A Lugano il ticinese ripercorre la sua carriera al termine di un sabato di festa. ‘Divertiti, sempre, ma se davvero vuoi farcela dai tutto te stesso’
Un sabato da incorniciare per i tifosi del Lugano. Prima la vittoria nell’amichevole con la compagine austriaca dell’Innsbruck, poi il ritiro della maglia numero 38 di Raffaele Sannitz con la presentazione degli effettivi per la nuova stagione, poi l’annuncio a sorpresa del presidente Vicky Mantegazza dei rinnovi di Mark Arcobello, Giovanni Morini e Calvin Thürkauf: due anni in più per il 34enne statunitense, quattro per il ventisettenne centro italiano cresciuto nelle giovanili bianconere e addirittura sette per il venticinquenne centro nativo di Zugo, blindato fino al 2029.
Erano oltre 2’000 le persone che hanno fatto cornice al momento più spettacolare e toccante della serata, il ritiro della maglia numero 38 appartenuta a Raffaele Sannitz. Impressionanti i numeri della lunghissima carriera dell’attaccante ticinese, oggi trentottenne: 887 partite tra regular season, playoff, Coppa Svizzera e competizioni europee e 339 punti ottenuti, con 127 reti e 212 assist, con due titoli nazionali conquistati nel 2003 e 2006 e 77 presenze in Nazionale. «È una bella emozione vedere la propria maglia salire fin sotto il tetto» spiega Sannitz subito dopo la cerimonia. «In quel momento mi è passata davanti agli occhi tutta la mia carriera. Da quand’era iniziata, a sedici anni, fino al giorno della mia ultima apparizione sul ghiaccio. Sono molto orgoglioso per questo riconoscimento che la società ha voluto concedermi. Ho vissuto anni incredibili. Quando ho iniziato nel settore giovanile il mio sogno era giocare in prima squadra, e ci sono riuscito. Ho sempre cercato di vivere il presente senza farmi troppe domande. Ed è stato davvero bello, quando ho saputo dal club che avrebbe ritirato la maglia, organizzando una festa insieme ai tifosi.
In una carriera ci sono sempre dei momenti belli, ma anche dei momenti brutti...
Sì, chiaro, ci sono state anche giornate nere. Tuttavia infortuni e sconfitte fanno parte della vita di uno sportivo, e se affrontati nel modo giusto ti aiutano anche a crescere. I momenti migliori invece sono tanti: penso all’esordio in prima squadra nella stagione 1999/2000, e ai due titoli. In occasione del primo non ero in pista a causa di un infortunio, nel 2006 invece ero presente e ho potuto dare il mio contributo. Già il fatto di vestire la maglia della tua città – sono nato qui vicino, all’Ospedale Civico –, del luogo in cui sei cresciuto, è motivo d’orgoglio, figuriamoci poter rappresentare la Nazione alla quale appartengo. Pure a una Olimpiade, coronando un sogno che avevo sin da piccolo. Sì, in carriera sono fiero di ciò che fatto.
Tra i molti ex compagni, ce n’è uno che ricordi in modo particolare?
Domanda difficile. Sono tantissimi, una cifra incredibile, ma se proprio devo sceglierne uno farei il nome di Ville Peltonen, forse perché ero giovane e ho imparato tanto da lui, e anche il fatto di aver vinto il campionato senz’altro ha avuto il suo peso. A Lugano però sono passati tantissimi giocatori forti, e ho avuto la fortuna di giocare insieme a loro, e soprattutto vederli all’opera.
Gli allenatori, invece?
Sono stati ben sedici (ride, ndr). No, non posso fare un nome in particolare, tutti mi hanno dato qualcosa. Che mi è servito sia da giocatore, sia adesso che anch’io ricopro quella funzione. Sono molto contento di poter allenare dei ragazzi della U20. Mi piace molto, penso che ho la fortuna di continuare a fare quello che ho fatto nella mia carriera, cercando di aiutarli a compiere il prossimo passo. Mi stimola molto, facendo ciò che faccio posso continuare a ‘vivere’ lo spogliatoio, a respirare l’adrenalina delle partite.
Che messaggio puoi dare ai giovani che vogliono percorrere la tua stessa strada?
La prima cosa è divertirsi: non dimentichiamolo mai, è fondamentale. Poi se uno ci crede e vuole tentare il prossimo passo, deve veramente dare il tutto di sé. Mai mollare, mai avere rimpianti. Devi provarci in tutti i modi. Se hai un sogno, un obiettivo, devi cercare di dare sempre il massimo. Chiaro non tutti ce la fanno. Però, ripeto: mai avere rimpianti. E non lasciare nulla al caso.
Sei sempre stato molto amato dai tifosi, e anche stavolta a lungo ti hanno acclamato.
Sì, mi sono stati molto vicini, mi hanno sempre supportato e sopportato (sorride, ndr). Mi ha fatto molto piacere rivederli, e poter festeggiare questo momento insieme a loro.