitiamo a rimanere aggiornati e cercare sempre nuovi stimoli e guardare le ultime novità a livello scientifico, tecnologico e tattico».
E cosa farà una volta concluso il suo periodo leventinese? «Tornerò a casa e aspetterò di vedere se riceverò un’offerta interessante in Nhl. Già l’anno scorso avevo delle opportunità, ma se torno sarà nel posto giusto, sappiamo che nel corso della stagione ci sono molti cambiamenti, ma d’altro canto ho passione nel fare ciò che faccio ora, fare consulenze e aiutare chi è nell’ambiente. Non è ancora stato deciso nulla riguardo a chi allenerà il Team Canada alla Coppa Spengler, avrei dovuto esserci l’anno scorso, ma purtroppo il Covid ha fermato tutto, adesso vedremo cosa farà la Federazione canadese, che mi ha già dato un sacco di occasioni per rappresentare la "foglia d’acero", ma ci sono tantissimi allenatori che ambiscono a un posto del genere».
Il palmarès di Julien comprende la Stanley Cup vinta a Boston nel 2011 e l’oro olimpico conquistato a Sochi tre anni dopo, da assistente allenatore. Qual è il trionfo più prestigioso? «Vincere la Stanley Cup è una gran cosa che non è un privilegio per tutti, per cui quando hai un’occasione per conquistarla devi fare di tutto per riuscirci. Crescendo in Canada la Stanley Cup è l’obiettivo massimo, ma alle Olimpiadi ho realizzato rapidamente dopo aver vinto l’oro, quanto fosse un risultato importante. Mi ricordo la grande dedizione al lavoro sporco anche da parte delle superstar, che ci ha permesso di dominare il gioco per buona parte delle partite».