La stella di Filip Chlapik brilla sul ghiaccio della Gottardo Arena. Paolo Duca: ’Se riuscirà a sfondare anche da noi? Di sicuro ci vorrà del tempo’
È stato il primo acquisto dell’Ambrì che verrà, siccome il suo passaggio dallo Sparta Praga era stato ufficializzato già a inizio gennaio. E in Filip Chlapik, venticinquenne attaccante ceco con alle spalle già quattro stagioni in Nhl (57 partite in totale con gli Ottawa Senators, che gli hanno fruttato cinque reti e sei assist), molti vedono in lui un possibile erede – si fa per dire – di un Dominik Kubalik che non ha certo bisogno di presentazioni. «Indubbiamente, il potenziale ce l’ha, anche se ‘Kuba’ è un giocatore più esplosivo, mentre Filip è un attaccante più completo» spiega il direttore sportivo biancoblù, Paolo Duca. «Una differenza sta nel fatto che Chlapik è meno dominante sul piano realizzativo: non dimentichiamolo, Kubalik era anche uno scorer».
Potrebbe ancora diventarlo, uno scorer, Filip Chlapik? «Io spero che ci riesca, che nel suo ruolo di attaccante sappia portare delle reti, come ha dimostrato di poter fare allo Sparta Praga (addirittura 36 gol più 49 assist in 69 partite della passata stagione, ndr) – aggiunge Duca –. Tuttavia io sono un tipo prudente, dico semplicemente che spero che pure da noi possa dare un buon contributo anche segnando delle reti. Se la domanda è ‘riuscirà a sfondare anche da noi?’ mi dico che ci vorrà senz’altro del tempo, ma indubbiamente Filip ha un grande potenziale per diventare un giocatore dominante anche da noi. Però io rimango cauto e calmo, sapendo che parliamo di un giocatore del 1997, quindi di un ragazzo ancora giovane».
Le prime impressioni? «Diciamo che dovrà soprattutto adattarsi al nostro hockey, al gioco che si pratica da noi. Perché le sue qualità non si discutono e le aveva già mostrate nell’Extraliga ceca l’anno scorso, dove ha segnato molto. È grande e grosso, è dotato di un buon tiro ed è arrivato ad Ambrì con un’attitudine positiva: ora deve soltanto adattarsi a un’intensità e a un ritmo più elevati».
Com’è nato l’interesse nei suo confronti? «Eravamo in contatto con Chlapik dalla Karjala Cup, a cui aveva preso parte con la nazionale ceca. Eravamo rimasti d’accordo con lui che avremmo discusso alla Spengler che avrebbe dovuto giocare con lo Sparta Praga, poi però il torneo è saltato: a quel punto abbiamo discusso virtualmente, a distanza, come ormai ci siamo dovuti abituati a fare: a lui e al suo agente abbiamo subito spiegato cos’è l’Ambrì, come da noi vanno le cose e quale sarebbe stato il suo ruolo nel nostro progetto, e devo dire che abbiamo trovato un accordo piuttosto rapidamente».
Lo stesso Chlapik ammette di non aver esitato troppo prima di decidersi. «Dopo essere tornato a giocare per una stagione nell’Extraliga ceca sentivo di dover fare un passo avanti – ammette il possente giocatore nativo di Praga, dall’alto del suo metro e 87 centimetri per 94 chilogrammi di peso –. Avevo sì altre offerte, ma l’Ambrì con i suoi piani mi ha convinto. Dopo aver firmato avevo una buona sensazione, ed ero persuaso che quella per me fosse l’opzione migliore. D’altronde, prima di decidermi avevo parlato con diverse persone e nessuna di loro ha avuto un solo pensiero negativo sull’Ambrì».
Con chi hai parlato? «Con parecchia gente. Prima di tutto con Lukas Lhotak, che ad Ambrì ci è stato per parecchio tempo. Poi ne ho discusso con Stransky, con Bednar che è praticamente il mio vicino di casa, e un po’ anche con Cervenka».
Prima di arrivare qui, cosa conoscevi del nostro hockey? «A dire il vero non molto. Certo, mi era già capitato di seguire alla tv ceca qualche partita del vostro campionato in cui erano impegnati giocatori cechi, ma quello è più o meno tutto».
Adesso che sei qui, cosa puoi dire? «Che tutto va a meraviglia. Ero già stato qui un paio di giorni in precedenza, prima d’iniziare gli allenamenti, per visitare un po’ la regione e fare conoscenza con le persone che lavorano nella società, e la prima impressione è stata ottima. In verità da allora non ho più visto granché, siccome passo la maggioranza del mio tempo tra la pista e la sala pesi: del resto, se sono qui è per giocare a hockey e basta».
Come ci si trova in uno spogliatoio a dir poco internazionale, siccome ci sono anche due finlandesi, due cechi, due austriaci e dei giocatori di origini statunitensi e canadesi? «Michael (Spacek, ndr) è il mio miglior amico sin da quando eravamo ragazzini, quindi ci intendiamo alla perfezione. Tuttavia parlo molto anche con gli altri stranieri, sono bravi davvero».
In carriera hai già potuto giocare 57 partite in Nhl, con gli Ottawa Senators, tra il 2017 e il 2021: cosa ti è mancato per riuscire a sfondare davvero? «È una domanda difficile – riflette –. In Nhl ci sono diversi fattori che debbono combinarsi, e devi trovarti al posto giusto nel momento giusto. Io, invece, ho avuto tre allenatori diversi e questo non aiuta: o le cose vanno nel verso giusto oppure capita l’esatto contrario».
Tu, però, in Canada eri arrivato quand’eri ancora giovanissimo, agli Islanders di Charlottetown, squadra che gioca nella Québec major junior hockey league. «Sì, avevo appena 17 anni. È stato un bel periodo. Cos’ho imparato? Ero un ragazzo talentuoso ma avrei dovuto apprendere a utilizzare di più il mio corpo. E mi trovavo là da solo, senza i miei genitori, quindi avrei dovuto imparare anche tutto il resto. In ogni caso io ho apprezzato molto quella parentesi oltre oceano, anche se le cose non sono andate come speravo. Ora, però, penso solo al presente, non a ciò che è stato».
Eppure il tuo connazionale Kubalik, che nelle due stagioni in Leventina aveva lasciato davvero il segno, è poi riuscito a imporsi anche in Nhl. Anche per te è la via da seguire? «Sì, senza dubbio è uno dei miei obiettivi, perché è chiaramente il miglior campionato del mondo, e io ci voglio tornare. Ma siccome sono uno che vive nel presente, devo soltanto pensare a essere il più pronto possibile per l’inizio della nuova stagione. Poi, chissà cosa capiterà».