Dopo la delusione è tempo delle prime analisi in casa Lugano. Chiesa: ‘I playoff non mentono: i sangallesi hanno passato con merito il turno’
È l'ora del risveglio alla Cornèr Arena. Dopo una nottata più corta del solito, vista la tarda ora in cui si è terminata gara 5. Ed è un brutto risveglio per il Lugano, che in sole cinque partite si ritrova fuori dalla corsa per il titolo, eliminato dal Rapperswil. Dopo questa prematura uscita di scena è dunque l'ora di un primo bilancio a caldo. «Un'eliminazione ratificata nel peggior modo possibile – commenta un amareggiato Alessandro Chiesa –. Ma non è con la sconfitta alla quinta partita che abbiamo perso questa serie. Penso in particolare alle due partite a Rapperswil, gara 2 e 4, in cui abbiamo completamente sbagliato l'approccio. Questo, alla fine, è quello che ci è costato la serie. Poi, ovviamente, che il verdetto finale sia giunto addirittura nelle battute finali del secondo overtime è ancora più duro da digerire: modo più crudele per finire la stagione non poteva esserci. Fa male, fa indubbiamente male perdere così». Nella sua analisi, il difensore 34enne rende poi onore ai vincitori: «Il Rapperswil, ad ogni buon conto, non ha rubato niente: ha disputato una grande serie. I playoff non mentono: i sangallesi hanno passato con merito il turno, e questo brucia ancora di più. Soprattutto perché venivamo da una regular season giocata comunque su buoni livelli e chiusa addirittura al secondo posto in classifica, e quindi fermarsi già allo stadio dei quarti di finale fa male». Possibile che proprio la ricerca con ogni forza di quel secondo posto al termine della stagione regolare sia costata preziose energie nel post-season? «Chiaramente puntavamo a chiudere la prima fase del campionato il più in alto possibile, perché quando si va sul ghiaccio lo si fa sempre per cercare di ottenere il massimo, ma a livello di risultati l'avevamo terminata con una sconfitta: non penso che questa volata sia stata determinante nei playoff».
Forse, la serie di otto vittorie nelle ultime dieci partite della stagione regolare, più che lanciare il post-season, si è rivelata un'arma a doppio taglio, creando forse troppe aspettative, dentro e fuori dallo spogliatoio: «Non penso. Anzi, quel filotto di successi ci ha fatto bene, perché ci ha permesso di dimostrare di essere una squadra solida dietro e capace di colpire. Poi, contro il Rapperswil, secondo logica il gioco l'avremmo dovuto fare noi, ma questo ci è effettivamente mancato».
Nonostante sia dovuto passare dal gradino dei pre-playoff, il Rapperswil dal canto suo in questa serie ha dimostrato di non essere da meno del Lugano in fatto di energie... «Non penso sia stata una questione di energie a fare la differenza in questo quarto di finale. Abbiamo battagliato per tutta la serie, anche in gara 5. Bisogna essere onesti: loro hanno disputato una grande serie, ben coperti dietro, e noi non siamo riusciti a trovare il modo per riuscire a scardinare il loro gioco. Abbiamo lottato fino all'ultimo, ma non siamo riusciti a venirne a capo. Col senno di poi, avremmo dovuto mettere ancora più pressione sul loro portiere: in generale, in questa serie, non siamo riusciti a segnare abbastanza reti, e ci siamo caricati di diversi errori, anche evitabili. E non è bastato uno Schlegel autore di una serie incredibile. Poi ci si è messa di mezzo anche un po' di sfortuna. Pure in gara 5. Ma, nonostante ciò, siamo riusciti in qualche modo a rientrare in partita, sebbene ci sia mancato il colpo di reni per riaprire la serie. Vincere gara 5 poteva sicuramente cambiare parecchie cose, peccato...». A fare le fortune dei sangallesi, come detto, è stata in particolare la loro difesa ermetica: «Sì, credo che in sede di analisi più a freddo, questa nostra incapacità di bucare la loro retroguardia debba essere approfondita, per capire cosa ci sia mancato».
Si legge tutta la delusione sul volto di Serge Pelletier per un punto finale alla stagione che è arrivato troppo prematuramente. Soprattutto per l'epilogo maturato in appena cinque partite dopo una stagione regolare chiusa al secondo posto. Qualcosa, evidentemente, non ha funzionato, proprio sul più bello. Ti sei sentito tradito dalla squadra? «Tradito non direi: siamo una squadra, e come tale si vince e si perde, tutti assieme. Diciamo che in stagione regolare siamo andati anche oltre le previsioni, creando pure un po' di aspettative, che purtroppo non siamo stati in grado di confermare nei playoff». Cosa non ha funzionato in particolare? «Parecchie cose. In stagione regolare riuscivamo a trovare una soluzione per fare la differenza, a volte pure in extremis. Se penso all'ultima partita, a gara 5, abbiamo dimostrato un bel carattere negli ultimi minuti dei tempi regolamentari, recuperando due reti, ma poi non siamo riusciti a trovare la soluzione definitiva». Non è insomma bastato il gol a una manciata di secondi dal sessantesimo a cambiare le sorti del quinto atto di questa sfida, e fors'anche dell'intera serie... «Già, peccato... Ad ogni buon conto anche nell'overtime abbiamo avuto le nostre occasioni. Poi, purtroppo, chi sbaglia paga, e così è appunto stato».
La sensazione è che forse sia mancata un po' di emozione in questa serie con il Rapperswil: «Più che quella, forse ci è mancata un po' di benzina. L'ho notato non solo in gara 5, ma sull'arco dell'intera serie: ho visto una squadra avversaria forse un tantino più fresca rispetto a noi. Freschezza che ha portato un po' più di lucidità nel loro gioco, cosa che invece è mancata a noi». Benzina finita più sul piano fisico o a livello mentale? «Una cosa va assieme all'altra. Quando sei meno dinamico, anche l'aspetto mentale ne resta influenzato. E questo ci ha portato a commettere qualche errore individuale in più nei playoff rispetto a quanto era accaduto in stagione regolare». Possibile che la squadra abbia anche un po' sottovalutato l'ostacolo Rapperswil? «Sì, anche questo è possibile. Soprattutto dopo gara 1, finita 6-2 per noi, quando sulla bocca di qualcuno è addirittura comparsa la parola ‘finale’. Sicuramente questo atteggiamento ha avuto qualche ripercussione, in particolare in gara 2 e gara 3».
Forse gli eccessivi minutaggi di taluni giocatori (Heed su tutti) al tirar delle somme hanno finito per costare caro... «Per tempo di ghiaccio dei nostri giocatori chiave siamo lì con quello di altre squadre, non penso ci siano grosse differenze». Come si spiega allora questo calo di rendimento nel post-season? «Forse il fatto che quest'anno in ballo c'era anche la ricerca di un piazzamento tra le prime sei per garantirsi i playoff per via diretta ci ha costretti a lottare fino alla fine, ci ha un po' penalizzato sul piano delle energie nei quarti di finale. E lo stesso vale per lo sprint per assicurarci il vantaggio casalingo nei quarti di finale».
Che bilancio trarre dunque da questa stagione? «Epilogo a parte, è stata comunque una stagione tutto sommato positiva, culminata con il secondo posto al termine della regular season e con la qualifica alla Champions League, che per la società rappresentava pur sempre un obiettivo importante».
Dai protagonisti in pista e sulla panchina, ai dirigenti. Iniziando con Hnat Domenichelli, visibilmente deluso pure lui. «Non potrebbe essere altrimenti per questo epilogo: in sette giorni è andato tutto storto – sottolinea il direttore sportivo bianconero –. È vero che una certa reazione la si è vista in gara 5, ma, comunque, il bilancio globale dei playoff resta deludente. Cosa è andato storto? Così a caldo è difficile da dire: nei prossimi giorni, con la mente più fredda, analizzeremo nel dettaglio il quadro e tireremo le debite conclusioni». Cosa ti ha deluso di più di questa serie? «Sicuramente il fatto di ritrovarci già fuori dai giochi in appena cinque partite di playoff dopo dieci mesi di duro lavoro, tutti uniti, vissuti da grandi protagonisti di una stagione regolare che addirittura ci aveva visti chiudere al secondo posto con un numero di punti maggiore da diversi anni a questa parte». Sono stati più i meriti del Rapperswil o più i demeriti del Lugano? «Ovviamente se una squadra riesce ad addizionare quattro vittorie di seguito un merito ce l'ha. Tanto di cappello ai nostri avversari. Alla fine si sono dimostrati migliori di noi su tutta la linea». La sensazione è che, comunque, nel momento topico della stagione al Lugano sia venuto meno l'apporto di quei giocatori che avrebbero dovuto vestire i panni dei leader... «Questo è vero. Alla fine i nostri stranieri, che durante la stagione regolare avevano quasi fatto da trascinatori del resto della squadra, hanno sofferto un po' in fatto di punti. In particolare Heed e Boedker, a secco in questi playoff. Il rendimento di Arcobello, per contro, è stato simile a quello del resto della stagione, ma, appunto, non è bastato. E, comunque, una squadra non è fatta dei soli quattro stranieri, ma un complesso di 25 elementi. Ecco perché per avere un quadro un po' più chiaro di cosa ha funzionato e cosa no, occorrerà analizzare il tutto un po' più a freddo».
«Così di prim'acchito mi è parso che la squadra si sia ritrovata a corto di benzina nel momento sbagliato; il Rapperswil non ha rubato assolutamente niente e passa con merito questo turno – commenta una Vicky Mantegazza desiderosa di chiudere il più in fretta possibile questo capitolo e guardare avanti –. Umanamente parlando, questa è stata una stagione da dimenticare. Spero di poter iniziare il prossimo capitolo come nostra abitudine, con tanto entusiasmo, nella speranza di poter rivivere emozioni dal vivo. Anche in questo anno i tifosi ci sono stati vicini, a modo loro, e non ci hanno fatto mancare il loro sostegno, e sono convinta che continueranno a farlo anche in futuro. Immagino che questa stagione di esilio dalla pista sia stato pesante per tutti, e spero che non vedano l'ora di tornare a popolare gradinate e tribune». Il presidente del Lugano non manca poi una frecciata all'indirizzo delle autorità: «Spero in futuro in una maggiore considerazione dal Consiglio federale».