Il weekend perfetto prima della tempesta, per gli uomini di Patrick Fischer. Il coach, infatti, sa cosa l'aspetta: 'Svedesi sotto pressione: reagiranno'
Neanche uno come Heinz Ehlers potrebbe pensare di arrivare a tanto. Invece, proprio contro la Danimarca del cinquantacinquenne tecnico di Aalborg, che s'è fatto conoscere dalle nostre parti per aver allenato Bienne, Losanna e Langnau, oltre che per aver praticamente trasposto in chiave hockeistica quello la filosofia del catenaccio nel calcio che fu, la Svizzera di Patrick Fischer riesce nell'impresa di concedere ai suoi avversari la miseria di quattro tiri (no, non c'è alcun errore: quattro tiri!) in sessanta minuti. Uno ogni quarto d'ora, praticamente. E non c'è neppure bisogno di dire che a simili livelli, da quando un bel giorno qualcuno s'è svegliato con l'idea di cominciare a tenere delle statistiche, una cosa del genere non s'era mai vista.
Così, alla fine basta un golletto per mettere in ginocchio una Danimarca che è tutto fuorché una squadretta. Chiedere agli svedesi, per conferme. E quel gol, al 13'14'', lo firma ancora Timo Meier già a segno due volte sabato sera all'esordio contro la Repubblica Ceca, i cui tiri di polso bastano e avanzano per capire come mai gente con mani del genere abbia di diritto il suo posto nel campionato più bello del mondo. Questa Svizzera, almeno quella ammirata nei suoi primi 120 minuti ai Mondiali di Riga, non è però solo l'appenzellese dei San José Sharks o le altre sue stelle della Nhl, a cominciare da quel Nico Hischier da tempo ormai sulla bocca di tutti. No. Salvo forse una o due eccezioni (dopo due partite, è senz'altro un po' prematuro giudicare), questo gruppo brilla di luce intensa da qualsiasi parte lo si guardi. E dopo aver fatto e fuoco e fiamme contro gente come Kubalik e Kovar, ha subito castrato qualsiasi velleità offensiva a un altro giocatore ben noto dalle nostre parti, il bianconero Mikkel Boedker, e ai suoi compagni d'avventura in Lettonia. «L'ammetto, sono fiero di ciò che hanno fatto i ragazzi – dice, entusiasta, Patrick Fischer –. Sapevamo cosa ci attendeva, e infatti i danesi hanno fatto una gran partita in difesa, lasciandoci pochi spazi: debbo far loro i complimenti. Noi, però, abbiamo continuato a insistere, a lavorare. Alla fine è bastato un gol, ma sono contento soprattutto del fatto che alla Danimarca non abbiamo concesso praticamente niente. Meritavamo di vincere, abbiamo vinto».
Ogni volta che a un Mondiale c'è Svizzera-Svezia, inevitabilmente la memoria non può non tornare alle drammatiche finali del 2013 a Stoccolma e del 2018 a Copenaghen. Dove la Nazionale di Simpson prima, e dello stesso Fischer poi, arrivò a un passo da uno storico titolo, e per colpa degli scandinavi in entrambi i casi si dovette consolare, si fa per dire, con uno storico argento. «È vero, cerchiamo sempre di battere gli svedesi, ma a questi livelli abbiamo sempre fallito. Ciò che posso dire è che ci prepareremo e ci faremo trovare pronti. Oltre che motivati, ma soprattutto fiduciosi».
Tre partite, quella di domani sera e le due finali, che per ovvie ragioni sono imparagonabili. Tuttavia, esattamente come nel 2013 e nel 2018, se c'è una squadra che ha più da perdere è la Svezia di Johan Garpenlöv. Che dopo essere stata sorpresa all'esordio dai danesi, alla sua seconda partita, domenica, è stata messa in ginocchio anche dalla Bielorussia. «Se qualcuno avesse scommesso in avvio su due sconfitte svedesi, avrebbe guadagnato un sacco di soldi» ironizza Fischer. Il quale, però, naturalmente, sa che domani dovrà aspettarsi un'onda di ritorno in arrivo dalla Scandinavia. «Certo, la Svezia deve rispondere. So bene quante polemiche abbiano sollevato queste due sconfitte, e la pressione con cui gli svedesi adesso siano confrontati in Patria. Per questo so che risponderanno».
La Svizzera, quindi, sa cosa l'aspetta. Mentre la Svezia dovrebbe ormai aver capito cosa non fare. «Diciamo che queste sono lezioni che paghiamo a caro prezzo – spiega il trentenne Carl Klingberg, attaccante dello Zugo nativo di Göteborg –. La verità è che in tutte e due le prime partite siamo stati in possesso del disco per la maggior parte del tempo, ma non siamo mai davvero riusciti a ingranare».
Insomma, per i rossocrociati la pressione si preannuncia asfissiante. Anche sul piano fisico. Ed è la partita giusta per capire qual è esattamente il grado di maturità di una Nazionale che nel primo weekend ha sorpreso in bene da ogni punto di vista, ma che ora dovrà convivere con la pressione che salirà di un tono, in una serata in cui non solo ci sarà poco tempo per pensare col disco, ma pure per inventarsi qualcosa in attacco. Contro una Svezia composta sì da tanti giocatori al loro primo Mondiale, ma le cui abilità tecniche sono indiscutibili. La sfida, di nuovo, è lanciata.